LA DOMANDA INTELLETTUALE 
Già per Martin Heidegger la mano
non è una delle due mani: “L’uomo non ‘ha’ mani – scrive il filosofo tedesco –,
ma la mano occupa, per disporne, l’essenza dell’uomo”. E distingue tra la
semplice presenza di una cosa, il suo “essere sotto mano”, e l’utilizzabilità
di una cosa per un certo fine, il suo “essere alla mano”, avviando le basi per
quella che Jacques Derrida chiamerà “fondazione secondo la mano”. Qui la mano non è più un organo, né “l’organo
degli organi”, come la qualificava Aristotele, per paragonarla alla psiche (“la
psiche è come la mano”, scriveva), definita “la forma delle forme”. In altri
brani, Aristotele faceva della mano il segno di distinzione degli umani dagli
animali, umanizzandola. Con ben altra arguzia, il pittore Giorgio De Chirico,
nel romanzo Il signor Dudron,
scriveva: “Se le mani degli uomini avessero avuto la forma della zampa di un
cane o di quella di un cavallo, niente di tutto ciò che è stato creato,
esisterebbe”.
Eppure, con Heidegger, la mano
resta nel finalismo, dunque nella dottrina dell’essere, dispone l’essenza. Non
è intellettuale, è strumento del pensiero, serve per pensare, va insieme con
l’idealità, quindi con l’idea che agisce, che passa all’azione. L’idea che
passa all’azione prevede la materia inerte, che la mano deve formare,
organizzare, manipolare. In questo modo viene mancata la lezione del
rinascimento, che con Leonardo aveva dissipato la dicotomia tra lavoro manuale
e lavoro intellettuale, per cui la mano intellettuale non si oppone alla
materia sostanziale, non anima la massa, non plasma il vaso, come voleva
Platone e come credeva il suo epigono, don Abbondio, che supponeva di essere un
vaso.
Come le cose, le stelle e – dopo
Galilei – la terra, gli umani sono in viaggio, ma non sono vasi, né di coccio
né di ferro. Il viaggio dell’arte e dell’invenzione, il viaggio dell’impresa di
ciascuno non è alla mano, si attiene alla mano intellettuale. Non è un viaggio
secondo le proprie idee o le proprie possibilità. Il viaggio secondo la mano è
il viaggio secondo la logica (da lògos,
parola), non secondo la logìa, il
discorso, la logica che plasma la materia inerte, che guida, che dà una mano,
che mantiene. Non c’è una logica manuale che si opponga alla logica mentale, la
mano non produce i fatti e la psiche non produce le forme. Sigmund Freud
chiamava inconscio questa logica intellettuale, e la riscontrava nella parola.
La mano non si oppone alla parola, è nella parola, anzi indica come la parola
non possa essere manipolata. “La parola secondo la mano”, scrive Armando
Verdiglione. La mano è la logica, è intellettuale, non perché si opponga alla
sostanza, a ciò che starebbe sotto la parola, bensì perché ne dissipa l’idea.
Nessuna logica che guidi la mano, nessuna mano sulla mano, o mano in mano, se
la logica, dunque la mano, è nella parola. Questa la fondazione senza
fondamento.
Il manufatto, il manifatturiero
non si oppongono alla comunicazione, non sono superati dall’era del software e
dei servizi: come indicano gli interventi degli imprenditori in questo numero,
il manufatto, come la mano, è nella parola, è l’effetto dell’industria come
struttura della parola, mentre il manifatturiero è il fare che si attiene
all’occorrenza secondo la logica particolare, secondo la mano. Non a caso
Heidegger accosta la parola greca keir,
mano, a kairòs, occorrenza.
Parodiando il detto di Anassimandro, potremmo dire che le cose si fanno,
procedendo secondo la mano, secondo occorrenza. E i manager che si attengano a
questa mano per la riuscita dell’impresa non possono far man bassa
sull’azienda, come accade talora. Occorre invece attenersi alla logica
dell’impresa, al suo idioma, alla sua particolarità. In un’altra manovalanza.
Nella parola secondo la mano, le
cose procedono dall’apertura, e non a caso c’è chi fa risalire la parola “mano”
al greco manòs, ovvero “non
compatto”, “non chiuso”, “aperto”. Quest’apertura è figura della relazione. La
relazione si avvale della stretta di mano, del dare la mano? In questo manum dare c’è il mandare, il mandato,
da cui il de manum dare, il
domandare. Questo domandare non può divenire un demandare, un affidare, un
confidare secondo il sistema delle relazioni sociali, in cui l’apertura diviene
copertura, come vorrebbe chi, innanzi alla crisi, ritiene che basti dare una
mano all’impresa, per esempio rilanciando la domanda o stimolando la domanda
interna. De manum dare: la domanda
secondo la mano intellettuale non è la petizione o la richiesta, la domanda di
aiuto o di amore, è la messa in atto di quella che Freud chiamava pulsione e
Machiavelli definiva forza, ovvero della dualità che non fa sistema,
dell’apertura che non diviene intersoggettività, condivisione, dono del tempo.
La crisi non sospende la domanda, non cancella la mano, indica semmai che la
domanda non è l’interrogazione corretta di Platone, non è sostanziale, non si
accontenta di facili risposte, di stimoli e di manipolazioni, cioè non si
lascia accogliere in un sistema.
La crisi esige che la domanda
intellettuale sia la domanda di
cifra, la domanda di qualità. Già con la domanda
s'instaura la questione intellettuale, quindi il dispositivo, il ritmo, non la
relazione intersoggettiva, dunque sociale. Anche quando la domanda
sembra richiedere l’assistenza, il consenso, la normalizzazione, la
sistematizzazione, occorre trovare il modo di riscontrare – per esempio in
strutture sociali come la scuola, il carcere, l’ospedale, la fabbrica –
l’istanza di qualità. Però, per questo non basta il management della qualità,
occorre il dispositivo di qualità, dispositivo di parola in cui, con la
domanda, le cose si rivolgono alla qualità.
Poiché non è l’interrogazione –
che fonda la risposta corretta – la domanda non esige risposta. L’accoglienza
non è la risposta alla domanda, come vorrebbe l’intersoggettività,
l’accoglienza è già una proprietà della domanda, da cui ciascun atto non può
prescindere. Dove si enuncia la domanda, la società s’instaura come
dispositivo di accoglienza, non di assistenza: per questo i regimi burocratici,
che vivono di assistenzialismo, temono la domanda che non si formuli attraverso
una corretta interrogazione. La domanda è intellettuale, è il
dispositivo intellettuale in atto, il dispositivo del transfert, il dispositivo
del viaggio.