RILANCIAMO LO SPIRITO COSTRUTTIVO DELLA MIGLIORE TRADIZIONE MANIFATTURIERA ITALIANA
Spesso
la realtà dell’impresa è intesa in modo negativo perché sembra contrapporsi al
sogno. Ma, quando lei ha fondato la S.E.F.A. Acciai, nel 1978, proprio la forza
e la realtà del suo sogno sono stati la base di un’impresa divenuta oggi leader
nella distribuzione di acciai speciali e da utensili. In che modo, quindi,
l’esperienza dell’impresa indica che il progetto e il programma concernono la
realtà intellettuale dell’impresa, il tempo dell’investimento e del profitto, anziché
il realismo della burocrazia?
Oggi,
in Italia, le piccole e medie imprese favoriscono la formazione intellettuale a
vari livelli, perché la qualità intellettuale di coloro che vi lavorano è
determinante per il loro proseguimento. Le basi culturali e l’apertura
intellettuale su cui poggia l’attività imprenditoriale sono constatabili nel
lungo periodo, per esempio nei rapporti con le banche e con i fornitori.
L’accoglienza dei clienti come se fossero ospiti che portano in dono nuove
proposte è un humus culturale che favorisce la discussione anche intorno
a temi che esulano dall’ambito professionale di competenza, perché ciò che ci
viene chiesto oggi non è più soltanto il prodotto, ma anche consigli sempre più
dettagliati. Questo spirito, che trasmetto ai miei collaboratori, invita
all’emulazione, ma anche a partecipare alla strategia dell’azienda, per
esempio, accogliendo quello specifico fornitore con la dovuta attenzione: se
entra in azienda, è perché lo abbiamo scelto fra altri, viaggia con noi,
condivide le nostre difficoltà, le nostre gioie, le nostre capacità e anche i
risultati della nostra impresa.
In
questo contesto, ciascun operaio è invitato a partecipare con proposte
pragmatiche perché il nostro non è un lavoro da mercenari, non è finalizzato
alla semplice retribuzione. In S.E.F.A., ciascuno ha l’esigenza di essere utile
per costruire qualcosa: quando un cliente ci chiede un servizio, i nostri
operai rispondono offrendo disponibilità immediata, perché capiscono che l’azienda
cliente ha assunto a sua volta un impegno che deve onorare. Si rivolgono a noi
clienti da diversi decenni, alcuni sono giunti alla terza generazione, perché
capiscono di avere un fornitore che è anche un consigliere di fiducia rigoroso e
preciso. Se oggi lavorano con noi dodici collaboratori in più rispetto al 2008,
l’annus horribilis della crisi, c’è un motivo.
Come
interviene lei con i suoi venditori?
La
bacheca interna all’azienda espone diversi articoli di giornali. Leggere e
discutere ci consente di migliorare le nostre performance e sollecita nuove
idee. È nata lungo queste letture, per esempio, l’idea di vendere anche on line
pezzi di acciai e leghe speciali con Steel Shop, il progetto integrato dai
servizi di S.E.F.A. Machining Center: oggi i clienti che acquistano sul web i
pezzi già pronti risparmiano tempo e denaro.
Inoltre,
la rivista “La città del secondo rinascimento” è uno strumento che viene
esposto alla lettura di tutti i dipendenti che, oltre a leggerla, se ne
avvalgono. Segnalo spesso ai miei collaboratori ciascun articolo che ritengo
possa aumentare la formazione culturale e offrire informazioni a tutti i
livelli, in particolare quelle tecniche, per essere sempre aggiornati sulle
novità del settore e sugli avanzamenti tecnologici delle aziende con cui
possiamo collaborare.
In
questo periodo, stiamo effettuando un corso di formazione per i nostri
dipendenti con un esperto di Uddeholm, di cui siamo concessionari esclusivisti.
Inoltre, ho cooptato alcuni amici che nei prossimi mesi andranno in pensione.
Sono preziosi interlocutori per i trattamenti degli acciai e ad alcuni ho già proposto
di continuare a collaborare tre giorni alla settimana, perché possono ancora
dare un contributo di idee nuove.
Le
imprese nascono così, dal ritmo in cui si trova chi come me non è mai stanco di
mettersi in discussione e di rimboccarsi le maniche per superare le difficoltà
quotidiane. Questo è lo spirito di S.E.F.A., impresa che è nata negli anni in
cui erano molto gettonati i concorsi alle poste o alle ferrovie e sembrava più
conveniente una retribuzione sicura. Qualche sera fa sono stato in compagnia di
amici e ho constatato di essere l’unico che non è ancora andato in pensione. Io
ho scelto la strada imprenditoriale, che esige in modo incessante di trovare
“medicine” per rilanciare il progetto, rischiando la riuscita.
Medicina
deriva dalla radice linguistica med, ossia “mezzo” ma anche “cura”. Qual
è la cura dell’impresa che alimenta il suo itinerario?
Lavorare
senza sosta e proseguire l’interlocuzione con i nostri alleati, perseguire in
modo ostinato il nostro progetto e monitorare ciascun giorno quanto stiamo
costruendo. Un altro aspetto molto importante è procedere con ritmo nelle cose
che facciamo, con lucidità e idee nuove. Ho sempre ascoltato i pareri dei nostri
fornitori, valutando accuratamente e poi documentandomi su ogni dettaglio. Con
questo rigore, i collaboratori non possono avere esitazioni, perché sanno che
la direzione è salda. Inoltre, imparo tante cose anche dai nostri clienti,
perché anche il più esigente offre l’opportunità d’incominciare esperienze lavorative
eccezionali.
La
realtà della nostra impresa, che partecipa alla crescita del secondo polo
manifatturiero europeo, procede da sfide continue perché abbiamo assunto il
compito di divenire capofila di un modello d’imprenditoria da emulare, che
genera speranza e fiducia, a cui fare riferimento per reperire le migliori
materie prime e per sviluppare altre imprese, nello spirito costruttivo della migliore
tradizione manifatturiera italiana.