I MIRACOLI DELL'AGRICOLTURA ITALIANA PER VINCERE SUI MERCATI INTERNAZIONALI
Dalle vacche libere del Caseificio Oratorio San Giorgio nasce
un Parmigiano-Reggiano eccellente, un vero e proprio miracolo della natura, che
sembra ripetersi ciascun giorno anche grazie alla protezione del Santo a cui è
dedicato il secolare Oratorio che ha sede nella sua area cortiliva e da cui
deriva il suo nome. Sorto nel 1933, è uno dei più antichi caseifici della zona
di Carpi (MO) ed è strutturato in società agricola cooperativa, vale a dire che
la gestione e il rischio d’impresa sono sostenuti dai soci produttori, i quali
trasformano esclusivamente il latte prodotto nelle aziende di proprietà,
coltivando i terreni circostanti questa zona con grande passione e valorizzando
il territorio e le sue tradizioni come elementi indissolubili del loro
prodotto. Ci sono giovani interessati a proseguire la vostra opera?
Dal 1977 a oggi c’è stata una drastica diminuzione dei
caseifici produttori di Parmigiano-Reggiano da 1200 a 370, mentre la produzione
annua è aumentata fino ad arrivare a 3.200.000 forme. Questo vuol dire che, da
una parte, le aziende sono diventate sempre più grandi anche per un fenomeno di
accorpamento, mentre, dall’altra, sono sparite le stalle tradizionali con le
dodici vacche legate per fare spazio alla stabulazione libera, che rappresenta
il futuro dell’allevamento. Ma questo è stato possibile solo nei casi in cui si
è attuato il passaggio generazionale, perché solo il proseguimento rende
giustificabili gli ingenti investimenti richiesti da una trasformazione così
radicale.
Comunque, stanno aumentando i giovani interessati
all’agricoltura, nonostante sia un settore che non ha mai goduto di attenzione
da parte della politica e quindi non è stato incentivato a nessun livello,
anzi, fino a qualche decennio fa veniva considerato quasi sfortunato chi doveva
occuparsi della terra e dei suoi frutti.
Eppure, basterebbe pensare all’eredità culturale che viene
tramandata con i nostri prodotti tipici – attraverso un’arte che richiede anni
di esperienza per ottenere risultati impossibili in qualsiasi altro posto del
mondo – per incominciare a dare il giusto risalto a un settore che è sempre
stato considerato la Cenerentola dell’economia. Dimenticando che l’agricoltura
ha sfamato milioni di italiani negli anni successivi alla seconda guerra
mondiale, poi ha aumentato la sua produzione in modo esponenziale fino a
raggiungere notevoli quote di esportazione che hanno dato ricchezza al paese e
oggi ha un indotto che si aggira dal 17 al 25 per cento del PIL. Per di più è
l’unico settore che non ha subito cali dell’occupazione in questo periodo di
crisi, anzi, ha continuato ad assumere. Solo dimenticando tutto questo si
poteva cadere nel grave errore di penalizzare gli agricoltori con quote latte
assurde e stabilite con grande approssimazione e faciloneria da parte
dell’allora ministro Pandolfi, che firmò l’accordo basandosi su dati Istat
assolutamente lontani dalla nostra vera realtà produttiva, mentre i ministri di
altri paesi arrivarono addirittura a gonfiare le cifre per evitare multe e
sanzioni ai loro agricoltori. Non è un caso se le cantine in Francia sono veri
e propri templi: la promozione dei nostri prodotti tipici da parte dei nostri
politici è storia molto recente e molti produttori sono ancora chiusi nel loro
guscio, anziché unirsi per lanciare il made in Italy in tutti i paesi che
invidiano le nostre eccellenze.
Eccellenze di gusto, ma anche di salute. Non a caso molti
medici consigliano il Parmigiano-Reggiano…
Soprattutto ai bambini e agli anziani, per il suo alto
contenuto di nutrienti e calcio assimilabile, uniti alla sua alta digeribilità
e all’assenza totale di conservanti e additivi. È un prodotto assolutamente
naturale, che ha pochi ingredienti: latte, sale, caglio e tempo. Mai come in
questo caso, il tempo è giudice: solo le forme che hanno ricevuto un latte sano
e genuino resistono in stagionatura. Considerando che il latte viene utilizzato
crudo, senza pastorizzazione, il casaro deve saper miscelare con la sua
esperienza gli ingredienti (ricordiamo che occorrono ben sedici litri di latte
per fare un chilo di Parmigiano-Reggiano) ed evitare tutto ciò che potrebbe disturbare
un corretto processo di fermentazione. La forma, dopo che ha incominciato a
fare la crosta esterna, è come una cassaforte: non si può più intervenire e
diventerà Parmigiano-Reggiano solo se ha al suo interno i fermenti lattici
giusti. Durante la battaglia legale per vietare l’uso del nome Parmesan,
qualcuno notò che se una multinazionale riuscisse a produrre il
Parmigiano-Reggiano, lo venderebbe in farmacia. Se è vero che le contraffazioni
dei prodotti italiani all’estero fanno perdere al nostro paese circa 60
miliardi di euro all’anno, che cosa aspettano le istituzioni a sostenere il
made in Italy con adeguate azioni di promozione che mettano insieme tutti i
produttori, anziché continuare a bastonarci con controlli assurdi e inadeguati,
multe e sanzioni che penalizzano lo sviluppo? Per fortuna le quote latte
saranno abolite dal 31 marzo di quest’anno, ma hanno avuto un costo che ha
costretto molte aziende a una battuta di arresto: se non ci fossero state, oggi
avremmo avuto le aziende zootecniche più belle d’Europa.