ARTE E INVENZIONE PER LA RESTITUZIONE IN QUALITÀ

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Qualifiche dell'autore: 
psicanalista, cifrematico, direttore dell’Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna

Il convegno Restituire l’Emilia in qualità. Innovazioni, tecnologie e materiali per il restauro (27 marzo 2014, Salone del Restauro di Ferrara) è l’occasione per riflettere intorno al restauro come restituzione in qualità. Solitamente si discute se un bene vada restituito “com'era”, “dov'era”, “dov'era ma non com'era”, “come prima” o “meglio di prima”. Abbiamo organizzato numerosi dibattiti nelle più importanti città d’Italia, sul tema del restauro ─ alcuni pubblicati nel libro di Roberto Cecchi, Il restauro (Spirali) ─, per mettere a confronto sovrintendenti, assessori all'urbanistica, progettisti e costruttori. Soprattutto quando un progetto di recupero interessa intere aree urbane, come nel caso delle province emiliane colpite dal sisma, occorre interrogarsi intorno alla testimonianza materiale di civiltà del bene culturale in sé, ma anche del contesto in cui è inserito. In questo senso, l’antico e il nuovo devono trovarsi in uno scambio costante. Per restituire il patrimonio alla civiltà, la valorizzazione della memoria non può avvenire all'insegna del conflitto e delle dispute tra Beni culturali e Comuni, tra architetti e ingegneri, tra l’antico e il moderno, ma attraverso il confronto e l’integrazione.
Mai come in questo momento, occorre restituire la memoria attraverso i monumenti che sono stati per anni o per secoli elementi costitutivi delle nostre città. Ma la memoria non è la somma dei ricordi, è arte e invenzione che si scrivono e si qualificano. Il restauro è esso stesso arte e invenzione, non opera secondaria, come vorrebbe una certa classificazione gerarchica delle arti, che assegna all'inventore un primato rispetto a chi interviene nell'opera di restauro: basti considerare quanti interventi si sono susseguiti nei secoli in un edificio storico per intendere la portata del restauro come opera in cui l'ingegno dell'architetto che lo ha progettato deve essere almeno di pari livello, la differenza sta solo nell'ideazione dell'oggetto non nella sua progettazione. Le innovazioni, le tecnologie e i materiali compositi di cui parliamo in questo convegno ─ anche grazie alle testimonianze dei produttori, dei progettisti e dei costruttori che intervengono ─ sono strumenti straordinari per l'arte e l'invenzione del restauro, perché consentono di restituire il bene sicuramente meglio di prima, senza appesantirne la struttura e lasciando il più possibile gli elementi costitutivi del suo testo.
Molto spesso, purtroppo, nel dibattito intorno al restauro vengono contrapposte da una parte la città del patrimonio culturale, della tutela e della conservazione e dall'altra la città del fare e dell'impresa. E l'amministrazione dei beni culturali finora ha sviluppato la conservazione dell'esistente, più che realizzare grandi progetti di valorizzazione del patrimonio. Come sostiene invece Roberto Cecchi nel libro I beni culturali. Testimonianza materiale di civiltà (Spirali), la tutela non sta solo nei vincoli, il restauro non sta nel mantenere il passato quando non c'è più; il bene culturale non è soltanto un oggetto estetico da preservare, ma una testimonianza materiale di civiltà. “In materia di restauro ─ scrive l’Autore ─ ciò che non è legittimo è sottrarre materia al documento della storia, mentre si dà per lecita la possibilità di aggiungere”.
Mai come in questo momento in Emilia, occorre un approccio in cui, come dimostra il caso di Ardea Progetti e Sistemi Srl ─ che è stata pioniere nello sviluppo e nell'applicazione dei compositi in edilizia, anche attraverso una collaborazione costante con l’università ─, la ricerca e l’impresa trovino un’integrazione costante, perché ciò che si aggiunge non toglie nulla al contesto. Troppo spesso regna invece il luogo comune che demonizza la macchina e la tecnica come se fossero nemiche dell’uomo e della natura, come se la città, la vita, la stessa natura potessero fare a meno dell’invenzione (mechanè, macchina, in greco voleva dire congegno, invenzione) e dell’arte (téchne, tecnica, in greco significava arte). Come ricorda Lino Antonio Credali negli articoli pubblicati nel nostro giornale, non sono i terremoti a produrre disastri, ma i crolli degli edifici, che potrebbero essere evitati con l’uso delle tecnologie innovative di cui parliamo oggi, utilizzate in Giappone fin dagli anni ottanta. La città della macchina e della tecnica è una città in viaggio, per cui il restauro non può limitarsi a osservare e conservare l’esistente, esige tanto la ricerca quanto l’impresa: da una parte, l’analisi del dato materiale del monumento, il suo palinsesto materico, ciò che consente d’interrogare la materia della storia e, dall'altra, la produzione di materiali e tecnologie in grado di restituire la memoria del monumento anche sulla base del programma dell’avvenire. Questa è un’occasione straordinaria per restituire l’Emilia come non è mai stata, per pensare, progettare e programmare interventi di valorizzazione delle nostre città, in cui la cultura e l’arte non sono relegate ai presunti luoghi di elezione. È un’occasione perché ciascuno divenga protagonista del viaggio in direzione della qualità, anziché delegare la parola e il fare secondo il criterio della competenza. Il terremoto che è arrivato nella terra dei motori è un terremoto intellettuale: se proprio ce ne fosse stato bisogno, ci ha ricordato che nulla è fermo e nulla può essere dato per scontato e acquisito una volta per tutte. Per questo, l’architetto, l’ingegnere, il costruttore, il produttore di materiali e tecnologie per il restauro non possono limitarsi all'esecuzione di compiti come esperti nella loro materia, devono instaurare dispositivi di parola e di ascolto fra loro, con i committenti e con le autorità, devono mettersi in viaggio, come noi, come il nostro pianeta, che, lungi dal correre il pericolo di essere inquinato e distrutto dalle macchine, non può più vivere senza le arti e le invenzioni che hanno da sempre accompagnato l’uomo e la civiltà.