L’ IMPRESA SI COSTRUISCE SULL’AVVENIRE
Nella
vostra azienda ciascuna fase della produzione di stampi a iniezione di
dimensione medio piccola è frutto di un’accurata analisi per rispondere in ogni
dettaglio alle esigenze dei clienti, che possono contare sull’assistenza e la fornitura
di ricambi anche negli anni successivi all’acquisto. Eppure, il vostro settore,
che negli anni ottanta annoverava centinaia di officine soltanto nella provincia
di Bologna, oggi ha subito una notevole trasformazione a causa della concorrenza
di grandi gruppi stranieri. La vostra strategia è stata quella di puntare alla
valorizzazione di ciascuna procedura, fino alla consegna al cliente di
un’accurata documentazione tecnica dello stampo che non ha eguali. In un contesto
trasformato in modo così radicale, in che termini avete redatto il bilancio per
l’avvenire della vostra impresa?
Abbiamo
tenuto conto della tradizione della produzione italiana, che ha le sue radici
nella bottega rinascimentale, come da anni stiamo dando testimonianza in questo
giornale. Il bilancio spesso è inteso rispetto al passato, e certamente deve
tenere conto della tradizione dell’azienda, ma il consuntivo è forse redatto
per essere replicato l’anno successivo? A parte il fatto che non sarebbe
possibile confermarlo perché le condizioni del mercato cambiano in maniera tale
che, se il fatturato non registra un aumento, sicuramente riporterà il segno meno.
Allora, tenendo conto del consuntivo che indica un certo risultato, ipotizziamo
cosa fare l’anno successivo per migliorare non solo in termini economici, ma
anche qualitativi, tenendo conto della direzione in cui occorre andare. Non
sono i numeri riportati nel bilancio contabile a indicare il futuro
dell’azienda. È necessario che l’idea imprenditoriale trovi rispondenza nel
bilancio, ma, se la facciamo dipendere troppo dai numeri, troveremo sempre un
buon motivo per non fare ciò che occorre. Chi si occupa soltanto degli aspetti contabili,
come per esempio il commercialista, invece, ragiona sui dati che l’imprenditore
presenta nella convinzione che due più due darà il risultato di quattro, ma
l’imprenditore deve rischiare che il risultato sia dieci. L’apporto
dell’esperto contabile è essenziale perché solleva l’imprenditore dall’onere
degli adempimenti burocratici, impedendogli di incorrere in sanzioni.
Il compito
di chi dirige l’impresa è di attenersi al progetto, per questo il budget
dell’anno futuro deve essere stabilito dall’imprenditore, mentre il commercialista
è utile per fare il bilancio del passato e non deve neanche sapere qual è il
progetto dell’imprenditore, anche perché farà obiezioni se cerca di
spiegarglielo, anteponendo la logica del pareggio dei numeri. È utile
consultarsi con un contabile di fiducia in occasione di determinate operazioni
per sapere quali sono le più vantaggiose, ma spesso la risposta è volta a
indicare qual è la condizione più conveniente a livello fiscale. Talora, invece,
bisogna assumere decisioni che al momento non sono molto convenienti per gli
aspetti fiscali, ma sono essenziali per il futuro dell’azienda, perché quello
che si decide oggi non ha effetti immediati, ma si traduce nella strategia da
attuare in termini d’investimenti futuri. Anche per questa ragione
l’imprenditore e il contabile leggono il bilancio in modo diverso. Io, per
esempio, leggo tre indici del bilancio, mentre il commercialista cerca quello
che concerne le spese effettuate e fa il confronto con quelle dell’anno
precedente. Ma il mio progetto per l’azienda funziona soltanto se verifico
quanto ho prodotto e fatturato e se i collaboratori hanno lavorato bene. Sono
tre gli indici essenziali di bilancio e sono quelli che indicano in che
direzione stiamo andando: quante persone lavorano, che cosa fatturano e cosa
comporta il loro fatturato. Se il loro fatturato è composto per il 60 per cento
da rimanenze di magazzino, c’è qualcosa che non va, a meno che non si tratti di
un’azienda che produce e tiene in magazzino le merci che venderà in un secondo momento.
Quanto il
bilancio di ciascuna impresa tiene conto del progetto e del programma
dell’imprenditore?
Il bilancio
dell’avvenire deve tenere conto in tutti gli aspetti dell’idea
dell’imprenditore. È importante chiudere il bilancio contabile in attivo, però,
l’avvenire deve essere deciso in funzione di determinati indici che solo chi
rischia può leggere in base al progetto che ha, tenendo conto delle tendenze
che influiranno sull’andamento del mercato negli anni futuri e non di quello che
potrà accadere il giorno dopo. I budget previsti sulla base dei bilanci del
passato possono essere una traccia per alcuni ragionamenti, ma poi occorre fare
ipotesi per il programma dell’avvenire dell’azienda.
Voi,
infatti, avete investito nell’acquisto di nuove macchine per il collaudo degli stampi
direttamente in azienda…
Spesso,
mentre sono in ufficio da solo, abbozzo a matita alcune ipotesi per la
strategia dell’azienda. Certamente tengo conto del consuntivo del 2015, ma poi
redigo un programma per l’anno successivo per rilanciare nella direzione che
occorre per la riuscita dell’azienda e poi punto a nuovi investimenti in
macchine a seconda degli indici del mercato in cui opero. L’azienda austriaca
Meusburger, leader nella produzione di elementi normalizzati per stampi, per esempio,
ha effettuato una ricerca secondo cui l’Italia sarà la nazione d’Europa che
crescerà più di altre nel settore della costruzione degli stampi. Questo per me
è uno stimolo positivo. Non è soltanto un’ipotesi, perché questi imprenditori
hanno effettuato ingenti investimenti in Italia nella formazione degli
insegnanti delle scuole tecniche, in modo che a loro volta insegnino ai nostri
futuri dipendenti come utilizzare elementi normalizzati per la costruzione di stampi.
È un indice che mi sprona a fare altrettanto. Se in Italia i costruttori di
stampi potessero assumere collaboratori abbastanza preparati, avrebbero ottime
possibilità di crescita negli anni futuri. È proprio in questa prospettiva che
la Meusburger sta investendo.
L’imprenditore
può redigere il bilancio dell’avvenire in base alla politica industriale del
governo?
In Germania
soltanto le grandi aziende tedesche decidono la politica industriale del paese,
che non viene programmata dal governo o dai burocrati. Sono cinque o sei le imprese
di grandi dimensioni che indicano la direzione industriale a migliaia di altre
aziende di dimensioni più ridotte che seguono le loro direttive. In Italia,
invece, negli anni ottanta un imprenditore romagnolo ha dichiarato: “La chimica
sono io”. Era Raul Gardini. Aveva ragione, la politica dell’industria chimica
del paese era decisa dalla Montedison, di cui era l’alfiere. Da quando è stato silurato,
la chimica italiana ha perso rilievo. Sono poche le aziende che hanno la
capacità e i mezzi per cambiare rotta e il problema della mancata politica
industriale in Italia è nell’industria italiana, che ha permesso fossero
svendute le imprese che la costituivano. L’Ansaldo, per esempio, oggi è
partecipata dai giapponesi: pensiamo che farà una politica industriale utile
agli italiani o ai giapponesi?
Occorre
riconoscere che le industrie tedesche hanno tenuto fuori dalla porta la politica
e, finché ciò accade, riescono a decidere una politica industriale vincente. Le
aziende che invece fanno dipendere dalla politica i loro piani industriali non
hanno futuro, perché sono soggetti a interessi particolari.
In Italia
abbiamo imprese straordinarie come la Salini Impregilo, che ha costruito un’opera
eccezionale per qualità e tempi di realizzazione. Si tratta di un impianto idroelettrico
dotato di una diga che sarà la più grande dell’Africa. Situata in Etiopia sul
fiume Omo, è stata costruita da un’azienda di Rovigo in cinque anni, quando ne
erano previsti più di sei. Le imprese italiane sono capaci di fare opere
grandiose all’estero, ma la stessa cosa non riesce in Italia, dove diventa un
problema costruire un ponte che non crolli o concludere la costruzione di
un’autostrada. Viene da chiedersi se ci sia la volontà politica di non investire
in opere strutturali qualificate per l’avvenire del paese. Una cosa è certa: la
politica dell’impresa è di puntare all’eccellenza, perché il progetto abbia un
avvenire, invece con la politica nell’impresa non c’è avvenire.