LA CARNE IN ITALIA: PIÙ CONTROLLI, PIÙ SALUTE
A partire
dalla sua esperienza nell’attività di produzione e di commercializzazione di
carni alimentari – in particolare negli attuali punti vendita di via Marconi, a
Bologna, e di Massa Finalese, in provincia di Modena –, anche con gli strumenti
della grande tradizione della lavorazione delle carni siciliana, può dirci qual
è la specificità delle carni italiane rispetto ad altre, d’importazione?
Prima di
tutto occorre ricordare che il nostro paese, riguardo alle carni, ha molti più
controlli di altri. Per questa funzione, operano in Italia circa 4500
veterinari ASL, contro i soli 450 della Gran Bretagna, per esempio, un paese
con un numero di abitanti simile al nostro. In altri paesi, soprattutto al di
fuori dell’Europa, sono proporzionalmente ancora meno. Occorre verificare come
e con quale scrupolo tali controlli vengono effettuati caso per caso, tuttavia i
nostri veterinari, soprattutto quelli più giovani, sono considerati e
dimostrano di essere tra i più preparati del mondo.
Poi, il
secondo aspetto degno di nota è quello della lavorazione delle carni, un
settore in cui la tradizione italiana, in ciascuna regione, è secolare e
altissima, dalla preparazione, alla conservazione, alla valutazione dei pezzi
da offrire ai clienti, al taglio. Non a caso il valore dei migliori ristoranti
italiani dipende anche dal lavoro fatto a monte dagli specialisti della produzione
e della lavorazione dei prodotti alimentari, in questo caso dai produttori di
carne e dai macellai. È anche una questione di cultura.
Il terzo
aspetto riguarda l’alimentazione degli animali. Posto che i bovini, in quanto
ruminanti, devono assumere fieno, il resto fa la differenza. In moltissimi
paesi si usano per i mangimi prodotti OGM, in particolare la soia. Il problema
principale per ora non dipende tanto dagli eventuali danni alla salute
nell’immediato, quanto dal fatto che non si conoscono gli effetti nel tempo per
consumi prolungati e magari per più generazioni, per cui esiste una ragionevole
incertezza, che dovrebbe indurre cautela. Io comunque uso ottimo mais italiano.
Il problema urgente, piuttosto, in questo ambito, è un altro: i produttori di
OGM sono potentissimi, fanno pressioni sugli stati per rendere più elastici i
vincoli e i criteri per il loro utilizzo e, nel contempo, spingono sulle grandi
multinazionali della produzione e della distribuzione della carne perché
adottino anch’esse maggiore elasticità. Il cedimento accentuato in tale ambito
comporta una diminuzione progressiva, o un non aumento adeguato al costo della
vita, dei costi di produzione della carne, con maggiori profitti per i
produttori di OGM e per le multinazionali della carne, ma con maggiore
difficoltà di sopravvivenza dei piccoli produttori che usano per i loro animali
prodotti naturali.
Qui mi
sembra s’innesti il problema del TTIP, il “Transatlantic Trade and Investment
Partnership”, trattato di libero scambio e investimenti tra USA e UE, che lei
ha evocato nella precedente intervista e che sembra fare molta paura in Europa,
soprattutto in campo alimentare.
Con questo
trattato, tali produttori potranno esercitare pressioni molto maggiori sugli
stati, anche per vie legali, attraverso studi professionali, altrettanto
potenti, articolati in vari paesi. Ma c’è anche un altro problema. In Europa da
tempo sono invalsi, o imposti, criteri di responsabilità sociale dei produttori
e dei venditori a tutela della salute pubblica. Negli USA e nei paesi a essi
più collegati, il criterio maggiore di prevenzione riguarda il reato di truffa.
Pertanto, se da noi vigono le limitazioni che conosciamo, a ragione dei danni
che possono creare, all’uso degli ormoni negli animali da carne, negli USA quest’uso
è più consentito: basta indicarlo in modo tassativo sul prodotto. Il cliente
sceglierà, ma, se avvertito, la responsabilità di eventuali danni sarà sua.
Tale
distinzione, in Italia, può valere anche tra venditori al dettaglio e grandi catene
di distribuzione alimentare, come i supermercati?
Non mi sento
di dire questo. In Italia le regole ci sono e valgono per tutti, commercianti
grandi e piccoli. Non so poi dove ciascuna catena si rifornisca. In questo caso
il problema è un altro: il macellaio sa come effettuare i tagli più appropriati
e commestibili per ciascuno dei propri clienti. Ciò è molto importante per i consumatori
più piccoli e per quelli più anziani, categorie che hanno maggiore bisogno di
apporto dietetico di carne. Le preparazioni delle grandi catene alimentari, se
non hanno la macelleria interna al punto vendita, sono standard e
preconfezionate.
Cosa
consiglia, allora, alla clientela italiana?
Che si tenga
sempre bene informata sulla catena alimentare dei prodotti che consuma. Nel
caso della nostra azienda agricola, l’informazione è costante e abbiamo spesso
clienti che vengono a trovarci da Bologna e da Modena. Agli amministratori
locali raccomandiamo che valorizzino i luoghi dei punti vendita al dettaglio, quasi
sempre nei centri storici delle città, come il nostro di via Marconi a Bologna,
favorendo l’afflusso, anche veicolare, delle persone a negozi di grande qualità
nel gusto e nella salute.