INVENZIONE E AMBIZIONE

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presidente di Officina Meccanica Marchetti Srl, Sala Bolognese (BO)

La vostra azienda, attiva da oltre quarant’anni nella produzione di stampi impiegati nei diversi comparti dell’industria manifatturiera è stata convocata a partecipare a un progetto innovativo dal titolo “Sviluppo del comparto meccanico in aree urbane” per l’insegnamento specifico del montaggio degli stampi nelle scuole tecniche dell’Istituto Salesiano di Bologna. Come procede questa esperienza?
L’incontro con giovani studenti è stato molto interessante perché è stata un’occasione per raccontare in cosa consiste il processo di costruzione degli stampi attraverso la partecipazione a una delle sue fasi più importanti: il montaggio. L’unica operazione manuale che oggi resta nella costruzione di uno stampo è costituita dall’assemblaggio dei vari pezzi meccanici che lo compongono. Ho notato nei ragazzi un’attenzione particolare perché, oltre a guardare e a ascoltare, potevano anche provare a montare questi pezzi e sentire con le loro mani se quello che stavano facendo andava nella giusta direzione. A differenza di quanto avviene nell’insegnamento teorico, infatti, durante le lezioni pratiche gli studenti mettono in gioco l’uso delle loro mani e quindi il loro ingegno.
Cosa intende?
Oggi i ragazzi sono poco preparati a lavorare con le mani, mentre era l’esatto opposto per i loro coetanei di qualche decennio fa, perché per esempio le usavano per aggiustare la bici o per modificare il motore della moto, erano abituati a usare le mani. Ho l’impressione che abbiano quasi dimenticato tutto questo, dal momento che, se opportunamente provocati, come avviene per esempio quando occorre assemblare i pezzi meccanici di uno stampo, emerge subito in loro la naturale esigenza di usare le mani: dopo i primi momenti d’imbarazzo, hanno quasi la necessità di proseguire con più decisione.
Spero che riusciremo a sviluppare programmi di studio in questa direzione anche nei prossimi anni, in modo da offrire a un numero maggiore di giovani l’opportunità di partecipare a lezioni pratiche, a cui segue, peraltro, un apprendistato nelle aziende più disponibili, anche perché sono poche le ore a disposizione nelle scuole per tali lezioni. In azienda, ciascuno ha modo di sviluppare questa manualità, che nei giovani è solo sopita, ma si risveglia subito con la pratica quotidiana.
Usare le mani per realizzare, per esempio, il disegno di un progetto è di per sé un’operazione ambiziosa, che ha consentito a tante imprese italiane, e dell’Emilia Romagna in particolare, di giungere all’eccellenza. Cos’è per lei l’ambizione?
L’ambizione si coglie nell’espressione che hanno gli studenti quando riescono a fare qualcosa con le mani: il loro sguardo e il loro sorriso sono quelli di chi ha raggiunto un risultato. Bisogna soltanto che gli diamo la possibilità di ottenerne tanti, uno dopo l’altro, e la pratica nelle imprese lo rende possibile, perché consente loro di crescere e di misurarsi con nuovi traguardi giorno dopo giorno. Ambizione è provare a costruire qualcosa di nuovo perché avere obiettivi sempre più ambiziosi è essenziale per vivere.
All’epoca in cui ero ragazzo, qui a Bologna c’era un laboratorio delle Ferrovie dello Stato. Sul frontespizio dell’immobile c’era una scritta: “Provando e riprovando”, che fu anche citata in una trasmissione televisiva dell’epoca, “Rischiatutto”, da uno dei concorrenti più bravi, Massimo Inardi, quando gli chiesero come avesse raggiunto la vincita di somme cospicue. Costui rispose semplicemente: “Provando e riprovando”. Quindi, provare e riprovare porta senz’altro a risultati, ma anche a non essere mai soddisfatti dei risultati raggiunti e ad ambire a qualcosa di meglio. In azienda le cose funzionano esattamente così: occorre andare avanti, provare e riprovare, cercare nuovi modi d’intervento e anche clienti nuovi e pretendere sempre di più di rispondere alla perfezione alle loro esigenze. Soltanto per questa via riusciamo a raggiungere qualcosa d’importante. Del resto, non è forse questo il compito dell’impresa? Riuscire in quello in cui siamo impegnati è un’ambizione naturale nell’uomo, se non è repressa da situazioni che lo impediscono, come accade per esempio quando è favorito l’appiattimento, cioè ciascuna volta in cui non sono riconosciuti i risultati migliori ottenuti da chi è più bravo e s’impegna di più in azienda. Se c’è una cosa che impedisce di migliorare è proprio il fatto di non valorizzare i risultati raggiunti, anche per piccole cose. Se chi s’impegna di più in azienda è trattato allo stesso modo degli altri, difficilmente costui si proporrà di migliorare, quindi reprimerà le sue ambizioni. In questo caso, non è detto che l’intervento più efficace sia l’aumento della retribuzione economica, anzi, talvolta può bastare un semplice riconoscimento verbale.
Valorizzare l’ambizione di ciascuno in azienda comporta che ciascuno impari a ragionare. Il ragionamento non rispetta orari di lavoro, perché elabora in modo costante secondo vie che prescindono dalla nostra volontà. Se, poi, questa elaborazione trova la giusta direzione, non mancano risultati straordinari e non c’è nulla che possa frenare il processo d’invenzione.
Le dirò di più: quando non troviamo una soluzione a un problema, è inutile insistere. Occorre incominciare un’altra cosa, mentre il nostro cervello continuerà a lavorare a quel problema senza che ce ne accorgiamo e all’improvviso troviamo il modo per ottenere il risultato tanto atteso. Non è un caso che le migliori idee vengano mentre facciamo altre cose. Il nostro cervello continua la sua elaborazione nei momenti in cui siamo impegnati in altre attività e quindi siamo più liberi di accettare cose diverse da quelle che avevamo pensato fino a qualche minuto prima. Questo processo d’invenzione è un’esigenza di libertà e è già un modo dell’ambizione.
Negli ultimi anni questa esigenza non è stata favorita…
Forse è proprio per questo che le imprese in Italia non sono così apprezzate come all’estero, soprattutto da parte delle istituzioni, che le appesantiscono di nuovi balzelli.
Cosa spinge l’individuo a migliorare? Se chi si impegna non è valorizzato per l’apporto che dà, sarà difficile che ambisca a lavorare con maggior profitto. Quando ero ancora un apprendista nel settore degli stampi, l’acquisto di una macchina nuova in azienda era inteso come un’occasione di crescita per tutti, a prescindere dalla scelta da parte del titolare di colui che fra noi avrebbe poi guidato quella macchina, perché chiunque fosse stato avrebbe poi trasmesso agli altri in modo semplice quanto aveva imparato. Parlandone ciascun giorno, la sua pratica sarebbe divenuta patrimonio di tutti. Adesso, invece, per attribuire competenze specifiche e diverse a ciascuno, difficilmente si riesce ad ottenere risultati a beneficio di tutti e l’ambizione di ciascuno resta confinata fuori dall’azienda, nella migliore delle ipotesi.
Qual è la vostra ambizione?
Abbiamo l’ambizione, che è anche una necessità, di offrire una risposta efficace a un mercato sempre più esigente come quello degli stampi. È necessario, quindi, lavorare senza sosta per raggiungere l’eccellenza. Con questa ambizione ci confrontiamo ciascun giorno.