RILANCIARE L'EDILIZIA PER RIQUALIFICARE LA CITTÀ
Lei è alla guida di un’impresa di costruzioni che ha superato mezzo secolo di attività. In questa fase dell’economia, soprattutto nel settore edile, quanto e in che modo incide sull’operato delle imprese l’interlocuzione con gli istituti finanziari?
La banca è un particolare tipo di fornitore dal momento che la finanza è una materia prima come le altre ed è quindi essenziale all’azienda. All’epoca in cui mio padre ha avviato l’omonima impresa di costruzioni era uso ricorrere all’autofinanziamento come strumento per investire nei propri progetti. Oggi questo non è più possibile. La banca dunque deve assumersi il rischio di finanziare un progetto di impresa, nel mio caso specifico ad esempio l’apertura di un nuovo cantiere. Spesso, però, il rapporto tra banca e cliente è unilaterale e si caratterizza per un’asimmetria all’interno del rapporto contrattuale, in cui è la banca che chiede garanzie sulla base del rating dell’azienda. Se è essenziale che l’imprenditore fornisca informazioni sull’azienda in modo assolutamente trasparente, è altrettanto vero che per valutarne il progetto contano anche il suo itinerario imprenditoriale e la qualità che produce. Inoltre, l’imprenditore è tenuto a chiedere a sua volta precise garanzie affinché, ad esempio, l’accordo siglato con la banca non subisca variazioni a causa di disposizioni successive e interne all’istituto di credito.
Forse le banche non scommettono abbastanza sulle imprese di costruzione perché sono percepite nel sociale come fautrici del consumo di territorio…
Io credo che in Italia predomini una mentalità eccessivamente conservatrice quando si tratta di riqualificazione urbana e di costruzione. La riqualificazione è un elemento fondamentale per la vita delle città. A Bologna, ad esempio, esistono interi quartieri che non sono più funzionali, che ospitano edifici vecchi e, di conseguenza, a forte dispersione energetica. Questi stabili sono perfino carenti dal punto di vista estetico, oltreché scomodi per le persone che vi abitano perché senza ascensori e senza garage, sono dunque dannosi anche per l’impatto che ne deriva sulle strade limitrofe. Senza considerare che, quando un’aerea perde la sua funzionalità, facilmente subisce un processo di degrado. La città è un organismo vivente, perciò è naturale che sia costituita da elementi architettonici di epoche diverse. Tuttavia, non necessariamente il passare del tempo implica il valore artistico di un oggetto. Riqualificare significa mettere in discussione l’attuale ideologia secondo cui urbanizzare equivale a sottrarre suolo al territorio.
Il nuovo Regolamento Urbanistico Edilizio (RUE 2009) prevede che gli edifici costruiti almeno cinquanta anni fa, indipendentemente dal loro valore storico o artistico, siano automaticamente vincolati. Per intervenire su edifici di questo tipo bisogna fare una richiesta di procedura di svincolo che prevede tempi molto lunghi ed è sottoposta alla discrezionalità degli organi di tutela. Eppure, basta considerare quello che è stato costruito nel centro di Parigi, in cui spicca il modernissimo centro d’arte Centre Pompidou di notevole valore artistico, che rompe nettamente con la tradizione architettonica degli edifici che lo circondano, senza danneggiare minimamente la bellezza dalla città, anzi arricchendola.
Dal suo osservatorio speciale può indicare quali sono gli elementi su cui scommettere per modernizzare la città?
Bologna risente della carenza di infrastrutture e questo si coglie specialmente quando, durante gli eventi fieristici, si creano notevoli disagi alla viabilità. Dunque, il primo aspetto su cui puntare è sicuramente un nuovo piano di infrastrutture per agevolare gli spostamenti. Inoltre, Bologna è sempre stata considerata la perla italiana per i suoi servizi, ma ha dato per scontate le sue punte di eccellenza, fra cui c’era anche l’Università. Un’amministrazione che ha sottoposto al regime della burocrazia ogni componente produttiva del territorio ha smesso di scommettere sulla modernità. È un meccanismo che dura ormai da trent’anni e ha coinvolto anche il settore edilizio. Puntare sulla riqualificazione gioverebbe in termini di qualità urbana e di rilancio economico: non dimentichiamo che, quando l’imprenditore chiede un permesso di costruzione, paga all’amministrazione ingenti oneri di urbanizzazione, creando nuovi posti di lavoro. Le aree demaniali, ad esempio, sarebbero un ottimo investimento per le grandi imprese di costruzione, ma purtroppo non trovano investitori quando sono messe all’asta, perché manca chiarezza rispetto alle possibilità concrete di utilizzo di queste aree.
L’edilizia è un bene che rimane alla città ed è funzionale alla sua crescita. Non so dire quanto il predominio della burocrazia in questo settore sia voluto o sia solo il frutto di una tendenza un po’ ossessiva a normare qualunque cosa, ma è il momento di incominciare un cammino di collaborazione autentica che abbia a cuore la cosa pubblica.