NON C’È ALTERNATIVA ALLA GLOBALIZZAZIONE

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Qualifiche dell'autore: 
economista, professore di Relazioni internazionali, Webster University, Ginevra

I valori e gli interessi, che danno impulso alle azioni umane, sono frutto delle idee. Gli ultimi cento anni hanno visto i più violenti scontri di idee, persone disposte a morire per le loro idee, realtà politiche e sociali nate da idee portate all’esasperazione. Da qui alcuni paradossi del ventesimo secolo, che è stato palcoscenico delle peggiori ideologie e regimi, da una parte, e delle migliori invenzioni scientifiche, politiche e sociali, dall’altra. Dai più cruenti, distruttivi e disumani regimi totalitari – nelle varie forme di comunismo e nazionalsocialismo o fascismo – alle più libere società democratiche della storia, che hanno portato un progresso sociale, una prosperità, una pace e una sicurezza collettiva senza precedenti.
Anche la Guerra fredda è stata vinta dalle idee, dai valori e dalla supremazia della comunità occidentale, ma oggi assistiamo a nuove minacce interne ed esterne verso la democrazia e la libertà. E, ancora una volta, dobbiamo cercare le principali fonti delle crisi mondiali nelle idee, nella confusione intellettuale, nella sistematica corruzione dei valori comuni e nella diffusione di concetti alterati per rispondere a finalità egoistiche e malvagie. Si tratta di minacce multiple alla società dei valori occidentali: revival di vecchie idee che sembravano sconfitte per sempre, minacce dall’esterno (dai regimi totalitari, autoritari e da situazioni caotiche), minacce dall’interno della stessa società libera: nazionalismi virulenti, fondamentalismi di estrema destra e di estrema sinistra, sfruttamento della religione a fini politici, movimenti islamisti, anticapitalisti, antieuropeisti, antiamericani, antisemiti, separatisti, eccetera. Da una parte, i neosocialisti, come il senatore George Sanders negli Stati Uniti o il nuovo capo del partito laburista britannico, cercano di far cessare l’economia di mercato senza offrire un’alternativa valida; dall’altra, per assurdo, i conservatori minano le tradizioni e le istituzioni e sbraitano contro la salvaguardia dell’ambiente.
Tuttavia, il modello occidentale di valori, idee e istituzioni si è dimostrato superiore a tutti gli altri ordinamenti esistenti attualmente e a quelli sperimentati in epoche precedenti. Allora, dobbiamo chiederci se la globalizzazione non sia l’estensione dei confini della comunità occidentale all’intera comunità mondiale, allo scopo di creare un ordine internazionale sotto il quale nazioni grandi e piccole vivono, o dovrebbero vivere, in libertà, pace, prosperità e progresso sociale. La globalizzazione è semplicemente l’estensione della libertà e della società libera a tutte le nazioni? La globalizzazione è sia la continuazione di una tendenza (che ha avuto i suoi alti e bassi) incominciata nel 1945 nel mondo occidentale – in risposta all’esperienza dei decenni precedenti e all’imminente nuova minaccia alla libertà e alla pace – sia un nuovo salto di quantità e di qualità a partire dalla fine della Guerra fredda.
Ma la globalizzazione, oggi, deve difendersi da un doppio attacco – quello dei suoi nemici e quello dei suoi presunti più strenui sostenitori – e deve trovare la forza per proseguire la sua sfida originaria, il suo progetto di unione nella differenza, perché non esiste una vera alternativa alla globalizzazione. E noi dobbiamo ricordarci che la globalizzazione riesce soltanto se si mantiene l’equilibrio fra interessi pubblici e interessi privati: la negazione degli interessi pubblici è una minaccia mortale alla sopravvivenza della libertà individuale e al rispetto del settore privato e dell’economia di mercato. La negazione sistematica della libertà economica e della libera iniziativa e la dichiarazione che esistono solo gli interessi comuni portano dritto alla tirannide, all’inefficienza e alla povertà.
Da qui la necessità di correggere e di equilibrare i vari aspetti e obiettivi della globalizzazione: ridurre il primato della finanza globale e il numero delle azioni a breve termine e tornare a un approccio più bilanciato tra solidarietà e competizione.
La questione politica principale degli ultimi cento anni è stata questa: qual è l’ordine sociale ed economico desiderabile? La libertà e la protezione della vita, della dignità, delle prospettive economiche e sociali di tutti è stata la caratteristica essenziale del mondo libero e una delle principali molle della comunità occidentale. È da notare che sia i comunisti sia i nazionalsocialisti consideravano i diritti umani e l’impegno umanitario come una fantasia liberale, un segno di debolezza da sradicare sistematicamente sia dalla dittatura del proletariato sia dal Reich e dai suoi satelliti dominati dalla razza superiore tedesca. Con la fine della Guerra Fredda si pensò di avere messo fine anche alla giustificazione ideologica delle violazioni sistematiche dei diritti umani. Tuttavia, dall’inizio degli anni novanta, sono esplose numerose crisi umanitarie e la violazione dei diritti umani è stata perpetrata nei quattro continenti, inclusa l’Europa. Inoltre, nuove ideologie basate sull’intolleranza e la violenza hanno portato al crimine estremo del genocidio – fondato sull’uso inappropriato della religione, sul nazionalismo e sulla pulizia etnica –, che ha segnato l’ultimo quarto dello scorso secolo. È stato questo che ha comportato la necessità di affermare la responsabilità della comunità internazionale nella protezione degli individui, delle famiglie o dei gruppi, ponendo le basi per un nuovo diritto umanitario internazionale su cui si gioca la partita della globalizzazione nei prossimi anni.
 
L’articolo di Otto Hieronymi è tratto dall’intervento al convegno internazionale organizzato da ANTEA (Alliance of Indipendent Firms), dal titolo Globalization, ethics in the Economy and rights of people (Roma, 23 ottobre 2015), in collaborazione con PRM (Professionisti Revisori Modena), membro italiano di Antea.