LE REGIONI DELL'APERTURA

Qualifiche dell'autore: 
cifrante, segretario dell'Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna, responsabile a Bologna della Cooperativa Sociale "Sanitas atque Salus"

Sono molto grato a Aurelio Misiti per il suo libro Il viaggio dell’avvenire, con cui indica che qualsivoglia programma, culturale, economico, politico, non può essere che un programma dell’avvenire, non una marcia con lo sguardo progressivamente rivolto al passato. 
Con questa angolatura potremmo riprendere la questione del regionalismo. Come fare perché la nozione stessa di regione non rimanga confinata a un’accezione terragna, escludendo l’aspetto ineludibile dell’internazionalismo, e come fare perché ciascuna regione divenga anche una regione del cielo, cioè dell’apertura? In Italia, se l’ultimo esempio di nuova regione, il Molise, ebbe risvolti interessanti, in quanto ci fece conoscere una regione prima nota a pochi, dalla forte individualità e portatrice di valori interessanti, connessi soprattutto alla famiglia e al lavoro, ora assisteremo, con molta probabilità, alla nascita di una “nuova” regione, la Romagna, già tra le più note al mondo e con un’individualità particolarmente accentuata all’interno della regione politica in cui si trova inserita ora.
Il regionalismo può costituirsi, com’è avvenuto più volte nel passato, come una grande scommessa della cultura, connessa alla nozione di viaggio intellettuale. L’Europa come la conosciamo ora, e l’Italia in modo particolare, partite da pagine di scrittura prima che da armi o concordati, non si sarebbero mai potute costituire senza l’apporto dei viaggiatori intellettuali del Settecento e dell’Ottocento: M.me de Staël, Goethe, Lord Byron, Stendhal e infiniti altri. E senza l’apporto, tuttora da scoprire nella sua importanza, della psicanalisi, nell’inventare regioni culturali, come la mitteleuropa, nel riscoprire il valore e la valenza di altre, come fece Freud, in modo particolare con l’Italia e con alcune zone balcaniche, e soprattutto con l’integrazione tra viaggio inteso come movimento e viaggio come avventura intellettuale, contribuendo a un periodo di pace politica e di riflessione ignoto prima e dopo all’Europa. Con attenzione al fare, allo scrivere, al sentire. Le nazioni sembrano essere sorte dal pragma, non solamente dai trattati. Anzi, come ha sottolineato efficacemente Armando Verdiglione in una sua lettura di Vico, sono il pragma stesso; il fare degli umani, quindi, si sviluppa dove vi è intersezione tra struttura linguistica, struttura politica e struttura economica.