MATERIALI COMPOSITI PER L'ADEGUAMENTO E IL MIGLIORAMENTO SISMICO
La nostra esperienza nel restauro di edifici tutelati dai Beni Culturali risale a vent’anni fa, quando, per primi in Italia, abbiamo introdotto – in collaborazione con Angelo Di Tommaso, professore dell’Università di Bologna – le tecnologie dei compositi in edilizia. Da allora, abbiamo contribuito alla ristrutturazione statica e architettonica di importanti monumenti (fra cui la basilica di San Petronio a Bologna, quella di Sant’Antonio a Padova e la Reggia di Venaria Reale a Torino) e alla messa in sicurezza della basilica delle Anime Sante a L’Aquila.
Il nostro Gruppo, in collaborazione con FTS (Fibre Tessuti Speciali) – con una struttura produttiva di 70 telai –, progetta e commercializza, oltre ai tessuti, i sistemi completi di rinforzo, che comprendono connettori, lamine, barre, reti, cavi, resine epossidiche e le nuove resine IPN, che discuteremo nel dettaglio.
Un messaggio importante che vogliamo trasmettere agli architetti emiliani impegnati nella ricostruzione e ai loro Ordini – che hanno collaborato all’organizzazione del convegno Restituire l’Emilia in qualità. Innovazioni, tecnologie e materiali per il restauro (27 marzo 2014, Salone del Restauro di Ferrara) – è che la progettazione del materiale composito è indispensabile per la riuscita dell’intervento, e soltanto chi ha un’esperienza sia nella ricerca sui materiali sia nella loro applicazione è in grado di garantirla.
Quando, nel 1986, il Giappone fu devastato da uno dei più disastrosi terremoti della storia, si scoprì che le fibre di carbonio, cinque volte più resistenti dell’acciaio e in grado di dissipare l’energia di deformazione, potevano essere impiegate nel recupero e nel rinforzo delle strutture danneggiate.
Ne abbiamo avuto una prova recentemente in provincia di Modena: i campanili di Ganaceto e di Lesignana e altri edifici, che erano stati oggetto di interventi di rinforzo negli anni precedenti al terremoto, non hanno riportato alcun danno, diversamente dagli edifici adiacenti.
Lo stesso possiamo dire della navata centrale di San Petronio a Bologna, rinforzata con fibre di carbonio nel 1999, che è rimasta intatta, mentre le navate laterali, non rinforzate, hanno subito alcuni danni.
Il carbonio è la fibra che ha le migliori caratteristiche per questo tipo di applicazione, mentre le barre in acciaio tendono a ossidarsi, gonfiarsi e spaccarsi. La resistenza a fatica di un composito è incredibilmente più elevata di quella dell’alluminio. Il carbonio è il materiale dell’avvenire: si flette, assorbe l’energia d’urto e la dissipa; lo vediamo negli incidenti di Formula 1 come nelle vibrazioni prodotte dai terremoti.
Ma perché è così importante che i progettisti si affidino a chi conosce i materiali e il loro comportamento? I compositi sono costituiti da una matrice con un rinforzo in fibra continua: la fibra prende i carichi mentre la matrice prende la forma dell’oggetto e trasferisce i carichi alle fibre. Senza una buona coesione fra fibra e matrice, il modello non funziona.
I rinforzi vengono applicati all’esterno e gli adesivi sono eccezionali, ma se il supporto non è adeguato, potrebbe distaccarsi per delaminazione, per taglio. Per questo occorre l’uso di connettori.
Le fibre di carbonio, rispetto alle altre (basalto, vetro, aramidiche, che noi stessi produciamo) offrono una grande garanzia di durata e di resistenza al fuoco, grazie alla loro struttura cristallina. Anche la loro resistenza chimica è enorme, tanto che, per renderle aderenti alle resine, i produttori di queste fibre sono costretti a ricorrere a ricercati procedimenti elettrochimici per adeguarne la struttura superficiale e renderla compatibile alla resina. Le fibre di carbonio di fatto possono dare garanzie di durata per tempi estremamente elevati.
Dal punto di vista della scelta progettuale occorre considerare che il carbonio cambia il quadro fessurativo del supporto a cui lo si applica. Avendo uno spessore inferiore al millimetro, non aggiunge rigidezza alla struttura, anche se la fibra in sé è estremamente rigida. Un muro rinforzato in fibra di carbonio si deforma come se la fibra neanche ci fosse, la variazione a questo livello è minima: in seguito alle sollecitazioni sismiche, si creeranno micro fessurazioni nella parete che però, cessato lo sforzo, si richiuderanno grazie al richiamo perfettamente elastico del carbonio.
Oggi si sta diffondendo l’utilizzo diretto delle fibre nelle malte, che semplifica la messa in opera e aumenta la traspirabilità, la resistenza alla fiamma e la resistenza termica (fino a 150 gradi per le malte). Ma per garantire l’adesione fra la fibra e la matrice occorre aggiungere elementi polimerici, prestando attenzione a non compromettere la traspirabilità. Per raggiungere un’adesione ottimale con l’utilizzo di un vasto numero di malte, abbiamo messo a punto il nuovo tipo di resina a cui accennavo, le resine IPN (Interpenetrated Polymer Network), che consentono di ottenere una perfetta adesione delle malte alla fibra. Questo sistema, Betontex IPN, sta funzionando molto bene. In oltre un anno di test eseguiti al CIRI Edilizia e Costruzioni dell’Università di Bologna, sotto la guida del professor Marco Savoia, abbiamo verificato che resiste a trazione oltre 500 N per centimetro di larghezza del pannello (di calce), grazie al rinforzo con una semplice rete in fibra di vetro alcali-resistente e otre 1000 N per centimetro di pannello con una rete in fibra di carbonio. Inoltre in tutti i casi si giunge alla rottura, ma non allo slittamento, della fibra: prova di un comportamento macroscopico perfettamente elastico dell’elemento di rinforzo applicato sul substrato.
Questa nuova tecnologia rappresenta un notevole salto di qualità delle tecniche dei materiali compositi per il recupero di strutture edilizie, in quanto di colpo supera tutte le carenze che i sistemi epossidici potevano presentare in presenza di strutture storiche da riqualificare.