ARTE E CULTURA DELL'IMPRESA
Il tema di
questo numero, La macchina e la tecnica,
ci consente di esplorare in che modo l’invenzione e l’arte sono costitutive del
viaggio di un laboratorio di eccellenza come TEC Eurolab, che ha puntato al
capitale intellettuale fin dal suo sorgere…
La nostra priorità è sempre stata quella di collaborare con
i clienti per contribuire allo sviluppo e al perfezionamento dei loro prodotti.
All'inizio dell’attività, ci siamo dotati di tutte le macchine atte a
rispondere a tali esigenze, in particolare per settori come l'aerospaziale,
l'automotive, il packaging, ed in generale il manifatturiero, dove
qualità dei materiali, precisione delle lavorazioni e affidabilità in
esercizio, costituiscono valore aggiunto per il prodotto.
Dopo qualche tempo, ci siamo resi conto che servire il
cliente non voleva dire soltanto offrire ciò che ci chiedeva ─ per esempio
l’esecuzione di un test di resistenza meccanica di un materiale ─, ma dovevamo
mettere al centro del nostro servizio il capitale intellettuale: sviluppare e
valorizzare il nostro contributo, andando oltre le competenze tecniche
necessarie all'esecuzione dei test, per spingerci su livelli che ci
permettessero una maggiore comprensione delle esigenze del cliente e una
maggiore possibilità di interazione con lui verso la realizzazione dei suoi
obiettivi. Dovevamo mettere il capitale intellettuale in condizione di
esprimersi al meglio, dovevamo cioè mettere a disposizione dei nostri tecnici le
migliori apparecchiature e le migliori tecniche d’indagine disponibili, affinché
potessero sviluppare il loro contributo basandosi su dati e informazioni
accurate, affidabili. E questa è stata una svolta importante in direzione di
quell'approccio che affonda le sue radici nel rinascimento: mettere al centro
l’artista vuol dire fornirgli gli strumenti del mestiere per consentirgli
d’inventare un’opera d’arte che è frutto del suo genio, anziché sprecare il suo
talento facendogli fare copie di opere altrui. E il paragone non è casuale: a
chi mi chiede perché abbia deciso di divenire imprenditore, rispondo che, non
sapendo né dipingere né scolpire, mi sembrava l’unico modo per esprimere
qualcosa di particolare. Allora, se per i primi anni abbiamo dovuto seguire la
domanda di servizi consolidati ─ in altre parole, ci siamo esercitati a “fare
copie” ─, quando abbiamo capito che bisognava porre il cervello del tecnico a
disposizione del mercato e alimentare le sue esigenze d’innovazione, abbiamo
incominciato la nostra vera opera, o meglio, siamo stati in grado di
collaborare attivamente alle opere dei clienti, anziché restare nel ruolo di
meri esecutori delle prove richieste.
Mettere al centro il cervello vuol dire rendersi conto che
la macchina e la tecnica non si possono acquistare, sono l’invenzione e l’arte
di un’impresa. Chiunque avrebbe potuto acquistare gli scalpelli che utilizzava
il Buonarroti, ma per realizzare le sue opere occorrevano lui e gli uomini
della sua bottega. Per questo non basta acquistare tutte le macchine che
abbiamo qui per avere un laboratorio uguale al nostro, occorrono tutti gli
uomini che, con il loro patrimonio tecnico e intellettuale, riescono a farle
funzionare ad arte. Questo vuol dire che non si limitano a seguire il libretto
delle istruzioni d’uso, ma esplorano le funzionalità più impensabili, proprio
come gli artisti con i loro attrezzi. Durante una recente visita al Museo Van
Gogh, la guida sottolineava l’utilizzo che il grande Artista faceva di
strumenti che non erano stati ideati per dipingere: non solo la spatola, ma
anche una specie di cucchiaino, che usava per spalmare il colore o per
asportarlo quando era in eccesso e a volte andava a sostituire completamente il
pennello. Qualcosa di simile sta accadendo in TEC Eurolab: abbiamo acquistato
l’apparecchiatura per la tomografia industriale per dare la possibilità ai
nostri clienti di esplorare l’interno di componenti e materiali, viaggiando nei loro
strati, sezione per sezione, senza aprire, danneggiare o modificare in alcun
modo l’oggetto ispezionato. Oggi i nostri tecnici stanno cominciando a
pensarne un utilizzo molto più esteso, che supera ogni aspettativa, per esempio
in fase di reingegnerizzazione, quindi modifica, sviluppo, di un prodotto: le informazioni ottenute
da una scansione tomografica sono materiale inestimabile per i progettisti e
consentono di ridurre drasticamente i tempi e i costi di ricerca e sviluppo. Questa è arte
e invenzione.
Purtroppo, nel
discorso occidentale la macchina è stata spesso demonizzata, come qualcosa che
va a scapito dell’uomo e della società, anziché favorirne la crescita…
L’epoca in cui il lavoratore veniva considerato alienato
perché non conosceva l’intero processo di produzione di un bene, ma solo un suo
segmento, è tramontata da decenni e forse in Italia ─ con il suo 95 per cento
di imprese piccole e medie ─ non è mai incominciata. In ogni caso la macchina
non è altro che una meravigliosa estensione dell’uomo, è frutto del suo ingegno
e ne favorisce il continuo sviluppo. La macchina, la tecnologia, la conoscenza
in generale, non è mai a scapito dell’uomo. L’utilizzo che se ne fa può
esserlo. Ma non credo occorra approfondire: viviamo in una regione dove le
macchine in generale ─ e il motore in particolare ─ sono nel DNA di ciascuno,
non le abbiamo mai considerate nemiche, anzi. Piuttosto sarà bene continuare a
guardare avanti e immaginare un futuro di macchine sempre più amiche, anche
nell'aiutarci alla sostenibilità ambientale.
A parte gli
anni del dopoguerra, la crescita delle nostre aziende non è stata favorita,
anzi, è stata e continua a essere ostacolata sia dalla politica sia dalla
finanza…
Nel dopoguerra, molte regioni come la nostra hanno goduto
degli effetti di un’organizzazione della raccolta del risparmio finalizzata
allo sviluppo dell’economia locale: la finanza ha cioè contribuito al sorgere di
realtà del made in Italy oggi famose nel mondo. È un miracolo che non si è più
ripetuto, oggi meno che mai: con l’avvento della globalizzazione, la finanza,
anziché essere collante della società, draga la ricchezza dei nostri territori
per alimentare flussi a noi sconosciuti. Oggi un’azienda di piccole dimensioni
ha poche possibilità per attuare una crescita significativa: spesso occorre
cedere l’azienda. Ma la cessione di un’azienda non è solo trasferimento di
quote capitale, è trasferimento di cervello. Progetti, disegni, know-how,
decisioni, vengono trasferiti altrove e qui, fortunatamente solo a volte, resta
una macchina per fotocopie, fino a quando qualcuno, molto lontano, deciderà che
le fotocopie costa meno farle da un’altra parte. Anche nel nostro settore
diversi laboratori sono finiti in mani straniere e ormai, a parte il nostro e
pochi altri, che potrebbero essere ceduti da un giorno all'altro, in Italia non
ci sono più laboratori ed enti di certificazione di media dimensione che non
siano stati acquisiti da gruppi esteri, per lo più del nord Europa. Il rischio è
che le nostre aziende di eccellenza siano costrette a controllare i propri
prodotti e prototipi in laboratori che hanno la casa madre nei paesi dei loro
principali competitori. Purtroppo è una questione di cultura, cioè di cervello,
non di pancia, e quindi abbiamo scarse possibilità che politica e governo
dedichino attenzione a preservare e sviluppare il patrimonio di competenze che
i laboratori industriali pongono al servizio dell’industria manifatturiera e in
ultima analisi della qualità, dell’affidabilità, della competitività del made
in Italy. Un paese come il nostro, con decine di settori in cui siamo leader, dovrebbe
considerare un simile problema all'interno di una politica industriale volta a
salvaguardare tali eccellenze.
Occorre sviluppare visioni politiche e finanziarie adeguate
a sostenere le nostre imprese. Occorre reindirizzare le risorse finanziarie verso
la creazione del valore, tangibile e intangibile, caratteristico del made in
Italy, contribuendo così alla creazione di quei posti di lavoro di qualità che
generano poi benessere e coesione sociale.