LA VIA DELL'UTILE È LA VIA MAESTRA DELLA QUALITÀ
Il 23 marzo scorso,
nell’ambito del convegno A deeper vision, TEC Eurolab ha inaugurato il
più grande impianto di tomografia industriale installato in Italia, l’NSI
X7000. Gli esponenti delle principali case automobilistiche, di grandi gruppi
aeronautici e industriali, oltre che del mondo accademico, intervenuti in
qualità di relatori, hanno illustrato i vantaggi per la ricerca e per
l’industria di questo nuovo impianto, che attesta il primato di TEC Eurolab
come centro d’eccellenza per i controlli non distruttivi e le permette di
garantire ai clienti un supporto completo lungo l’intera catena della
fornitura, integrando le altre tecniche di analisi e servizi (failure analysis,
metallurgia e analisi chimiche, prove meccaniche, reverse engineering e simulazione
strutturale FEM), per salvaguardare sicurezza e prestazioni di prodotti e
materiali…
Infatti, nella stessa
settimana abbiamo effettuato la tomografia computerizzata della camera di combustione
di un razzo spaziale Arianna e del violino più importante al mondo, il Messia
di Stradivari. Con questa attrezzatura di ultima generazione, grazie a una
scansione 3D a raggi X, è possibile verificare dimensioni micrometriche e
individuare difetti invisibili con gli altri metodi di controllo. Così, in
poche ore, il cliente può validare un prodotto o procedere alla sua
riprogettazione.
A proposito del
titolo di questo numero della rivista, La via dell’utile, non è un caso
se il vostro fatturato e i vostri utili – a parte la parentesi degli anni
centrali della crisi – sono sempre in crescita. In che modo un’impresa come la
vostra trova la via dell’utile? Quanto contano gli investimenti per offrire ai clienti
la tecnologia più innovativa disponibile sul mercato?
Basti pensare che dal
2013 a oggi abbiamo investito in strumentazioni e formazione ben 5 milioni di
euro, che non sono pochi per un’azienda che fattura 7,5 milioni di euro
all’anno. Ma un’impresa raggiunge l’utile soltanto se contribuisce all’utile
dei propri clienti. Quello che rimane in azienda è una parte, piccola o grande,
del valore aggiunto che si produce con l’attività imprenditoriale.
Per quanto concerne,
invece, il modo per arrivare all’utile, oggi un imprenditore ha a disposizione
tanti strumenti per ragionare e costruire un proprio modello di business: può
allineare il valore che propone rispetto alla concorrenza, valutare la propria
unicità nel modo di realizzare il prodotto e proporlo al mercato esplorando i
canali più efficaci di distribuzione del valore verso il cliente. E, tuttavia,
l’utile non si produce attenendosi a una serie di procedure rigide e di regole
ferree da rispettare, all’utile si giunge grazie ai dispositivi che
s’instaurano all’interno dell’impresa e che ciascun imprenditore cerca di
capire come mettere in atto. Ma i dispositivi devono essere parte integrante
della cultura che deve permeare l’intera organizzazione.
Man mano che l’azienda
aumenta la propria cultura aumentano anche i dispositivi con i clienti, con i
quali questa cultura viene condivisa e porta valore aggiunto. Oggi le aziende
sono per lo più “smaterializzate”: viaggiano sempre meno prodotti e sempre più
file, che poi vengono trasmessi a una stampante 3D, la quale realizza il
prodotto. La tecnologia ha ridotto notevolmente le barriere spazio-temporali
all’interno del nostro pianeta, ma non è in grado di ridurre le difficoltà linguistiche,
per cui nessuno può pretendere di comunicare con un cliente dall’altra parte
del pianeta se non ne condivide la cultura tecnica, e non solo.
Nonostante
l’impresa dia un contributo indiscutibile alla civiltà, ancora oggi, vige il
pregiudizio nei confronti dell’utile…
L’utile è un obiettivo
primario dell’impresa. L’impresa può esistere – l’impresa sana, non
sovvenzionata – soltanto se produce utile finanziario. Ma poi occorre
considerare un’altra serie di utili che l’azienda produce. Quando leggiamo in
un bilancio aziendale: “utile ante imposte”, si tratta di soldi dati agli enti pubblici
per le attività sociali. Per di più, prima dell’utile ante imposte, sono già
stati pagati i contributi per i lavoratori, l’IMU, l’Iva, e così via, che sono
da ascrivere sempre alla socialità. Infine, dobbiamo tenere conto dell’utile a
favore delle persone. L’azienda, oggi più di ieri, è un centro di aggregazione
sociale di grande importanza. Quando gli enti che governano il territorio lo capiranno
e quindi la comunità non sarà indifferente al modo in cui viene gestita
un’impresa, quali messaggi vengono comunicati all’interno dell’impresa e verso
l’esterno, forse troveranno il modo di migliorare la coesione sociale,
coinvolgendo le aziende, non solo nella sponsorizzazione della squadra
parrocchiale, della polisportiva o del museo, ma anche in operazioni culturali,
che possono permeare meglio il territorio. Non solo la contrapposizione all’impresa,
ma anche l’indifferenza per il valore, per l’utile che essa produce, è già di
per sé uno spreco.
La via dell’utile, non
solo per l’impresa, ma per ciascuno, è la via maestra, è l’unica strada che
possiamo perseguire, è la via della qualità.