FRCM, COMPOSITI A MATRICE A BASE CALCE PER IL RECUPERO STRUTTURALE DEGLI EDIFICI STORICI: PREGI E DIFETTI

Qualifiche dell'autore: 
professore ordinario, direttore CIRI Edilizia e costruzioni, Università di Bologna

Da sempre considerati materiali di alta ingegneria, i compositi sono nati per applicazioni sul cemento armato, dove è necessario rispondere a grandi sollecitazioni e, solo negli ultimi dieci anni, hanno trovato spazio nel recupero degli edifici in muratura. L’esperienza più recente e più significativa in questo senso è quella che riguarda il processo di recupero post-sismico dei centri città emiliani.

In questi mesi, sempre più frequentemente, i tecnici stanno affrontando i problemi delle vulnerabilità riscontrate negli edifici storici in muratura danneggiati dal sisma, con l’utilizzo di materiali compositi.

Il concetto che deve essere chiaro, in primis a chi progetta il restauro, è che i materiali compositi devono essere considerati qualcosa di più di un rimedio temporaneo di contenimento: se correttamente utilizzati, rappresentano lo strumento più appropriato per la preservazione dai meccanismi di vulnerabilità sul lungo periodo.

In una seconda fase il concetto che deve essere chiaro è che la loro corretta messa in opera necessita di conoscenze specifiche da parte degli operatori e di essere adattata alle esigenze dell’elemento da recuperare.

In Emilia i materiali compositi hanno consentito il recupero funzionale di edifici storici anche molto differenti tra loro – dagli edifici di culto alle antiche case coloniche – per materiali costruttivi e problematiche esistenti.

La criticità più ricorrente riguarda la scarsa qualità della muratura. Poiché negli ultimi quarant’anni si è privilegiata la facilità costruttiva a discapito della resistenza nel tempo, troviamo coperture spingenti su murature di colmo: uno degli esempi più rilevanti su cui agire utilizzando tecnologie innovative.

Lo stato degradato delle mura e la scarsa resistenza intrinseca hanno spesso costretto i progettisti a cambiare il percorso dei lavori, dovendo fare prima di tutto un intervento sulla muratura, per poi passare al fissaggio della struttura generale. Questa problematica è stata riscontrata anche in edifici importanti come i municipi e gli edifici storici in genere, in cui sono presenti affreschi o strutture architettoniche rilevanti dal punto di vista culturale, e dove diventa ancora più difficile intervenire, dovendo lavorare sulla struttura portante, senza danneggiarne la superficie. A monte di un progetto di restauro di una struttura in muratura, è fondamentale lo studio delle specificità dell’oggetto d’intervento, in modo da ottimizzare la scelta di impiego nel vasto patrimonio tecnico dei materiali compositi.

Una delle domande che più spesso mi viene rivolta è se possa essere davvero efficace e decisivo un intervento di miglioramento antisismico, a fronte delle spese che comporta. Rispondo citando l’esempio del castello di Finale Emilia: su metà del castello il Comune era intervenuto di recente con un adeguamento antisismico e, per la prosecuzione dei lavori sull’altra ala, si stavano attendendo i fondi del 2013. Al verificarsi del terremoto, la metà su cui si era operato è rimasta indenne, l’altra è crollata. Nel dettaglio, erano state inserite incatenature atte alla dispersione delle spinte a vuoto provocate dal sisma. Dunque la mia risposta è affermativa: sui beni culturali gli interventi di risanamento sono fondamentali, sempre se condotti in maniera corretta. L’utilizzo dei compositi, dove occorre, può essere una buona soluzione ai fini dell’intervento.

Un’altra problematica caratteristica del post-terremoto riguarda i distaccamenti di cantonali causati dalla spinta del diagonale sulla copertura. In questo caso l’intervento è volto a ricucire e assorbire le spinte verso l’esterno esercitate dal cantonale nel momento di vibrazione della copertura. Ancora, abbiamo agito su ribaltamenti di muri di facciata, frequentissimi, inserendo nastri fino a garantire una vera e propria chiusura su tutto il bordo superiore dell’edificio adatta ad assorbire le spinte. Gli schemi progettuali sono semplici e ricorrenti, delineati dopo attente verifiche che evitino di imporre rigidità circoscritte a edifici storici, generalmente mobili. Il primo passo deve comunque essere il consolidamento della muratura, per poi applicare i compositi allo scopo di migliorare la capacità di assorbimento delle trazioni. Nel caso dei compositi a matrice cementizia, utilizziamo lo stesso materiale con cui andiamo a fare il consolidamento per l’applicazione del materiale di rinforzo – reti, nastri – facendo passare il cemento o la calce attraverso il composito affinché s’impregni correttamente. L’aderenza fra queste matrici e le fibre è fondamentale, le caratteristiche che ne risultano sono molto importanti.

 Grazie alle caratteristiche di non invasività di queste nuove applicazioni, i risultati del processo di restauro dei centri emiliani saranno evidenti e riusciranno a ristabilire la sicurezza e l’agibilità, lasciando immutato l’aspetto architettonico e paesaggistico dei luoghi.