VALORIZZIAMO I TALENTI DI CIASCUNO
Nelle sue interviste sul nostro giornale, lei ha sottolineato
spesso quanto sia importante valorizzare i talenti nell’impresa. Perché oggi
sta diventando così indispensabile?
Per valorizzare i talenti, l’imprenditore non può proporre lo
stesso percorso a tutti, ma deve offrire pari opportunità, cercando di capire
la direzione in cui ciascuno sta andando: in altre parole, anziché limitarsi a
cercare i collaboratori secondo le esigenze dell’azienda, dovrebbe integrare i talenti di ciascun collaboratore con il progetto e il
programma dell’impresa. Ma a questo punto occorre precisare che, quando
parliamo di talenti, non ci riferiamo semplicemente alle competenze tecniche: quando un’azienda come la nostra cerca un ingegnere per
sviluppare un progetto di analisi e testing delle fibre di carbonio, per
esempio, non può indicare come richiesta prioritaria del candidato la sua
competenza nel settore delle fibre di carbonio, ma deve piuttosto accertarsi
che egli abbia tutte le caratteristiche di intraprendenza, indipendenza,
responsabilità e propensione all’innovazione per divenire protagonista nello
sviluppo del nuovo ramo di attività che l’azienda intende avviare, perché un
ingegnere preparato riesce ad acquisire velocemente le competenze di cui
eventualmente è carente al momento dell’assunzione. Oggi più che mai,
considerando che le aziende non possono fare programmi a cinque anni, ma devono
fare slalom tra gli scogli – per riprendere la metafora dell’impresa come una
nave in mezzo all’oceano – non c’è bisogno di automi della competenza, ma di
collaboratori in grado di fronteggiare i repentini cambiamenti di rotta, in
grado di accorgersi quando le regole del gioco stanno cambiando e magari di
avanzare loro stessi nuove proposte per fare arrivare la nave in porto sana e
salva, nei tempi stabiliti.
Quanto conta il coinvolgimento di ciascun collaboratore nella
squadra?
Occorre rendersi conto che nessuno può portare la nave alla
meta da solo, neppure il capitano, mentre basta che un solo uomo, anche
l’ultimo dei mozzi, dimentichi una valvola aperta per farla affondare. Fare
team building allora è tanto più indispensabile per neutralizzare quell’uno che
rema contro, magari anche a sua insaputa. Ma sulla nave ciascuno deve fare bene
la sua parte e non ci sono ruoli secondari: comandante, timoniere, cuoco,
ciascuno ha il proprio compito, ciascuno deve dare il suo contributo e ciascuno
ha il diritto di vedere valorizzato il proprio ruolo e il dovere di contribuire
a valorizzare quello dei colleghi. Ecco perché è così importante coinvolgere
ciascuno e renderlo consapevole della responsabilità insita nel suo compito.
Ricordo spesso un episodio avvenuto nel periodo in cui lavoravo come dipendente
in un altro laboratorio: un’azienda cliente stava testando una macchina per una
nuova lavorazione con un olio particolare e noi abbiamo chiesto un prelievo
ogni cinquanta ore per monitorarne l’andamento. Al momento dell’ultimo
prelievo, abbiamo mandato un giovane stagista a ritirare il campione, ma
sfortuna volle che gli cadesse di mano. Naturalmente io andai su tutte le furie
e non riuscivo a capacitarmi dell’accaduto. A un certo punto, rivolsi lo
sguardo verso il giovane e vidi la sua espressione di stupore: “Mi scusi,
dottore, ma perché tutta questa sceneggiata per un po’ di acqua sporca?”.
Quell’acqua sporca erano mille ore di lavoro della macchina: adesso bisognava ricominciare daccapo. Sarebbe andato lui a
raccontare al cliente che gli era caduta la bottiglia?
Questo esempio indica quanto sia importante il coinvolgimento
nella squadra anche di chi ha compiti non specialistici: se il giovane avesse
saputo il valore di quel campione, avrebbe prestato molta più attenzione e
avrebbe evitato il peggio. Soprattutto in un’azienda come la nostra, che è al
fianco delle imprese più innovative del settore aeronautico, di quello
meccanico e dell’automotive, per testare i loro componenti già in fase di
progettazione, sarebbe assolutamente impensabile anche un semplice errore di
spedizione da parte di un ignaro magazziniere, che inviasse il campione di un
nostro cliente a un suo concorrente: una tragedia senza pari.
Quali sono gli strumenti per coinvolgere il più possibile i
collaboratori?
L’imprenditore deve organizzare momenti di incontro per
enunciare il progetto e il programma dell’impresa, in modo da renderli
consapevoli dell’importanza del loro ruolo. Se tuttavia un collaboratore
commette errori, nonostante il suo entusiasmo nei confronti dell’impresa non
sia venuto meno, il problema va affrontato in modo diretto: occorre un
intervento di tutoring da parte di un responsabile del suo reparto o di chi ha
la direzione, per capire come mai intervengono quegli errori e come fare per
evitarli, seguendo il collaboratore in difficoltà e aiutandolo ad acquisire gli
strumenti di cui ha bisogno. Purtroppo, c’è spesso la tendenza a considerare
chi fa errori una cosiddetta “boccia persa”. Così, vige il principio di
selezione, abbastanza frequente in ambienti dove regna l’alta specializzazione
ingegneristica e tecnica: i migliori vorrebbero circondarsi dei migliori,
perché ritengono una perdita di tempo insegnare al collega meno preparato.
Senza tenere conto che la stessa persona può avere difficoltà in un ambito, ma essere
eccellente in un altro. Se vince il pregiudizio, questa persona non riuscirà
mai a dare prova dei suoi talenti, perché verrà spostata di reparto in reparto,
senza che nessuno mai si impegni per capire che cosa non va.
Sono questi i collaboratori di cui abbiamo bisogno, quelli in
grado di far percepire ai loro colleghi che l’azienda non è un insieme di
persone che si ritrovano all’interno di un edificio per fare ciascuno il
proprio pezzetto di lavoro, ma una vera e propria squadra in cui la solidarietà
aiuta a vincere anche le battaglie più ardue.