QUALE PROGRAMMA PER LE MICRO, PICCOLE E MEDIE IMPRESE

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presidente di Ascom Modena Confcommercio Imprese per l’Italia

Il 30 aprile scorso, lei è stato eletto presidente di Ascom Modena Confcommercio Imprese per l’Italia. Per nove anni, fino al 30 aprile, è stato presidente a Carpi e vicepresidente di Camera di Commercio, nonché promotore e fondatore dell’associazione Carpi Centro. La particolare attenzione al centro storico ha rappresentato uno dei punti forti emersi anche nel suo discorso d’insediamento…
Il territorio per me è sempre stato un punto di partenza per l’associazionismo. Quando entrai nel Consiglio di Confcommercio, il presidente uscente Carlo Galassi mi affidò subito la delega al territorio e in questa direzione ho cercato di dare un contributo, facendo in modo che la partecipazione alla rappresentanza associativa si estendesse a tutta la provincia. Questa è la base del mio programma, ma ci sono tanti altri punti, come per esempio l’esigenza di un coordinamento costante con la sede regionale e con quella nazionale di Confcommercio. Le piccole e medie imprese sono soggette a vere e proprie vessazioni con tassazioni che a volte sono assolutamente inique, ma le proposte in direzione di una trasformazione del nostro sistema fiscale e contributivo non possono essere portate avanti a livello provinciale. Ecco perché il collegamento con la nostra sede nazionale e con quella regionale si rivela fondamentale. Non abbiamo nessun interesse al conflitto con gli enti locali, ma abbiamo professionalità all’interno della nostra organizzazione, che possono stimolare il dibattito e il confronto sia con gli enti locali sia con le altre organizzazioni imprenditoriali del territorio. Anzi, dalla coesione tra le associazioni, nonostante comporti la necessità di rinunciare singolarmente a qualche vantaggio, dipende la possibilità di colpire con forza il bersaglio e assicurare la vita delle micro, piccole e medie imprese.
Un altro elemento da portare all’attenzione dei nostri governi regionali e nazionali è che la ripresa può intervenire solo se ripartono i consumi interni. L’80 per cento dei consumi interni produce il PIL, se non c’è la fiducia dei consumatori, l’obiettivo è molto difficile da raggiungere. Va bene l’internazionalizzazione, ma le piccole e medie imprese sono ancora la spina dorsale. Un ulteriore punto del programma consiste nel sottolineare alle istituzioni che il piccolo commercio nei centri storici, ma anche nei quartieri, ha un ruolo non solo di servizio, ma anche fortemente sociale.
Anche culturale, poiché i nostri negozi sono sempre frutto di un patrimonio di artigianalità…
Nella mia attività constato che le persone hanno bisogno di confrontarsi e di chiedere un consiglio. Oggi non si parla più neanche in famiglia, si lavora solo con il telefonino e il computer e nella grande distribuzione non si trova la stessa attenzione.
Nel suo discorso d’insediamento, lei ha affermato che l’innovazione passa soprattutto attraverso la formazione…
Credo che la formazione sia oggi un punto nodale. Le esigenze del commercio sono cambiate radicalmente negli ultimi anni, quindi occorre una formazione specifica per gli imprenditori del commercio, ma anche una formazione all’interno della nostra stessa organizzazione, che eroga servizi agli imprenditori e quindi deve considerarli veri e propri clienti, anche se sono soci. Inoltre, credo che sia necessario fare formazione sull’innovazione, poiché, soprattutto nel terziario, sorgono attività all’avanguardia e noi dobbiamo essere pronti. Il nostro ente di formazione, l’ISCOM, è davvero straordinario sotto questo aspetto, ma noi dovremmo essere preparati ad agganciare le esigenze delle nuove start-up e accompagnarle fin dai loro primi passi. Le nuove attività e le nuove forme di impresa possono essere veramente tante: per esempio, considerando che sta crescendo molto il franchising, perché non valutare la possibilità di fare franchising anche dei nostri negozi storici? Oggi potrebbe essere un’occasione perché avrebbero la possibilità di spendere un marchio che negli anni passati non era necessario. Non tutti sono preparati nel settore del franchising – e anche per questo ci stiamo lavorando molto –, ma potrebbe essere un modo per rilanciare attività che oggi sono in crisi.