DALL’IDEA ALL’ABITO: LA MANO INTELLETTUALE DI CREA SI
Armani,
Versace, Trussardi, Guess e altre grandi case di moda di tutto il mondo trovano
nella vostra azienda la mano intellettuale che traduce l’idea dello stilista in
un abito da indossare, che ha tutte le caratteristiche di vestibilità,
eleganza, bellezza, emozione e tecnica con cui è stato pensato. Come si svolge
il vostro lavoro?
Considerando che non
facciamo produzione in serie, per noi ciascuna volta è un capo nuovo, con tutte
le difficoltà che comporta affrontare sempre nuove combinazioni fra
lavorazioni, materiali, tessuti e modelli differenti. Per questo, credo che alla base del
nostro lavoro, oltre alle competenze tecniche, costantemente aggiornate, sia
indispensabile la sensibilità dei nostri collaboratori, prevalentemente donne,
che riescono a gestire dai
venti ai trenta progetti simultaneamente, interfacciandosi con
interlocutori ed esigenze completamente differenti fra loro.
A questo aggiungiamo l’utilizzo di tecnologie
all’avanguardia. Nel servizio di
modellistica per la realizzazione di cartamodelli per donna, uomo e bambino,
per esempio, abbiamo affiancato ai sistemi 2D la modellistica in virtuale 3D,
che consente la proiezione in anteprima di una modella con i capi progettati.
Questo sistema consente anche di realizzare sfilate virtuali, così i nostri
clienti possono presentare subito le collezioni in tutto il mondo, con
un’importante riduzione dei costi.
Durante la
prototipazione, il modellista può seguire direttamente le fasi di assemblaggio
dei capi, intervenendo in corso d’opera, se necessario, per avere il miglior
risultato in prima prova. Dopo l’approvazione dei prototipi, inizia l’attività
di realizzazione dei campionari.
Il momento della sfilata
è chiaramente la fase culminante del nostro lavoro, quello in cui possiamo
condividere con i nostri clienti la gioia che scaturisce nell’ammirare in
passerella i risultati di grande bellezza del nostro “saper fare” e della
nostra creatività unita alla loro.
Il vostro capitale intellettuale ha continuato a dare il
suo contributo di eccellenza alla moda in questi anni, nonostante la crisi e il
terremoto che ha colpito l’Emilia nel 2012 e ha danneggiato il vostro
capannone. Quali sono gli strumenti che le piccole e medie imprese come la
vostra possono adottare per il rilancio?
Devono contare unicamente
sulle loro forze, senza fare alcun affidamento sulla politica. Basti pensare
che in Emilia, a parte alcuni progetti finanziati dalla Regione, gli
imprenditori sono stati lasciati soli: non sono state adottate misure immediate
e certe per consentire alle aziende di ripartire, non è stata istituita una
free tax zone e c’è stato uno spostamento continuo della scadenza per il
pagamento delle imposte, mentre avrebbero potuto stabilire fin da subito una
rateizzazione spinta, molto lenta, per consentire alle aziende di fare
programmazione, cosa che invece pochi sono riusciti a fare. Questo è anche il
risultato di uno stato in cui le imprese devono pagare i costi di una
burocrazia inutile, che penalizza l’economia anziché essere al suo servizio.
Per fare il nostro esempio, nel 2012 abbiamo avuto una perdita di fatturato del
30 per cento, a causa del terremoto, nonostante abbiamo ricominciato a lavorare
una settimana dopo la scossa del 29 maggio. Ma siamo stati risarciti da un
premio assicurativo che è stato considerato un’entrata per l’azienda, quindi il
nostro bilancio risultava in attivo. Ebbene, per non pagare le tasse su questo
presunto attivo, abbiamo dovuto produrre una perizia giurata, con tutta la
documentazione relativa ai costi sostenuti, che invece avrebbero potuto essere
ricavati benissimo da una copia del bilancio. Ai limiti dell’assurdo: abbiamo
dovuto pagare un perito per dimostrare una perdita più che evidente. Senza
contare le tariffe degli studi professionali in quel periodo in queste zone,
c’era chi chiedeva dal 5 al 10 per cento del premio assicurativo. In pratica,
avremmo dovuto pagare 12.000 euro perché un perito facesse una serie di fotocopie
e le portasse in tribunale. A fronte di tanta disonestà, abbiamo cercato chi
potesse produrre la perizia al miglior prezzo e abbiamo trovato un consulente
che si è accontentato di 1500 euro. In casi come questo, che sono stati tanti,
sarebbe bastata un’autocertificazione, ma così sarebbero venuti meno gli
introiti per i rappresentanti delle corporazioni, tanto care alla nostra
politica.
Molto spesso la politica, anziché dare sostengo alle
piccole e medie aziende, si limita a dare le ricette per lo sviluppo, ribadendo
che devono fare rete, internazionalizzarsi e così via…
I nostri governi, quando
fanno qualcosa per favorire l’economia, tutt’al più si limitano ai contratti
per le nostre multinazionali all’estero. È vero che queste azioni possono avere
una ricaduta interna sui posti di lavoro, ma non dimentichiamo che il nostro
PIL è dato al 95 per cento dalle PMI. Se non si attuano misure per favorire le
PMI, il nostro paese non decolla. Si predica l’esigenza di andare all’estero,
ma come può una piccola impresa avere la forza per sostenere gli investimenti
che occorrono nella prima fase di internazionalizzazione? E quali sono gli
aiuti del nostro stato in questa direzione? Assolutamente inconsistenti, se non
inesistenti.