LA QUESTIONE SIRIA. DALLE RIVOLUZIONI ARABE AL JIHAD MONDIALE
La
situazione in Siria non è quella di cui leggiamo sui giornali. In Europa, c’è
una forte propaganda contro Assad: anch’io sono contro Assad, ma la propaganda
in sé non giova alla soluzione dei problemi della Siria. Dopo ciò che è
accaduto in Libia, in seguito al rovesciamento di Gheddafi, è stato creato un
grande Consiglio Nazionale Siriano sul modello del Consiglio Nazionale della Libia.
Forse per ignoranza, perché molti analisti hanno dimenticato che cos’è la
Siria. O forse molti politici europei sono stati corrotti dall’Arabia Saudita o
dal Qatar. O forse le ONG sono state tanto ingenue da credere che in Siria o in
Libia la democrazia si potesse creare dall’oggi al domani.
Sono
numerosi i fattori per cui è estremamente difficile sbloccare la situazione in
Siria. Con le primavere arabe, molti governi europei avevano la convinzione di
poter rovesciare Assad. Io stessa ne ero convinta. Ma non era realistico pensare
di rovesciare Assad com’era stato fatto con Gheddafi, perché le circostanze
sono enormemente diverse.
Io
ho fatto parte dal 2011 della Coalizione Nazionale Siriana laica e democratica.
Quando nel 2012 vidi arrivare i jihadisti in Siria ne attribuii la responsabilità
al Consiglio Nazionale Siriano e soprattutto mi rammaricai che i media
occidentali non parlassero della presenza dei jihadisti nell’opposizione.
Avrei
voluto una guida diversa a capo del mio paese, però era molto alto il rischio
che questa guida fosse un islamista finanziato dall’Arabia Saudita o dal Qatar,
per rimpiazzare il regime, pur essendo contro il regime. Sarà che provengo da
una comunità cristiana in Siria, fatto sta che non voglio vedere massacrate dai
jihadisti le minoranze, tante comunità come la mia, che rappresentano il 35 per
cento dell’intera popolazione.
Dal
2012, la mia battaglia è stata contro il regime di Assad, ma è stata anche
contro gli islamisti e i paesi occidentali come la Francia o il Regno Unito,
che appoggiavano le brigate islamiche. Per questo sono stata esclusa dal
Consiglio Nazionale Siriano e ho fondato il mio movimento per una società
pluralista. Ho incominciato a coinvolgere le principali minoranze della Siria –
i curdi, i cristiani, gli alawiti e i drusi – per creare un fronte
antiislamista differente. Poi, nel 2014, allacciai alcuni contatti con gli Stati
Uniti, in particolare, incontrai Robert Ford, che venne da noi a parlare della
situazione in Siria. C’incontrammo a Ginevra per discutere del processo politico
da incoraggiare in Siria, ma l’ambasciatore degli Stati Uniti, lo stesso Robert
Ford, quello della Francia, Eric Chevalier, e quello della Gran Bretagna, che
collaboravano con il Qatar, erano interessati alla nostra coalizione soltanto per
crearne una propria. Così, costituirono la Coalizione Nazionale Siriana, in
rappresentanza di tutti gli oppositori di Assad. Discussi invano con Robert
Ford, per fargli capire che non era possibile avviare un processo politico in
Siria o prendere accordi con la Russia, se alla coalizione erano ammesse tutte
le forze di opposizione siriane. Almeno, però, Robert Ford si rivelò il più
intelligente dei tre, perché gli altri due non solo interruppero i contatti con
me, ma cercarono di farmi tacere, anche esercitando la loro pressione sui
media, soprattutto francesi, perché non s’interessassero più alle mie
dichiarazioni.
Purtroppo,
proprio a causa della propaganda europea, che vede le cose in bianco e nero,
senza sfumature (una propaganda diversa da quella di Assad), non si sblocca la
situazione in Siria. È anche per questo che la Russia può fare la differenza in
Siria.
Nel
2013, ho avviato i miei rapporti con il governo russo e credo che adesso, insieme,
possiamo davvero fare qualcosa in Siria, perché è impensabile rovesciare Assad
e rimpiazzarlo con la Coalizione Nazionale Siriana o con la coalizione
sostenuta dall’Arabia Saudita. Nessuno potrebbe dare supporto a queste
coalizioni, perché in Siria tutta la popolazione è sotto il controllo del
regime. Quando parliamo del processo politico in Siria, dobbiamo pensare che si
tratta di creare un nuovo governo in territori sotto il controllo di Assad, non
un governo del Nord o un governo del Sud del paese. Se Assad ha il sostegno
degli abitanti di questi territori non è perché lo amano, ma perché è l’unico
che può garantire gli interessi di tutte le minoranze, oltre a quelli dei
ricchi e della borghesia sunnita e, naturalmente, a quelli della Russia.
La
Siria non è ricca, ma ha una posizione strategica che tutti le invidiano. Per
esempio, è importante per l’Arabia Saudita, che vuole contrastare la politica
di sostegno dell’Iran a Hezbollah, che utilizza la Siria come strada preferenziale
per la fornitura di armi. Per il Qatar, la Siria è importante perché dal sud
passa un gasdotto che arriva fino alla Turchia, e questo tocca anche gli
interessi della Russia. Quanto alla Turchia, il neo sultano, il neo ottomano
Erdogan vuole esercitare la sua influenza su un paese a maggioranza sunnita come
la Siria. Ecco perché l’interesse del popolo siriano non corrisponde a quello
dell’Arabia Saudita, del Qatar e della Turchia. E per questi motivi il popolo
siriano è diviso, anche se noi siriani non crediamo a queste divisioni.
Se
volessimo mettere fine a questa guerra, non ci riusciremmo perché le brigate
islamiche non si fermano. L’unica cosa che possiamo fare è incoraggiare un processo
politico nell’area che è sotto il controllo del regime di Assad, ma non
dobbiamo avere fretta, dobbiamo fare un passo alla volta: dobbiamo garantire
gli interessi dei ricchi sunniti in questa zona, così come gli interessi di tutte
le minoranze, e per questo dobbiamo collaborare con la Russia, che è l’unico
paese presente sul territorio. Se mettiamo in atto questo processo politico,
poi possiamo collaborare e costruire un progetto politico con i curdi in Siria
e discutere con altri comitati locali di altre zone.
Adesso,
dopo l’accordo militare di Astana e dopo un memorandum firmato ad Astana dal
governo russo e da quello turco, abbiamo l’opportunità di creare quattro aree
d’intervento per assicurare una no-fly zone, ma anche supporto ai programmi
educativi e aiuti umanitari. Ho proposto al governo russo di creare un altro gruppo
chiamato Astana Process Supporter’s Group, con lo scopo di lavorare con i
comitati locali di queste zone e far sì che questi comitati riescano a
soppiantare le brigate islamiche in queste aree. Non è semplice, ma dobbiamo
incominciare. Infine, abbiamo costituito un altro gruppo che sta lavorando alla
costituzione, perché, se vogliamo un nuovo governo, dobbiamo redigere una nuova
costituzione in Siria.