RETE E COMUNICAZIONE PER I TESORI AGROALIMENTARI DI MODENA
A Castelnuovo Rangone, la cosiddetta “patria
del maiale”, dove il distretto delle carni ha il suo cuore pulsante, il vostro
salumificio — nato nel 1957, grazie allo spirito imprenditoriale e all’esperienza
artigianale di Carlo Vecchi, e condotto da lei a partire dal 1984 — è dotato
delle più avanzate tecnologie per rispondere con la massima velocità ed
efficacia alle richieste industriali del mercato. Tuttavia, non ha dimenticato
le tradizioni di Modena e il suo territorio...
L’artigianalità, l’attenta
selezione delle materie prime, la qualità e la cura di tutte le fasi del
processo produttivo sono le caratteristiche che mio suocero Carlo, il
fondatore, aveva pensato per il proprio salumificio e che io ho sempre
continuato a portare avanti con determinazione. Il legame con il territorio è
fondamentale: bisogna conoscere molto bene le sue risorse e lavorare con le sue
forze. Non dobbiamo inventare nulla, perché il nostro territorio ci dà già
tutto, anche se negli ultimi anni non è stato valorizzato e ci sono tesori noti
agli stranieri, ma che noi ignoriamo.
Per questo occorre sviluppare modi di
comunicare diversi dal passato. Purtroppo l’Italia utilizza la rete internet solo
per il 15 per cento rispetto agli altri paesi europei. Nel settore
agro-alimentare, la vera innovazione oggi non deve investire tanto la
produzione — che ha raggiunto altissimi livelli di qualità nel rispetto delle
tradizioni enogastronomiche del territorio —, ma la comunicazione.
Modena compie un lavoro interessante in
questa direzione, ma non basta: le aziende del territorio vanno valorizzate
molto di più. Il connubio fra il manifatturiero, l’agro-alimentare e il turismo
in Emilia Romagna è stato sicuramente sviluppato in modo intelligente, ma ora
per crescere è fondamentale allearsi economicamente e fare rete. Nell’ottobre
del 2013 il nostro salumificio ha costituito una rete, “La rezdora”, con altre
quattro piccole aziende della filiera dell’alimentare, allo scopo di realizzare
un paniere dei tesori di Modena con i prodotti della salumeria, quelli del
bosco, i liquori e il cioccolato.
L’unione è necessaria per trovare le
risorse economiche indispensabili ad aprirsi la strada fuori dall’Italia,
investendo in figure competenti nel commercio internazionale e nella vendita on-line.
La nostra cultura individualista ci ha portato ad arrivare in ritardo sul
mercato delle esportazioni, ma oggi non è più possibile rimandare gli
investimenti in nuove forme di comunicazione e nella partecipazione alle grandi
fiere del settore in Italia e all’estero. Sappiamo che gli sforzi da compiere
sono consistenti, ma bisogna avere la tenacia di continuare a partecipare alle
fiere anche quando non si sono ancora trovati investitori, per almeno cinque
anni. Anche perché purtroppo all’estero spesso prevale l’immagine delle imprese
italiane che continuano a fallire, quindi, a maggior ragione, occorre dare
fiducia ai potenziali clienti che devono affrontare costi non indifferenti
quando decidono di investire in un’azienda italiana. È questo è il motivo per
cui spesso vanno alla ricerca di aziende che hanno una storia e sono radicate
nel territorio.
Voi quando avete incominciato a
partecipare alle fiere?
Solo quattro anni fa, perché prima
volevamo creare una carta d’identità particolare per la nostra azienda,
costituita dalle più importanti certificazioni di qualità: l’HACCP (Hazard
Analysis and Critical Control Points), che riguarda le normative sull’igiene
alimentare, l’IFS (International Featured Standard) per la sicurezza sui
prodotti di marca, il BRC (British Retail Consortium), uno standard sulla
sicurezza e la qualità dei prodotti agro-alimentari, la certificazione del CCPB
(Consorzio per il Controllo dei Prodotti Biologici) e infine la “Spiga Barrata”
per i prodotti destinati alle persone affette da celiachia.
A proposito di rete, quanto contano le
associazioni in questo senso? Lei tra l’altro è anche vice presidente nazionale
dell’Unione Alimentare della CNA...
Le associazioni di categoria sono
importanti perché permettono uno scambio di esperienze tra le aziende. La
solitudine imprenditoriale è uno dei peggiori problemi nella nostra società.
Fin dai primi anni della mia attività ho frequentato la CNA, perché volevo
cogliere tutte le opportunità di formazione e di scambio che offriva e offre a
chi è alla guida di un’azienda. Quando è arrivato il momento più buio per la mia
impresa, la rete di relazioni e il supporto di cui ho potuto usufruire sono
stati davvero fondamentali. Io credo molto nello spirito associativo: l’isolamento
non appartiene allo spirito imprenditoriale. È vero che l’artigiano è un po’
come l’artista e apparentemente non ha bisogno di nessuno perché l’esperienza,
la memoria e la creatività sono nelle sue mani, ma oggi non è più sufficiente
sapere fare bene qualcosa: anche il più piccolo laboratorio non può fare a meno
della cultura d’impresa e di un’organizzazione che gli consenta di avere il
tempo e gli strumenti per pensare e progettare l’azienda, per essere in
anticipo rispetto al mercato.