PER UNA MEDICINA SENZA SCHEMI
Ho insistito con l’editore per la pubblicazione del libro di Jillie Collings, Il cuore senza chirurgia (Spirali), perché s’inscrive in un discorso di filosofia della medicina.
Quando ho proposto questo libro pensavo proprio alla medicina che stiamo costruendo: abbiamo costruito gli ospedali, abbiamo fatto una struttura sanitaria con versanti positivi, con altri meno, però man mano abbiamo costruito una medicina che è completamente preclusa alle popolazioni che non hanno i mezzi economici del mondo occidentale. Inoltre, i costi stanno aumentando e stanno diventando insostenibili per i bilanci di tutti gli stati di tutto il mondo, tranne forse l’Arabia Saudita. A questo punto non dobbiamo meravigliarci che ci sia una contrapposizione tra un mondo che si dice islamico, o comunque con un mondo povero, e uno ricco, stiamo ripetendo esattamente le contrapposizioni tra poveri e ricchi che c’erano nel Medioevo, su scala planetaria. Pensando a queste tematiche, pensando all’avventura intellettuale di una vita dedicata alla medicina – perché questa è stata la mia vita – pensavo a una medicina dei semplici, a strumenti diagnostici o terapeutici che possano essere disponibili anche per chi non ha le attrezzature diagnostiche e ospedaliere che consentono determinati interventi. Nel libro di Collings troviamo sicuramente un esempio di medicina che può costare poco e che può essere applicata a larghi strati di popolazione. Quali sono le indicazioni? Le malattie cardiovascolari, che sono al primo posto nella classifica della mortalità e della morbilità, cioè nel causare malattie. Ha una sua validità come prevenzione dell’invecchiamento, che è ancor più al primissimo posto perché a tutti capita d’invecchiare.
La terapia chelante, di cui parla la Collings, è molto utile contro gli inquinanti, per esempio il platino, componente essenziale delle marmitte catalitiche. Sono convinto che l’inquinamento da platino diventerà un problema enorme nei prossimi anni, perché è una sostanza estremamente tossica, i cui derivati vengono utilizzati in oncologia come farmaci citotossici, cosiddetti chemioterapici. Quindi, la benedetta benzina verde ci ha tolto il piombo dall’ambiente però ci ha regalato il platino, il benzene - per esempio, nei tumori del rene si trova sessanta volte la concentrazione di benzene di un tessuto normale - e gli antidetonanti, sostanze tossiche come e quanto il piombo. Per questo ho insistito molto con l’editore perché pubblicasse questo volume, poiché pensavo all’utilizzazione di strumenti semplici in medicina, non soltanto in cardiologia, ma anche in molti altri settori.
Oggi, con l’organizzazione commerciale e sanitaria mista che abbiamo, ci sono sostanze che non vengono minimamente testate perché costano troppo poco. C’è una sostanza che ha probabilmente più caratteristiche vantaggiose dell’aspirina, il dimetilsulfossido, che non viene testato perché viene prodotto e venduto in bidoni da cinque litri e non c’è nessuna industria che ha interesse a infialarlo, distribuirlo, propagandarlo e a promuoverne sperimentazioni cliniche. Tant’è che viene per ora utilizzato a litri soltanto come conservante degli organi da trapiantare. Paradossalmente, se oggi trovassimo una molecola che costa poco ma che sconfigge l’AIDS, non troveremmo nessuna industria farmaceutica disposta a commercializzarla.
Per l’EDTA è pressappoco la stessa cosa: l’EDTA è utilizzabile, non è tossico, ha un’efficacia dimostrata, questo libro dice quanto è diffusa la sperimentazione già avvenuta, ma non entra in commercio, perché ha un costo infinitesimale. L’EDTA è indicato per le malattie cardiovascolari, ma, a chirurgia imperante, chiaramente vengono privilegiati gli aspetti tecnici e gli aspetti chirurgici. Ora, con la limitazione progressiva delle indicazioni chirurgiche, per esempio alla stenosicarotidea, potrebbe venire in mente di utilizzare farmaci di questo tipo nelle condizioni che non sono ancora chirurgiche o che non lo saranno mai a scopo preventivo, ma questo non viene effettuato. Alle terapie chelanti vengono opposti schemi terapeutici, schemi diagnostici, come se ogni malato non fosse un test a sé: ogni caso clinico è un test a sé e il medico deve adattarsi alla situazione che ha davanti. Gli schemi e la presunta scientificità della medicina sono una favola: di scientifico abbiamo le basi della medicina (l’anatomia, la biochimica, l’immunologia, la genetica) ma tutto ciò che diventa applicativo nei confronti del paziente è molto poco scientifico, perché deve essere variabile, perché il paziente risponde in maniera variabile e qui entrano in questione le scelte su quello che si deve fare per un paziente. Ecco che una terapia dolce e poco costosa a volte entra in contrapposizione con una terapia sofisticata, tecnologica e costosa; come se, per attraversare la strada, dovessimo sempre usare l’elicottero, perché usare i piedi ci farebbe sentire meno scientifici.
Oggi in medicina c’è un aumento dei costi legato all’Istat, legato alla svalutazione. Gli stipendi aumentano indipendentemente da tutto, abbiamo un aumento di costi aggiuntivi legati all’innovazione tecnologica, perché costano le apparecchiature e gli esami. Eppure abbiamo strumenti diagnostici – si veda l’esame delle urine per quanto riguarda i metalli pesanti – e strumenti terapeutici – il libro della Collings ne dà un esempio – con un costo contenuto e abbordabile e un’efficacia notevoli, che dobbiamo cercare di utilizzare, pena lo sforamento di tutti i nostri bilanci sanitari.
Dobbiamo parlare un po’ alla medicina dei semplici, a favore nostro e a favore delle popolazioni che non possono permettersi quanto possiamo permetterci noi.