LA FORZA DI CONFINDUSTRIA CERAMICA PER LA RIUSCITA DELLE IMPRESE ASSOCIATE
Considerando
i risultati straordinari e sempre in crescita che ottenete ciascun anno con il
Cersaie (Salone internazionale della ceramica per l’architettura e
dell’arredobagno), oltre alle battaglie in cui siete impegnati per aumentare le
opportunità di riuscita delle imprese in Europa e nel resto del mondo, dobbiamo
constatare che Confindustria Ceramica è una delle associazioni imprenditoriali più
“forti” nel panorama italiano, espressione di un distretto nato nel secondo dopoguerra
dall’intraprendenza di imprenditori lungimiranti e divenuto oggi polo di
riferimento mondiale per il settore.
Alla
conferenza stampa di fine anno (19 dicembre 2016), lei ha segnalato la criticità
delle misure antidumping (cioè contro la vendita all’estero di merci a prezzi
inferiori rispetto a quelli praticati sul mercato interno) dell’Unione
europea nei confronti della Cina, che rischia di riversare la propria
sovraccapacità produttiva sui paesi dell’Unione. A che punto si trova questa
battaglia?
Il quadro
non è cambiato: alla buona notizia dello scorso 11 dicembre, ovvero che la
Commissione Europea non concede lo stato di “economia di mercato” (MES) alla
Cina, è seguita la proposta della stessa Commissione Europea di un nuovo regolamento
per la definizione di dazi antidumping meno stringenti. Per questo, abbiamo
presentato un’istanza contro qualsiasi riduzione degli attuali dazi, che
metterebbe a repentaglio circa 100.000 posti di lavoro in tutti gli stati
membri. Se, poi, calcoliamo che un posto di lavoro nell’industria ceramica
genera 2-3 posti di lavoro indiretti, si arriva a 300.000-400.000 posti di
lavoro interessati. In seguito alla nostra richiesta, la Commissione Europea ha
avviato una procedura d’indagine per consentire il mantenimento dei dazi attuali.
Per fare intendere quale sia l’effetto dei dazi, ricordo che, quando nel 2011
sono state introdotte le misure antidumping comprese tra il 30,6 per cento ed
il 70 per cento nel nostro settore, le importazioni dalla Cina sono diminuite
di oltre il 65 per cento. Auspichiamo che l’indagine si concluda entro pochi
mesi, in modo da riuscire a prorogare i dazi nella misura attuale e a
mantenerli per un periodo di tempo più lungo possibile, almeno per i prossimi
cinque anni. Tuttavia, potrebbe essere l’ultima volta, dato che a Bruxelles
stanno cercando di modificare l’intero sistema di difesa commerciale
all’interno dell’Unione. La tendenza è quella di eliminare la differenza tra
stati con economia di mercato e stati con economia pianificata: in questo modo saranno
indeboliti gli strumenti di difesa commerciale e non vigerà più il meccanismo
automatico, ma l’onere della prova per dimostrare le distorsioni dei costi e
dei prezzi cinesi ricadrà sul settore che richiede misure difensive. In questo
modo, un eventuale risultato si potrà ottenere soltanto con un aumento della burocrazia
e dei costi, che diverranno insostenibili per le nostre piccole e medie imprese.
Purtroppo,
se la tendenza di Bruxelles sarà quella di una maggiore attenzione verso il
commercio, anziché verso la manifattura, saranno milioni i posti di lavoro
messi a rischio in tutti i settori. Se pensiamo ai danni che potrebbero subire
stati come l’Italia e la Spagna, a carattere prevalentemente manifatturiero, ma
anche stati del centro e nord Europa, questo non ci sembra un atteggiamento lungimirante,
a meno che non crediamo che la finanza della City possa garantire lavoro a
centinaia di milioni di cittadini europei.
Il
ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, nel suo intervento al convegno
inaugurale del Cersaie (26 settembre 2016), sottolineava l’impegno del nostro
governo presso la Commissione Europea affinché vengano riconosciuti più elevati
livelli di riduzione sugli oneri di sistema per settori energivori con un’alta
intensità di scambi commerciali, come l’industria ceramica…
Al Cersaie
il ministro Calenda ha illustrato una norma finalizzata a riequilibrare i costi
energetici troppo elevati che fanno perdere competitività alle imprese
italiane, rispetto ai nostri competitors in Europa e fuori dall’Europa,
soprattutto se pensiamo che la tassazione sui costi energetici, nel caso del
mercato elettrico, incide per il 50 per cento. Una prima prova dell’annunciato
impegno l’abbiamo avuta in novembre, quando sono state sbloccate, dopo una
lunga impasse con l’Europa, agevolazioni per 1,2 miliardi destinate a circa tremila
imprese ad alto consumo energetico. Auspichiamo che questo sia un primo passo.
Per quanto riguarda la cogenerazione, il ministro ci ha rassicurati: è stata
declinata la proposta che aveva messo a rischio questo meccanismo che
rappresenta una perla del nostro settore, permettendoci di recuperare energia
che altrimenti andrebbe dispersa. Quindi possiamo proseguire a produrre energia
in maniera più economica e più ecologica.
A
proposito di ecologia, qual è la situazione del settore ceramico rispetto al sistema
europeo di scambio delle emissioni o EU ETS (European Emissions Trading Scheme),
che fissa i limiti per le emissioni di anidride carbonica a più di 11.000
impianti in tutta Europa, ma permette che i diritti a emettere anidride carbonica
siano commercializzati?
Il sistema
delle Emissions Trading ha finora determinato un forte appesantimento negli
adempimenti burocratici, anche per un settore come il nostro, i cui continui i
n v e s t ime n t i hanno ridotto le emissioni di CO2 in modo consistente.
Auspichiamo che la revisione in atto aumenti le tutele per quei settori che
tanto hanno già fatto in tal senso e che si evitino ulteriori appesantimenti alla
competitività. È inaccettabile che, da una parte, siamo stati presi addirittura
come riferimento per redigere gli standard utili agli altri paesi per le
politiche di riduzione e di contenimento dell’inquinamento e, dall’altra, ci
troviamo alla vigilia di una decisione da parte dell’Europa, che invece ci vede
penalizzati rispetto al resto dei produttori, soprattutto quelli al di fuori dell’Unione
Europea. Perché l’Europa insiste a voler legiferare sulle aziende europee,
anziché preoccuparsi della qualità dei prodotti provenienti da paesi fuori
dell’Unione? In questo modo, rende sempre meno competitive le aziende europee e
rischia di favorire aziende straniere i cui prodotti – avendo sistemi
produttivi meno efficienti – inquinano molto di più a livello planetario,
considerando che non c’è una cortina di ferro che separi l’aria dell’Europa da quella
del resto del mondo.
Quindi,
riteniamo che il sistema delle Emissions Trading non produca tecnicamente
nessun miglioramento a livello ambientale, in quanto agisce soltanto su una
piccola percentuale di imprese che fanno parte di questo sistema. Per di più,
le industrie ceramiche rappresentano a livello europeo l’1 per cento delle
emissioni di anidride carbonica, che è dovuto principalmente alle automobili e
agli impianti di riscaldamento. Come se non bastasse, questo sistema, che non
produce alcun vantaggio ambientale, ha però effetti deleteri per la burocrazia
che comporta, rendendo meno competitive le imprese europee e avvantaggiando quelle
asiatiche, che non hanno questi adempimenti. Andando avanti con questo approccio
sempre più mercantilistico, l’Europa finirà per essere invasa da una
moltitudine di prodotti, che provocano dumping commerciale, sociale e ambientale,
perché sono costruiti con criteri che non si attengono agli standard europei e
italiani, soprattutto se pensiamo ai prodotti ceramici, che sono i migliori al
mondo.
Confindustria
Ceramica ha fatto del made in Italy il suo cavallo di battaglia, a buon
diritto, considerando i criteri con cui producono le industrie associate anche in
altri paesi del mondo: parliamo di arte e design d’eccellenza, ricerca e
innovazione di altissimo livello, ma anche attenzione all’ambiente e alla
qualità della vita nei luoghi di lavoro. Non a caso, il Cersaie attira
visitatori e giornalisti da tutto il mondo, basti pensare ai numeri della
scorsa edizione: 852 espositori (335 esteri), 106.599 visitatori (50.976
esteri) e 797 giornalisti (di cui 325 esteri)...
Accanto alle
battaglie per aumentare la competitività delle nostre imprese, la nostra
Associazione ha in agenda la costante promozione dell’industria ceramica
italiana. Ci avvaliamo dell’ufficio stampa, per raggiungere il pubblico di
riviste, quotidiani e internet, a cui far conoscere le virtù del prodotto
italiano; e ci avvaliamo di fiere, campagne promozionali e pubblicitarie,
iniziative commerciali, culturali e di immagine, che tendono a rafforzare
l’azione delle singole imprese sui mercati internazionali. In tutte le
operazioni promozionali, utilizziamo il marchio Ceramics of Italy, nato dalla
volontà di diffondere e promuovere in Italia e all’estero una nuova valenza
della piastrella di ceramica: non più prodotto per l’industria delle
costruzioni, ma punto di riferimento per stile e creatività per lo sviluppo di
una nuova cultura dell’abitare made in Italy. Il Cersaie, una fiera che abbiamo
curato in toto da sempre, negli ultimi anni sta crescendo sia per il numero di
visitatori e di espositori sia nei contenuti, con un programma culturale di
alto livello per architetti e professionisti. Sul territorio americano, siamo
soci al 50 per cento nell’organizzazione del Coverings, la più importante fiera
del settore, e in molti paesi partecipiamo coordinando la presenza delle
aziende italiane nei padiglioni dedicati al nostro paese o in uno stand
dell’Associazione, quando le aziende non partecipano con stand propri. Una
novità degli ultimi anni sono gli incontri presso grandi studi di architettura
in Europa e negli States: andiamo a casa loro o organizziamo convegni e
presentazioni nelle loro città.
Voi avete
patrocinato la nascita di Assoposa e della prima scuola di posa in Italia…
Assoposa è
nata con lo scopo principale di dare il giusto riconoscimento alla professione
di posatore piastrellista, anche grazie a un’adeguata qualificazione
professionale. Con Assoposa siamo andati a colmare una lacuna a livello
nazionale, considerando che le associazioni di posa erano presenti in molti
altri stati europei fra cui Svizzera, Austria e Germania. Scopo principale di
Assoposa è di fornire formazione, quindi di diffondere la cultura della posa di
piastrelle di ceramica, e di certificare i professionisti. Una posa a regola d’arte,
che rende sempre più soddisfatto il consumatore, contribuisce poi anche a un
maggiore successo del prodotto.