L'AIUTO DELLA P. A. ALLE IMPRESE

Qualifiche dell'autore: 
consigliere della Regione Emilia Romagna, docente di Economia Politica (Università di Modena e Reggio Emilia)

Vorrei indagare il tema del brainworking dal punto di vista dell’osservatore esterno all’impresa e vedere come l’imprenditore e l’impresa contribuiscano alla diffusione delle novità, della creatività e dei progetti innovatori, che possono riguardare sia l’innovazione di prodotto sia l’innovazione di processo. Per questo occorre affrontare un aspetto abbastanza controverso, che è quello che si chiede dove nascano le invenzioni. Credevo che l’innovazione fosse soprattutto appannaggio delle grandi imprese, che la grande dimensione d’impresa fosse quella che consentiva la ricerca e l’innovazione continua. Ma, dopo aver letto un po’ di bibliografia molto recente, mi pare di poter dire che le grandi innovazioni spesso nascono non nelle grandi imprese, ma o casualmente o nelle piccole organizzazioni. Emblematico è il caso del personal computer, inventato in un garage di una città americana da parte di due ragazzi che stavano cercando di costituire una nuova impresa, anche se provenivano da una grande impresa, che però stava per filiare una piccola impresa. E questo succede in moltissimi casi, in provincia di Modena ci sono tantissime imprese che sono nate proprio da operai specializzati, da impiegati, da dirigenti di grandi e medie imprese che hanno dato vita a nuove imprese, piccole ma innovative.

Ma, se è vero che l’incubazione di nuove imprese e di nuovi imprenditori sono fattori strategici sia della competitività dei territori, sia dello sviluppo economico dei prossimi anni, è anche vero che le politiche pubbliche per l’innovazione e per l’incubazione delle nuove imprese devono seguire tre percorsi. Il primo è il sostegno alla ricerca e all’innovazione in generale, e in specifico nelle piccole e medie dimensioni; il secondo è il sostegno alla nuova imprenditorialità, per facilitare coloro che, giovani o meno, vogliono avviare una nuova impresa; il terzo potrebbe essere quello delle sinergie nel mondo del brain, l’imprenditoria e le libere professioni da una parte e la pubblica amministrazione dall’altra: per fare emergere ciò che di buono avviene a livello di idee, nuove e forti, all’interno dell’impresa e delle libere professioni – anche il settore delle libere professioni produce quelle che gli economisti chiamano esternalità positive –, credo che il compito della pubblica amministrazione sia metterle in rete fra loro ma anche con la parte restante della società e con la pubblica amministrazione stessa. Ci si sta chiedendo, ad esempio, perché i dottori commercialisti non potrebbero essere messi in rete con la pubblica amministrazione, oltre che fra loro, per incentivare il lavoro insieme e mettere in comune risorse, idee e modi di operare. Per esempio, la pubblica amministrazione ha spesso bisogno di controllare i conti, di essere controllata per la corrispondenza fra ciò che ha dichiarato all’inizio di voler fare e quello che poi alla fine di un certo periodo, anno o legislatura, ha effettivamente fatto. Questo intanto aiuta gli elettori a votare la volta successiva per quelli o per altri, ma aiuta anche gli amministratori a sapere se hanno raggiunto l’obiettivo e in che misura. E allora, per esempio, i geometri e gli ingegneri nell’edilizia, i dottori commercialisti nel controllo contabile e altri operatori di mille altri settori potrebbero senz’altro avvalersi della rete. Tra l’altro, l’integrazione fra sistema economico e sistema sociale fa parte di uno dei vantaggi dei distretti industriali. Una delle caratteristiche positive dei distretti industriali era il fatto che gl’imprenditori avevano ottimi rapporti con i propri lavoratori, con il comune e con la provincia e ricevevano dal comune, dalla provincia e dalla regione infrastrutture sufficienti; nella maggior parte dei casi la sinergia positiva fra pubblico e privato ha consentito ad alcuni territori, ad esempio al nostro, di avere performance superiori alla media.

La stessa cosa bisogna fare oggi aggiornando il discorso: tutto ciò che è “lavoro di cervello” che avviene all’interno dell’impresa e degli studi professionali va utilizzato, e sono mille i campi in cui le imprese e i liberi professionisti possono e debbono essere aiutati dalla pubblica amministrazione, che può trarne moltissimi vantaggi.

La Regione Emilia Romagna ha recentemente varato una legge assolutamente innovativa, che mette in rete la ricerca delle università, i centri di eccellenza di ricerca nazionale, il CNR per esempio, e le imprese, contribuendo a far nascere progetti da parte di queste tre organizzazioni e poi, utilizzando una società regionale che si chiama ASTER, favorisce l’attività d’innovazione nel trasferimento tecnologico e nel trasferimento di conoscenze fra università e imprese. Poi c’è il sostegno ai nuovi imprenditori, anche su questo esiste una legge regionale, che funziona piuttosto bene visto il numero di domande, in rapporto ai fondi che non sono mai sufficienti – il che da un lato vuol dire che queste leggi sono strumenti idonei, dall’altro vuol anche dire che le risorse non sono sufficienti e quindi che bisogna che a livello nazionale e regionale si faccia un qualche sforzo aggiuntivo per aumentare le risorse impiegate in questo campo.