LA CURA DELL'IMPRESA
Leader nella produzione di carri
cingolati utilizzati in diversi comparti industriali, TracMec è un’azienda che
sin dalla sua costituzione si è attenuta alla migliore tradizione sartoriale
del made in Italy. Quali sono le vostre prospettive per quest’anno?
Abbiamo
investito nello sviluppo dell’ufficio tecnico e di quello commerciale,
quest’ultimo in particolare per il mercato estero. In Italia infatti in questo
momento non ci sono le condizioni per un rilancio industriale, anche per il
fatto che le imprese non sono sufficientemente tutelate nella riscossione dei
crediti. La sfida è quella di portare all’estero la qualità e la flessibilità
caratteristiche della nostra produzione italiana. Il mercato premia le imprese
che non si limitano alla produzione di carri standard, ma sono in grado di
predisporre anche le modifiche più particolari che chiede il cliente. I mercati
su cui puntiamo sono quello europeo e quello statunitense, dal momento che
l’attuale crisi politica con la Russia incide anche nei rapporti commerciali
con il paese.
Quando si parla di sottocarri spesso si
pensa al classico carro armato, mentre gli utilizzi dei vostri sottocarri sono
diversi…
Il
carro armato ha la peculiarità di essere una macchina molto veloce, che può
raggiungere i 100 chilometri orari. I nostri carri vanno da 1 a un massimo di
10 chilometri orari. Anche se potrebbero somigliare a carri armati,
tecnicamente le due macchine non sono comparabili. Il 95 per cento della nostra
produzione verte sui carri a carreggiata variabile. Il restante 5 per cento
copre invece i carri fissi, cioè i carri standard, che oramai non sono più
competitivi sui prezzi con le produzioni cinesi o indiane. Nella nostra azienda
abbiamo macchine utensili molto specializzate e costose, così il nostro core
business è garantito dalla produzione dei carri a carreggiata variabile. Il
vantaggio del carro allargabile è che può essere trasportato, grazie alle
ridotte dimensioni che può avere una volta chiuso, garantendo la stabilità
necessaria quando è utilizzato in cantiere. La nostra azienda fa parte del
Gruppo Bauer, leader mondiale nella trivellazione, quindi i nostri carri sono
soprattutto attivi in quel settore. Siamo però operativi anche nell’edilizia,
con gru telescopiche e macchine da recycling,
come i frantoi. Fino al 2006 operavamo anche nella manutenzione stradale, in
particolare per l’asfaltatura, ma per soddisfare il numero elevato di
richieste di carri a basso prezzo, avremmo dovuto produrre all’estero o
rinunciare alla qualità del prodotto, penalizzando il nostro modo artigianale
di produrre secondo le particolari esigenze del cliente.
Spesso l’impresa è intesa come ostativa
alla salute, qual è l’apporto che invece può dare alla salute di ciascuno?
Ci
sono due aspetti da considerare. L’azienda deve essere attiva nel mercato con
una certa costanza di vendita e i collaboratori devono avere l’entusiasmo nel
fare il proprio lavoro, a cui del resto ciascuno dedica la maggior parte del
tempo della giornata e della vita. Quando nel 2007 la nostra azienda ha
raggiunto la massima produttività, utilizzavamo molto outsourcing. La crisi finanziaria di quegli anni ci ha portato a
ritardare il programma dei nostri investimenti, anche per le assunzioni di
collaboratori. Questo equilibrio, unito al lavoro che ci commissionava la casa
madre, seppur ridotto in modo importante rispetto agli anni precedenti, ci ha
permesso di restare protagonisti nel mercato senza rinunciare alla qualità:
abbiamo ottenuto la certificazione ISO9001 per la saldatura speciale e abbiamo
investito nella formazione del personale. È stata questa la carta vincente di
TracMec. Mentre una volta si pensava che la forza di un’azienda dipendesse
dalle macchine che possedeva, oggi la tendenza è cambiata e il valore aggiunto
è dato da collaboratori motivati e professionali. L’impresa ha futuro se le si
garantiscono basi solide sulle quali svilupparsi, pertanto mi sono subito posto
la scommessa di avviare una struttura che consenta di produrre in modo
efficiente anche in futuro. È importante che i collaboratori assumano la
responsabilità del proprio compito, mentre chi ha lo statuto di direzione deve
saper indicare ai collaboratori la chiara strategia di cui saranno partecipi,
al punto da sentirsi motivati nel dare il proprio contributo alla riuscita
dell’impresa. Se paragonata alla salute di una persona, possiamo dire che
questa logica produce effetti analoghi a quelli di una cura costante, per
evitare di ricorrere all’intervento farmacologico quando il problema diventa
acuto. L’obiettivo che mi sono dato è quello di migliorare le performance dei
collaboratori, riducendo il loro tempo di lavoro e garantendo così a ciascuno
di vivere con serenità anche altri aspetti conviviali della quotidianità, in
famiglia e con gli amici. Le crisi, come la malattia, dimostrano che occorre
mettersi costantemente in discussione per trovare un’altra qualità della vita
anche nei compiti che svolgiamo in ambito lavorativo.