LA DIAGNOSTICA SISMICA A SUPPORTO DELLA PROGETTAZIONE E DEL COLLAUDO DEGLI INTERVENTI DI RESTAURO
Negli anni ottanta, quando ancora non si parlava dell’utilizzo dei materiali compositi per il rinforzo degli edifici, ho tracciato le linee guida sulla diagnostica nel restauro e nel consolidamento. Oggi, anche in seguito ai terremoti che hanno colpito diverse regioni d’Italia, è ormai assodata l’importanza del lavoro di equipe che vede quella collaborazione fra architetti, ingegneri e geologiche ho sempre raccomandato. E ci si rende sempre più conto di quanto sia importante ciascuna prova, che si tratti di prove sulla muratura, di caratterizzazione meccanica, di conoscenza delle stratigrafie e dei solai, di prove endoscopiche o di tutta una serie di classificazioni necessarie allo strutturista per eseguire calcoli e verifiche sismiche.
Diagnostica vuol dire conoscenza dell’oggetto su cui intervenire: prima di progettare un intervento di restauro di una statua come quella di cui ha parlato l’architetto Guido Cavina nel suo intervento a questo convegno, Restituire l’Emilia in qualità. Innovazioni, tecnologie e materiali per il restauro (27 marzo 2014, Salone del Restauro di Ferrara), per esempio, occorre sapere se all’interno sono presenti cavità o ferri; prima di costruire un parcheggio sotterraneo, occorre verificare se il terreno è adatto; i controlli su edifici storici servono a verificare l’esistenza di costruzioni in diverse fasi, anche attraverso la ricerca storica.
Quando si progetta un intervento, occorre tenere conto dell’utilizzo di materiali differenti e delle diverse condizioni climatiche alle quali un edificio è sottoposto. Nel 1985 tenni un convegno a Genova sul tema dell’umidità, ma il problema è ancora attuale: riscontro spesso che le murature di edifici restaurati non sono state desalinizzate e, pur utilizzando intonaci e materiali di ultima generazione, il problema permane.
Per quanto riguarda le verifiche sismiche, diversamente dal Sud America e altri paesi del mondo, dove abbiamo iniziato a eseguirle negli anni ottanta, in Italia abbiamo dovuto aspettare il 2001. Comprensibilmente, l’inizio di tali verifiche ha provocato uno choc, così come l’introduzione della normativa antisismica. Purtroppo, il mondo dell’edilizia recepisce molto lentamente le novità: nella seconda metà degli anni ottanta, per esempio, si utilizzavano le iniezioni di resine in ristrutturazioni di qualsivoglia natura, senza effettuare nessun tipo di analisi prima e di verifica poi, modalità che ha creato diversi problemi quando c’è stato il terremoto. Di recente, proprio in seguito al sisma che ha colpito l’Emilia, abbiamo introdotto indagini innovative come l’indagine geoelettrica ERT3D, un’indagine tridimensionale del sottosuolo al di sotto delle fondazioni. Com’è noto, nelle indagini comunemente svolte per la verifica sismica di un edificio, si effettuano una o due prove penetrometriche, una MASW (Multichannel Spectral Analysis of Surface Waves), un’analisi di frequenze caratteristiche e magari uno scavo fondazionale, ma generalmente non viene effettuata una verifica sulla caratteristica di resistenza del sottosuolo rispetto all’intero edificio. Quando abbiamo eseguito queste prove su un edificio danneggiato dal terremoto nel centese, a San Carlo, abbiamo scoperto che i danni strutturali non sono stati causati dalle onde sismiche, bensì dalla liquefazione del sottosuolo che ha raggiunto le fondamenta.
Proprio a partire dai risultati di queste verifiche, abbiamo chiesto i contributi per una nuova ricerca, che permetta di ottenere una mappatura reale del sottosuolo, considerando che non si possono ritenere esatte e immutate le condizioni osservate con le verifiche statiche sugli edifici, basate su un singolo scavo o su una prova penetrometrica non ripetuta.
Un’altra applicazione dell’indagine geoelettrica può essere utile per verificare la profondità delle fondazioni delle grandi strutture: nel caso della Torre della Sagra a Carpi, dove non si potevano effettuare scavi o sondaggi, siamo riusciti a determinare l’impronta delle fondazioni, profonde 3,5 metri.
In altri casi di edifici monumentali su cui non si potevano effettuare scavi, abbiamo utilizzato il sistema multisonda georadar. All’interno del cortile del Museo della musica a Mantova, per esempio, per evitare di forare le tubazioni con i sondaggi, abbiamo preventivamente effettuato prove con il sistema multisonda georadar che in quattro ore ci ha consentito di ottenere una mappatura del sottosuolo con sezioni stratigrafiche di 10 cm. da zero a 3,50 metri di profondità. Abbiamo anche rinvenuto una vecchia struttura rettangolare, a due metri di profondità, una preesistenza archeologica che potrà essere scavata in un momento successivo.
Nel caso del Palazzo della Ragione a Mantova, la Soprintendenza aveva vietato di effettuare scavi fondazionali e aveva imposto uno scavo archeologico: considerando l’eccessivo impiego di giorni e risorse economiche che richiedeva uno scavo di questo tipo, abbiamo preferito effettuare un solo scavo inclinato con l’utilizzo di una piccola trivella di 30 mm., che ci ha consentito di ottenere la geometria delle fondazioni.
Nel caso in cui l’intervento di restauro è diretto a strutture affrescate, consigliamo, come abbiamo fatto noi per il Palazzo del Podestà a Mantova, di interpellare un restauratore che realizzi saggi stratigrafici in grado di indicare dove effettuare le prove in assenza di pigmentazione della parete.
Infine, ricordiamo che ci occupiamo anche del controllo degli FRP, secondo la normativa del CNR, che indica di effettuare una prova di strappo, prove termografiche o prove ultrasoniche per verificare le fasciature degli edifici rinforzati con questi materiali. Fra i lavori che abbiamo effettuato in questo ambito, cito la sede della Camera di Commercio di Imola: poiché all’epoca non esistevano ancora la normativa e il modello, abbiamo ideato e costruito noi stessi gli strumenti per effettuare le verifiche.