IL “MAIALINO RAMPANTE” SBARCA ALL’EXPO, MA RISCHIA DI EMIGRARE: TROPPA BUROCRAZIA
Nel
numero precedente del giornale avevamo annunciato la nascita di due eccellenze
in casa Sami Srl, dove il maialino è rampante non solo nel vostro logo. Il
contratto con CIR Food, infatti, che vi vede partner ufficiali di Expo per
l’Arrostichetto – filetto di
maiale avvolto attorno a un osso di stinco suino –
e l’Anima di prosciutto – stagionato magro e tenerissimo –, a soli pochi giorni
dal loro ingresso sul mercato, è una prova inconfutabile della rapidità con cui
il gusto e la qualità sanno farsi riconoscere…
Il contratto siglato con
la più grande cooperativa italiana di ristorazione (CIR Food) per noi è stato
un traguardo importante e ci ha consentito di entrare nel menu di Expo 2015,
dove tra l’altro abbiamo un nostro spazio espositivo. Inoltre, la CIR ha
inserito l’Arrostichetto nella App www.cibosincero.it, dove è possibile
calcolare in modo semplice tutti i valori nutrizionali e avere informazioni
sicure sugli ingredienti dei piatti del menu. È uno strumento importante per
garantire la massima trasparenza al consumatore consultando velocemente l’App
dal telefono cellulare, anche quando ha poco tempo e si accinge a comporre il
proprio pasto in un punto di ristorazione servito da CIR all’interno di Expo o
in qualsiasi altro contesto.
Oltre
a Sami Srl, del suo Gruppo fanno parte altre sei aziende che svolgono attività
differenti, come la Sam Energy S.r.l., che si occupa di servizi speciali per
animali e ha brevettato un impianto innovativo di separazione e riutilizzo dei
sottoprodotti animali, di particolare interesse per il rilancio della
suinicoltura nel nostro paese, di cui abbiamo accennato nella precedente intervista.
Può dirci in che cosa consiste?
Si tratta di un impianto
per il riutilizzo dei sottoprodotti biologici animali, ideato insieme alle
Facoltà di Ingegneria delle Università di Bologna e di Modena. Uno dei motivi
per cui oggi siamo costretti a importare circa l’80 per cento dei suini
necessari alle nostre industrie di trasformazione delle carni sta nel fatto che
dal nostro paese sono pressoché scomparsi gli allevamenti, considerati
altamente inquinanti. Non c’è dubbio che se i sottoprodotti animali non vengono
riutilizzati ma smaltiti nei terreni circostanti o nei fiumi, danneggiando la
salubrità delle falde e delle acque, nessuna regione e nessun paese civile
potrebbe accettare questo destino. Allora, proprio per consentire un rilancio
della suinicoltura in Italia, sette anni fa abbiamo ideato questo impianto che
divide l’acqua dai sottoprodotti solidi, che vengono poi trasformati in concime
da una parte e in combustibile dall’altra, con la possibilità di ricavare anche
energia per ciascun impianto. I grassi recuperati dalle porcilaie possono
essere utilizzati come carburante per l’autotrazione, per esempio. Ma anche
l’acqua, una volta recuperata dai sottoprodotti, può essere riutilizzata. In
breve, un impianto come il nostro, che consente il riciclaggio completo dei
sottoprodotti senza nessuna dispersione, è una novità assoluta nel panorama
internazionale, che gli altri paesi ci invidiano e alcuni (come Austria, Olanda
e Albania) ci hanno già chiesto, e potrebbe rivoluzionare il modo di fare allevamento
e agricoltura in genere, perché non interessa solo la suinicoltura, ma l’intera
filiera animale. Senza dimenticare che 30-50 milioni in più di suini
comporterebbero da 700 mila a un milione di posti di lavoro in più, compreso
l’indotto. Vorrei precisare che i finanziamenti che saranno destinati alla
realizzazione di questo progetto non saranno assegnati alla mia azienda, ma ai
produttori che decidono di utilizzare l’impianto. Per di più, la mia azienda
s’impegna a ritirare i sottoprodotti animali dai produttori che usufruiscono
dell’impianto, garantendo l’acquisto e la successiva vendita delle carni
prodotte. Questo va a garanzia di una produzione di carne tutta italiana e ha
come risultato un connubio virtuoso fra la valorizzazione del paesaggio e la salute
dei consumatori.
Lei
si sta impegnando molto per cercare di mantenere questo progetto nel nostro
paese…
Purtroppo
la politica nel nostro paese è autoreferenziale e poco attenta alle esigenze
della trasformazione. L’approccio degli imprenditori, invece, è quello di
pensare in grande, guardare avanti, cogliere le opportunità che si presentano
nel percorso e innovare, per rispondere alle esigenze del mercato. Ma in Italia
si trovano la strada piena di mille ostacoli, in mezzo ai quali devono
destreggiarsi per uscire indenni dal labirinto delle normative locali,
provinciali e statali, in un rimpallarsi di responsabilità in cui c’è il
rischio di rinunciare a metà dell’opera. Per realizzare il nostro impianto, ad
esempio, abbiamo acquistato 300 mila metri di terreno in una posizione che ci è
stata indicata dalla Provincia, a Serramazzoni, lontano dalle abitazioni.
Abbiamo speso il doppio di quanto avremmo speso per altri terreni, con l’ottica
di non arrecare disturbo al territorio. Eppure, i tempi di realizzazione
sembrano ancora molto lunghi, perché gli enti locali non danno risposte chiare
e certe. Per fortuna, la Regione Basilicata ha risposto in modo differente e ha
già calcolato i finanziamenti necessari alla realizzazione del progetto.