LA QUALITÀ DELL'IMPRESA, DELLA TERRA, DELLA VITA

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presidente di Sefa Holding Group S.p.A., Bologna

Sin dalla prima metà del XIX secolo l’industria siderurgica è stata il motore dello sviluppo economico del paese, che nel 1950 contava 210 aziende nel settore per un totale di oltre duecento stabilimenti. Attraverso la sua testimonianza, negli scorsi numeri della rivista, abbiamo esplorato le immense implicazioni della siderurgia nella vita dei cittadini. Ma oggi la siderurgia è ancora un indice di sviluppo dell’Italia?
Dal 1996, quando il nostro Gruppo ha acquisito una storica azienda meccanica toscana, ciascuna settimana percorro l’Autostrada del Sole, nel tratto tra Firenze e Bologna. Ebbene, fino al 2006, viaggiando in autostrada era facile imbattersi in lunghe file di camion, mentre oggi se ne vedono appena duecento in un’ora. Qualche giorno fa, mentre percorrevo l’autostrada in direzione di Imola, in appena 40 chilometri ho incontrato un solo camion, che peraltro trasportava travi in ferro. Proviamo a pensare alla quantità dei beni industriali che si spostano. La maggior parte dei camion trasportano merci al dettaglio che arrivano dall’estero e sono destinate a poli di smistamento come gli interporti. Si tratta di beni di consumo, non di beni industriali. La siderurgia è perciò un indicatore economico che registra se la situazione è grave, difficile o in ripresa. Oggi, la nostra siderurgia è in difficoltà. L’import è in aumento e gli impianti industriali del paese non lavorano come potrebbero. Inoltre, il costo orario del lavoro manifatturiero è fra i più bassi d’Europa e a questo si aggiungono la crisi dei consumi e i costi di una burocrazia che contribuisce allo stallo nella produzione di ricchezza.
In Italia ci sono ancora impianti siderurgici, ma nella maggior parte dei casi si tratta di impianti di trasformazione, non di impianti fusori. Inoltre, alcune fasi del processo di lavorazione, dalla materia prima al prodotto finale, non si svolgono più nel nostro paese. Rispetto al 2002, la produzione siderurgica è calata del 15 per cento.
L’industria è spesso intesa come la causa principale dell’inquinamento ambientale…
L’ambiente deve essere tutelato, ma questa tutela non può essere ottenuta contrapponendo l’industria e ignorando il benessere che essa apporta al paese. Questo benessere comprende anche aspetti ambientali, per questo occorre che sia distribuito. Negli ultimi venti anni in pochi hanno beneficiato di molta ricchezza e non erano certo gli imprenditori del manifatturiero, come dimostrano i recenti fatti di cronaca delle banche d’Oltralpe, mete preferite di interi patrimoni finanziari di nostri noti connazionali. Gli imprenditori che producono ricchezza lavorano insieme ai loro collaboratori e hanno davanti agli occhi tutti i giorni il disequilibrio causato da politiche sbagliate. A Bologna, ad esempio ci sono famiglie con un reddito mensile di 1300 euro che pagano 600 euro per la mensa scolastica del figlio.
L’industria e l’agricoltura devono convivere, ma di sola terra non si vive. Gli ultimi settant’anni lo hanno dimostrato. I danni che l’industria ha causato all’ambiente dipendono dall’egoismo dell’uomo e dalla sua incapacità di amministrare i territori. In Austria convivono meravigliose foreste e importanti acciaierie e vigono regole comuni che consentono di controllare l’inquinamento. Senza un equilibrio tra produzione e ambiente non si può pensare a nessuno sviluppo, anche in termini di servizi per i cittadini. È bene ricordare che l’80 per cento degli italiani era analfabeta quando ancora non c’era l’industria.
Il settore siderurgico ha dato un contributo rilevante al miglioramento della qualità della vita dei cittadini. Se oggi utilizziamo le macchine automatiche è grazie alla siderurgia e con la meccanizzazione anche l’agricoltura si è sviluppata, contribuendo a diminuire la fatica degli agricoltori e a produrre di più per tutti. Se vogliamo un paese moderno e civile, che investa in scuola, sanità e cultura, se vogliamo avere più tempo libero, dobbiamo capire che lo sviluppo dell’industria siderurgica e meccanica è fondamentale. Oggi, in Italia utilizziamo treni capaci di farci arrivare da Bologna a Milano in un’ora e questo risultato è stato possibile grazie al lavoro comune di siderurgia, meccanica e elettronica. Occorre però la decisione politica di far convivere l’una e l’altra, è la scelta che deve fare un paese per assicurare trasporti e infrastrutture ai suoi cittadini. Se c’è questa decisione, non si tratta più di evitare il consumo di terra, ma di assicurare prosperità e salute per le genti che la abitano. L’equilibrio si trova con il rilancio delle industrie che ci sono e incentivando i territori vocati a queste. Il caso Ferrero lo dimostra. Ci sono altri casi, nelle valli e in altri contesti ambientali, in cui si può constatare che le industrie manifatturiere contribuiscono al mantenimento del territorio. Immaginiamo la zona di Cuneo, e di Alba in particolare, cosa sarebbero state senza Ferrero. Le zone montane dei nostri Appennini per esempio sono disagiate a causa dell’abbandono delle terre per la mancanza di imprese. A San Leo, in provincia di Rimini, c’erano tre o quattro mulini ad acqua ora abbandonati, in cui si trasformava il grano che serviva per uomini e animali. Se ci fossero imprese in questi territori, si farebbero le manutenzioni alle strade, evitando disastri ambientali. È proprio l’impresa che garantisce l’equilibrio dell’ambiente. Certo, l’impresa sana non quella che punta alla sopravvivenza e pensa di garantirsela dividendo i suoi profitti con il politico di turno.
Producendo si possono anche inventare prodotti meno inquinanti. Producendo si può sbagliare, ma si può anche migliorare la qualità della vita. Stando fermi non si sbaglia, ma non si fa innovazione e non si dà un apporto alla civiltà. Noi abbiamo un bellissimo esempio di sviluppo industriale, che è quello del polo emiliano del biomedicale grazie al quale si sono sviluppate e diffuse intelligenze tecniche che hanno inciso non solo in Italia, ma in Europa e nel mondo. Le attività produttive che apportano beneficio al territorio sono quelle che sollecitano lo sviluppo di altre attività e producono un effetto moltiplicatore.
Senza contare, infine, che lo sviluppo delle imprese assicura al paese una forza politica più incisiva anche in Europa. La Germania è la dimostrazione che grazie allo sviluppo industriale si conquista una potenza politica. Le vere guerre oggi si combattono con l’industrializzazione e la produzione.
Lei ha citato il caso Ferrero, quanta meccanica c’è dentro a un cucchiaino di Nutella?
Ferrero Spa è un’industria dolciaria, ma è prima di tutto un’industria meccanica. Il cervello dell’azienda è nella meccanica e Michele Ferrero ne ha fatto un oggetto di perfezione assoluta. Non a caso è all’interno della più grande azienda dolciaria italiana il suo polo metalmeccanico, Ferrero Ingegneria, in cui vengono progettati e realizzati macchinari e linee produttive che l’azienda di Alba utilizza negli stabilimenti sparsi nel mondo. La tecnologia utilizzata è diversa per ciascun prodotto. Per mettere una nocciolina dentro a un Ferrero Rocher o per mettere la sorpresa dentro all’ovetto Kinder, per esempio, occorrono ricerca e macchinari avanzatissimi. La riuscita del settore agroalimentare dipende dalla ricerca e dall’innovazione tecnologica e la meccanica è una base importantissima. Anche nella selezione delle mele o per assicurare l’igiene delle carni sono essenziali la meccanica e la scelta dei metalli che si adoperano, che vanno da quelli a matrice inossidabile fino alle leghe speciali come il titanio. Dove c’è bisogno di garantire asetticità totale occorre utilizzare, fra gli altri, il titanio e gli acciai. La scelta dei metalli è fondamentale. Quante volte abbiamo visto impianti di lavorazione di pomodori che non funzionavano bene a causa dell’elevata capacità corrosiva di questi ortaggi, tale da intaccare anche i metalli.