LA RISTORAZIONE, IL MIO SOGNO
Quanti anni ha
Andrea?
Trentaquattro.
Nonostante la
giovane età, lei ha avviato da sette anni alcune strutture nel settore della
ristorazione nel centro storico di Bologna. Che età aveva quando ha
incominciato?
Ventotto. Era proprio
il momento in cui iniziava la crisi, nel 2010.
Che cosa dicevano
in famiglia?
Che ero matto e che
non mi costringeva nessuno a buttarmi in una situazione del genere perché avevo
un lavoro sicuro e anche ben pagato. Facevo il cuoco in un noto ristorante di
Bologna, Da Cesari, e in quel periodo il lavoro del cuoco era ancora tra i più
richiesti. Non sembrava saggio, quindi, abbandonare un’entrata sicura con
l’incognita di aprire un’attività nuova...
Lei è figlio unico,
Andrea?
Sì e anche per questo
i miei non sono stati favorevoli subito alla mia decisione. Poi, però, quando
hanno constatato il mio entusiasmo, mi hanno sostenuto. Avevo molte idee perché
avrei costruito qualcosa di importante. Sara Colli, invece, è una mia amica. Avevo
già lavorato con lei e quindi mi ha seguito in quest’avventura. Anche i
titolari del ristorante in cui avevo lavorato mi hanno aiutato, dandomi i consigli
necessari per aprire l’attività, e mi hanno indicato alcuni fra i loro fornitori,
in particolare quelli dei vini. È nata così l’Osteria “BoccaBuona”.
Ho sempre sognato di
fare questo lavoro, che ho svolto per circa dieci anni da dipendente. Tutti mi
dicevano “è troppo presto”, “devi avere più esperienza”, ma l’esperienza vera
si fa sul campo, imbattendosi nelle occorrenze quotidiane, nella gestione e
nell’amministrazione di un’attività commerciale.
Io sono cresciuto con
l’esempio di mio padre, il quale lavorava tutti i giorni fino a ora tarda. Lui
faceva sia l’elettricista sia il venditore di elettrodomestici e mia mamma lo
aiutava in negozio. Quando qualcosa non funzionava a Dozza, dove sono nato, lo chiamavano
anche la domenica o la notte, perché senza luce non si può stare o perché, per
esempio, doveva correre dal fornaio che non riusciva ad accendere il forno e
sarebbe mancato il pane in paese il giorno dopo.
Com’è nata l’idea
del vostro marchio “BoccaBuona”?
Mi piaceva molto
l’idea di riproporre le osterie autentiche degli anni sessanta, in cui
servivano cibo semplice, cucina locale e pochi piatti nel menù, mantenendo un
buon rapporto prezzo- qualità. La mia bisnonna aveva un’osteria a Pesaro, alla
fine dell’Ottocento, e la nonna mi raccontava di quando sua mamma usciva dalla
cucina con pentoloni enormi ricolmi di zuppa di fagioli. Della serie: oggi
questo c’è e questo si mangia. Riga!
Nella nostra osteria
si possono gustare cibi di qualità, bere il vino della casa o di etichette
importanti e si va via sereni, spendendo una cifra giusta. È stata una scelta
precisa quella di offrire le due opzioni, fra piatti semplici e quelli più
elaborati. Facciamo noi le tagliatelle, mentre un pastificio che lavora ancora
la pasta al torchio ci consegna la gramigna e altre tipologie di pasta.
Con quanti altri
giovani ha aperto l’Osteria?
All’inizio, eravamo
io, Sara e un altro apprendista e oggi siamo in quattordici. Pian piano il
lavoro si è intensificato, ma la svolta è stata nel 2011 con Arte Fiera. A
Bologna si celebrava anche la notte bianca dei cinema, che rimanevano aperti
fino alle quattro della mattina. Le strade erano piene di gente e noi abbiamo
accolto tutti i clienti che potevamo. Molti di loro sono tornati a trovarci.
Con la mostra d’arte della “Ragazza con l’orecchino di perla”, poi, abbiamo
avuto la conferma che l’osteria era diventata un riferimento.
Ma anche questa
volta non si è accontentato...
Nel giugno 2015 ho
aperto un altro locale nella ristorazione, il “Baracca e Burattini. Cibo e
convivio”, che accoglie in ogni momento della giornata, dalla colazione con
biscotti, torte fatte in casa e muffin, al pranzo veloce o alla cena nello
stile “BoccaBuona” nella saletta interna; non mancano, poi, l’aperitivo in
stile American Bar e spremute, centrifughe e frullati. Ciascuno della nostra
brigata è esperto in qualche ricetta – i miei dolci di punta sono la sbrisolona
e il cheese-cake – e si impegna a dare risalto ai prodotti freschi che
utilizziamo e all’aspetto artigianale del cibo.
Qual è stato il suo
primo impatto con le istituzioni?
Ho dovuto modificare
la storica insegna all’esterno del locale per ben due volte e, dopo quattro
mesi dall’apertura, ho anche rischiato la multa perché eccedeva di 20
centimetri la normativa, per cui l’ho rimossa. Come si può lavorare senza
l’insegna commerciale?
Per segnalare l’Osteria,
quindi, abbiamo utilizzato una panchina all’esterno del locale, ma anche in questo
caso avrei dovuto pagare una tassa per occupazione di suolo pubblico. Finché,
dopo avere contattato più volte e senza successo l’ufficio del Comune dedicato
alla gestione delle panchine, ho deciso di rimuoverla.
Consiglierebbe
d’investire in un’attività imprenditoriale?
Sì, ma soltanto a chi
ha tanto entusiasmo, che è l’unica cosa che ti sostiene in questo paese, perché
le istituzioni non sono a tuo favore. Il problema non è guadagnare, ma è la
burocrazia che contrasta chi intraprende un’attività economica. Tuttavia,
nonostante l’amarezza che ti lascia questa gestione del nostro paese, io non
voglio andare via dall’Italia. Io sono italiano e sono molto orgoglioso di essere
italiano, e non trovo giusto abbandonare questo paese soltanto perché chi lo
amministra non ci permette di vivere sereni.
Io voglio continuare a
portare avanti il mio sogno e sono fiero di quello che ho costruito finora.
Ogni mattina mi sveglio con mille problemi, con mille pagamenti da effettuare,
però continuo, perché la passione per questo lavoro non mi abbandona e
arrendersi sarebbe un insulto a tutto quello che ho costruito fino a adesso.