SENSORI M.D. MICRO DETECTORS: DALLE PRIME AUTOMAZIONI PER IL DISTRETTO CERAMICO ALLA NUOVA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Il
presidente dell’ACIMAC, Paolo Sassi, nell’intervista pubblicata in questo numero,
definisce il distretto industriale della ceramica di Sassuolo “una comunità scientifica
e tecnologica, oltre che un polo produttivo di riferimento mondiale”. Qual è
stato e qual è tuttora l’apporto di M.D. Micro Detectors allo sviluppo di questo
distretto?
Dal 1971 la
nostra Azienda produce sensori impiegati prevalentemente nell’automazione
industriale. Il nostro sviluppo è iniziato proprio nell’ambito del distretto
ceramico. Correva l’anno 1977 quando M.D. Micro Detectors (ai tempi ancora si chiamava
Diell) realizzò il primo sensore fotoelettrico per macchine destinate alla
produzione di piastrelle, che allora utilizzavano sensori meccanici. Il sensore
LS1, con un corpo rivoluzionario di formato cilindrico M18, introdusse per la
prima volta sul mercato quello che in seguito è divenuto uno standard
internazionale. Da lì è decollato un progetto industriale che è cresciuto
sempre più, trovando linfa vitale anche nelle esigenze di continuo
miglioramento tecnologico dei costruttori di questo settore, da cui deriva,
tuttora, una parte cospicua del nostro fatturato.
Qualche
decennio fa, costruire piastrelle e sanitari era considerata un’attività
abbastanza semplice. Oggi la tecnologia si è evoluta con una rapidità
impressionante, così come la competizione globale, per cui il ruolo dei
produttori di componentistica per le macchine automatiche è sempre più
rilevante, per garantire le migliori performance tecnologiche e assicurare la
piena efficienza, durevolezza e costanza di prestazioni. Molti dei prodotti di
M.D. non solo sono adatti a raggiungere tali obiettivi, ma sono stati
sviluppati per soddisfare specifiche esigenze applicative di questi tipi di
macchine e di produzioni. M.D. Micro Detectors, che è parte di Finmasi Group,
ha infatti un portafoglio molto ampio di sensori per il settore ceramico.
Tecnologia, qualità, servizio, velocità, flessibilità, capacità di realizzare
in tempi rapidi prodotti customizzati caratterizzano la nostra azienda, che
sviluppa e produce sensori fotoelettrici, induttivi, ultrasonici, di area, di
sicurezza ed applicativi. Il 68 per cento del nostro fatturato è realizzato
all’estero: M.D. Micro Detectors, come il distretto ceramico sassolese, ha una
fortissima vocazione all’internazionalizzazione.
Negli
ultimi anni avete effettuato una grande svolta?
A metà del
2011, con l’obiettivo di crescere mantenendo a Modena le attività di produzione
e di sviluppo dei sensori, abbiamo iniziato un processo di radicale modifica
della nostra struttura e della nostra organizzazione, basandoci su due pilastri
fondamentali: l’applicazione dei principi del Lean Manufacturing e l’Integrazione
Verticale dei processi aziendali. L’introduzione del Lean Manufacturing è
stata una svolta epocale. Questa metodologia, che nasce in Toyota, in realtà
contiene tanti dei valori che hanno fatto la fortuna del modello emiliano: fare
le cose in modo efficace ed efficiente, evitare gli sprechi, semplificare i
processi concentrandosi sulle attività a più alto valore aggiunto e,
estremizzando i concetti, seguire negli spostamenti una strada dritta anziché
contorta, sono parte del codice genetico della cultura del lavoro dei nostri
padri e dei nostri nonni. Applicando questi principi, abbiamo rivoluzionato il layout
della nostra fabbrica e l’organizzazione aziendale. Inoltre, attraverso l’integrazione
verticale, abbiamo internalizzato tutte le attività, dallo sviluppo di nuovi
prodotti fino alla spedizione al cliente finale. Questo processo a doppio
binario ha portato un notevole incremento della produttività, dell’efficienza,
della velocità, della flessibilità e della capacità produttiva, oltre al
controllo globale dei processi, della tecnologia e della qualità.
A questo
grande cambiamento – unitamente alla forte volontà della proprietà, al grande
impegno della direzione aziendale e al coinvolgimento delle persone che
lavorano con noi – ha contribuito il tessuto in cui siamo inseriti, quello
modenese, in cui tante persone hanno una forte cultura del lavoro, un grande
senso del dovere e un interesse assoluto per la riuscita dell’azienda in cui
lavorano, che quasi considerano come propria.
Il processo
ha iniziato a produrre i suoi frutti nell’arco di due anni e, attraverso l’aumento
della produttività, dell’efficienza e la riduzione degli sprechi, siamo andati
a mitigare quei fardelli che in Italia appesantiscono le aziende, in primis l’alto
costo della manodopera e della fiscalità. Inoltre, considerando che la
flessibilità, la velocità, la produttività, la qualità e la competitività del
prodotto sono annoverati tra i benefici attesi di Industria 4.0, la quarta
rivoluzione industriale, noi possiamo dire che abbiamo anticipato già nel 2012
ciò che oggi è auspicato a livello governativo. Insomma, alla luce dei
risultati fin qui ottenuti, riteniamo di essere sulla giusta strada. Che cosa
significa ciò? I risultati fanno bene all’autostima e alle convinzioni
strategiche, ma è fondamentale mantenere un profilo basso e continuare a
progettare, spingere e inventare, senza sosta alcuna.
La
sensoristica è anche nel cuore tecnologico di Industria 4.0…
Infatti, se
parliamo di fabbriche intelligenti e di rivoluzione digitale, la sensoristica è
un anello fondamentale della catena, perché il sensore è lo strumento che
rileva, controlla, verifica e genera quel patrimonio di informazioni che poi
vengono messe in rete e rielaborate. A questo proposito, stiamo introducendo
nei nostri sensori protocolli di comunicazione – il principale dei quali si
chiama I/O link – che abilitano la comunicazione da e verso i sensori,
permettendo la configurazione dei dispositivi e la raccolta di dati e
informazioni dal campo, che sono poi messe a disposizione di chi gestisce e
monitora il sistema di produzione.
Questo
risultato è frutto anche del vostro investimento in ricerca e sviluppo…
In effetti
investiamo più del 7 per cento del nostro fatturato consolidato nell’area
ricerca e sviluppo, dove attualmente lavorano venti persone. Chi punta a
vincere in questo settore deve fare ricerca. Con i suoi 23 milioni di euro di
fatturato, realizzati nelle tre sedi in Italia, Spagna e Cina, M.D. Micro Detectors,
pur essendo una piccola realtà in un mercato di grandi player, è però
un’azienda con un’ottima reputazione e una forte caratterizzazione, che vuole
continuare a crescere sotto tutti i punti di vista. Nel nostro stabilimento di
Modena, produciamo 1,3 milioni di pezzi all’anno, con una quota importante di
sensori prodotti su specifiche richieste dei nostri clienti, le cosiddette
customizzazioni. La capacità di rispondere in modo efficace, veloce e immediato
ai problemi posti dai clienti è uno dei vantaggi della piccola e media
dimensione, e noi vogliamo valorizzarlo in pieno, fornendo ai nostri clienti
quelle soluzioni applicative che con aziende di grandi dimensioni
faticherebbero a individuare e vedere realizzate.
Sia nel 2014
sia nel 2015, abbiamo lanciato tredici prodotti nuovi all’anno. E questo
dipende dall’organizzazione e dai grandi investimenti che stiamo effettuando,
ma dipende in misura determinante anche dal capitale intellettuale e umano che
abbiamo a disposizione, che si forma e che deve essere messo in condizione di lavorare
e di creare.
Devo poi
sottolineare, nel nostro percorso di crescita, il ruolo fondamentale svolto
dalle aziende del nostro Gruppo che producono e ci forniscono circuiti
stampati, Cistelaier S.p.A. in Italia e Techci Rhone Alpes SA in Francia. La
tecnologia e il livello di servizio di queste aziende sono di primissimo
livello e ci consentono di conseguire grandi benefici sotto molteplici punti di
vista.
A
proposito di formazione, voi siete noti anche per la qualità degli stage che offrite
ai giovani…
A partire
dalla fine del 2013, abbiamo attivato collaborazioni molto intense con istituti
tecnici locali, perché volevamo e vogliamo dare il nostro contributo alla
formazione delle future generazioni professionali. Oltre agli istituti “Corni”
e “Fermi” a Modena e “Leonardo da Vinci” a Carpi, ci siamo attivati con alcune
associazioni professionali e, di recente, anche con le Università di Modena e
Reggio Emilia, di Bologna e il Politecnico di Milano. Queste collaborazioni
hanno portato a svolgere presso di noi circa 2000 ore di stage nel 2014 e circa
2500 ore di stage nel 2015. A fine settembre 2016, le ore sono salite a 2800 e
questo numero continuerà ad aumentare. Svolgiamo poi con entusiasmo e impegno
anche attività di docenza a supporto del corpo insegnanti, visite guidate in
azienda e collaborazione ai progetti degli studenti.
La
formazione richiede energia, tempo e denaro: le persone che al nostro interno
seguono i ragazzi molto spesso lavorano di notte per preparare le presentazioni
o rispondere alle loro richieste. Ma siamo convinti, primo fra tutti il nostro
presidente, Marcello Masi, di avere il dovere e il piacere di trasmettere alle
generazioni future il patrimonio scientifico, tecnico, artistico, intellettuale
e professionale, che abbiamo ereditato dal Rinascimento in poi e che stiamo
quotidianamente alimentando.
In questo
patrimonio c’è anche l’arte dell’ospitalità, nella quale Finmasi Group si
esprime con un esempio eccellente, proprio nel distretto di Sassuolo…
Così come
M.D. Micro Detectors si è sviluppata legandosi profondamente al settore
ceramico, altre due aziende del nostro gruppo, l’Hotel Executive e il
ristorante Exé 1985, entrambe localizzate a Fiorano Modenese, sono profondamente
radicate in questa zona. L’Hotel Executive, che è stato il primo albergo a
cinque stelle del distretto ceramico, e il rinnovatissimo ristorante Exé 1985
sono due strutture estremamente funzionali e accoglienti, che danno lustro
all’intero distretto.