ARDEA RISPONDE ALLE DOMANDE DEGLI ARCHITETTI SU CASI DI APPLICAZIONE DEI COMPOSITI
Come si possono progettare e dimensionare i rinforzi in fibra di carbonio?
La tecnologia è nota e le modalità di calcolo e di verifica sono supportati da documenti tecnici ufficiali tra cui le Istruzioni per la Progettazione, l’Esecuzione e il Controllo di Interventi di Consolidamento Statico mediante l’utilizzo di Compositi Fibrorinforzati CNR DT/200.
La novità più importante per un tecnico è rappresentata dalla possibilità di progettare il materiale di rinforzo definendone la geometria e la composizione. In funzione del particolare problema da risolvere, il progettista può scegliere tra diverse tipologia di fibre di rinforzo (vetro, aramide, carbonio) o combinazioni di tali fibre, può definire come deve essere fatto il rinforzo (tessuti unidirezionali, bidirezionali, multiassiali), può definire la quantità di rinforzo e la sua distribuzione nel tessuto, può scegliere la matrice, quindi in definitiva progetta il materiale di rinforzo in funzione dell’obiettivo prestazionale da raggiungere.
Nel progettare il rinforzo, uno dei parametri più importanti è la definizione della sezione di rinforzo da applicare. Attenendoci agli aspetti prettamente tecnologici, le schede tecniche dei vari tipi di rinforzo riportano lo spessore della fibra, che si ricava dal peso del nastro diviso per la densità della fibra, il carico di rottura, il modulo elastico e la deformazione ultima. Questi ultimi parametri devono essere sempre riferiti al nastro di rinforzo e non al singolo filo che compone il tessuto.
Come si può definire un capitolato di progetto dopo aver dimensionato il rinforzo?
Una volta progettato il tessuto e scelta la matrice, un’altra opportunità per il progettista, sempre in funzione dell’obiettivo che si è prefisso, è rappresentata dalla definizione del ciclo di applicazione. Ciclo di applicazione che di volta in volta potrà essere calibrato in funzione dello specifico problema strutturale da risolvere. Non esiste quindi un’unica procedura standard valida per tutte le applicazioni bensì numerose possibili soluzioni tecnologiche a disposizione delle specifiche esigenze del progettista. La compilazione del capitolato è un aspetto essenziale del lavoro del progettista perché garantisce che quanto viene stabilito verrà poi effettivamente realizzato in cantiere: il capitolato non si può limitare a fornire informazioni generiche tipo ‘applicazione di rinforzo in carbonio’ o ‘applicazione di nastro in carbonio’, come spesso accade, bensì deve definire la tipologia del rinforzo (carbonio, vetro, aramide), la grammatura, le dimensioni geometriche, le caratteristiche meccaniche e infine le modalità applicative.
Nei capitolati regionali delle zone terremotate sono definiti i sistemi di rinforzo, ad esempio per una trave o per un nodo trave pilastro...
In linea di principio queste definizioni sono presenti; tuttavia occorre considerare che, contrariamente a quanto avviene per i materiali tradizionali, scelti sulla base delle loro caratteristiche, i materiali compositi possono essere progettati in funzione della loro applicazione.
I capitolati regionali, dovendo coprire un’ampia gamma di problemi, hanno carattere generale per cui è consigliabile partire dai loro contenuti per adattarne e modificarne i dettagli in funzione dello specifico problema da risolvere.
Quali sono gli aspetti più evidenti dei vantaggi offerti da queste nuove tecnologie?
Consideriamo innanzitutto che, rispetto all’acciaio, il carbonio HT, quello maggiormente utilizzato in edilizia, ha un modulo elastico simile, un carico di rottura cinque volte superiore e un peso di cinque volte inferiore. In secondo luogo, dal punto di vista esecutivo, l’applicazione di rinforzi in materiali compositi è molto meno onerosa rispetto alle tecniche tradizionali e richiede lavorazioni molto più semplici e veloci. Ricordo a tale proposito un cantiere, a Milano, nei locali interrati di un edificio adibito ad ospedale con grossi problemi di accessibilità dei mezzi: tre operai in un pomeriggio rinforzarono quattro pilastri utilizzando le fibre di carbonio. Inizialmente il progetto prevedeva il rinforzo (per sola resistenza) degli stessi pilastri mediante incamiciatura con betoncino strutturale; la scelta di rinforzare i pilastri con i materiali compositi non solo è risultata tecnicamente corretta ed economicamente più conveniente, ma ha anche consentito di superare le oggettive difficoltà in termini di logistica e cantieristica.
L’utilizzo dei materiali compositi, quindi, semplifica le lavorazioni in cantiere e di conseguenza riduce i tempi di esecuzioni degli interventi di consolidamento.
Passando alle murature, si sente criticare l’uso del carbonio come rinforzo in quanto, dotato di un modulo elastico eccessivamente elevato, sarebbe poco compatibile con murature o con materiali più poveri.
Benché vero in linea generale, il problema andrebbe valutato caso per caso. La differenza di modulo elastico tra supporto (muratura) e rinforzo applicato, che potrebbe generare un problema di scorrimento, si elimina individuando nella progettazione del rinforzo una matrice adeguata e prevedendo eventualmente dei pioli di ancoraggio (es. Ardfix). La scelta del materiale è sempre funzione del livello di rinforzo che è necessario ottenere: se sono richieste elevate prestazioni meccaniche è necessario utilizzare come rinforzo il carbonio e parallelamente occorre individuare le tecniche e le tecnologie più idonee per sfruttare al meglio le caratteriste del rinforzo prescelto.
Si consideri che le fibre in carbonio sono rinforzi applicati in strati molto sottili, con uno spessore che solitamente non supera i tre millimetri; tali materiali pertanto non apportano peso e rigidezza alla struttura, ma piuttosto cambiano il modo di fessurazione, contenendo le fessurazioni e formando fessure più piccole maggiormente distribuite.
Se dobbiamo consolidare una struttura muraria in elevazione di un edificio del ‘600, con una faccia a vista e un problema di alta vulnerabilità di una parete in muratura o di un timpano, dove vi sia una situazione di grande inconsistenza delle malte di allettamento, anche a causa di una scarsa manutenzione, è possibile intervenire con le fibre di carbonio, ad esempio con una ristilatura armata, lavorando con malte a base calce?
Sicuramente sì. In questi ultimissimi anni sono stati compiuti molti progressi nel settore del repointing delle murature storiche. Le ristilature armate su facciate a pietra a vista sono diventate una realtà. Ardea Srl ha messo a punto una tecnica di ristilatura armata che prevede l’utilizzo di cavi in carbonio, che possono essere inseriti all’interno dei letti di malta come armatura lenta o, in caso di necessità, possono essere tesati generando uno stato di precompressione della muratura.
Inoltre, i cavi esterni possono essere combinati con i rinforzi applicati sul lato interno intonacato per migliorarne l’efficacia nei confronti di azioni nel piano e fuori dal piano.
C’è chi propone soluzioni con le piastre e i cavi in acciaio…
La soluzione delle piastre e dei cavi in acciaio applicati su un monumento storico rappresenta un’opera di rinforzo provvisionale. Diverso è invece il discorso della ristilatura armata con cavi in carbonio, sia in termini di funzionamento meccanico sia come effetto di rinforzo. L’uso combinato dei cavi in carbonio all’interno dei letti di malta e delle piastre in acciaio, opportunamente posizionate, permetterebbe di ottenere un funzionamento meccanico molto simile a quello dei cavi esterni, realizzando così delle opere di rinforzo definitive e non più provvisionali.
E su una muratura a tre teste, qual è il grado di profondità? Quanto è possibile una scarnificatura dei giunti? A quale profondità devo inserire il cavo nelle murature a tre teste, che variano a seconda della misura del mattone?
Il cavo viene inserito sulla facciata esterna, all’interno di una scanalatura, ricavata nella fuga, con dimensione di circa 10 mm di spessore per 20-25 mm di profondità. I cavi possono essere collegati mediante connettori ad altri cavi o altri rinforzi posizionati sul lato interno della muratura.
Come vengono fissati?
Con resine, che garantiscono l’adesione in tutto lo sviluppo, uno spolvero di sabbia e, a seguire, la ristilatura con malta a base calce, secondo lo schema descritto nella figura 1.
A questo punto, dopo l’impregnazione con la resina, creo la superficie di adesione con la sabbia e posso richiudere con una calce idraulica come la NHL5, per esempio? Un’operazione di questo tipo viene fatta su tutta la parete da rinforzare, su tutte le fughe o ciascuna fuga ha il suo consolidamento?
Trattare tutti i letti di malta della parete può risultare eccessivamente oneroso. Si possono creare delle maglie di rinforzo orizzontali e verticali, costituite da diversi cavi di rinforzo posizionate in modo opportuno e bloccate nei cambi di direzione con connettori per impedirne l’eventuale espulsione. Tale soluzione è stata utilizzata, ad esempio, nelle mura di cinta a Bassano del Grappa, su progetto dell’architetto Giuseppe Strapazzon. Queste mura, realizzate con grosse pietre di fiume a faccia a vista, sono state rinforzate con un reticolo di cavi in fibra aramidica e anima in fibra di carbonio per garantire maggiore sicurezza di durata nel tempo.
Si possono creare collegamenti tra i due paramenti murari in muratura?
Certamente. È possibile utilizzare gli stessi cavi, o meglio ancora, i connettori tipo Ardfix, costituiti da una barra in carbonio e da nastri di carbonio unidirezionale che, risvoltati sulle due facce della muratura, costituiscono la testa di ancoraggio.
Come si possono nascondere i terminali e i connettori?
In generale i terminali rimangono all’interno della muratura. Infatti, per le precompressioni si utilizzano terminali in acciaio, disposti in tasche opportune ricavate nella muratura: si fa arrivare il cavo nella tasca, lo si blocca in un sistema meccanico di contrasto e successivamente lo si mette in tiro; il terminale rimane all’interno della muratura, mentre la piastra a volte rimane a vista esterna alla muratura.
Lasciarlo a vista può essere utile come elemento di controllo?
No. Se non per motivi specifici, si tenga conto che il carbonio non presenta problemi di creep, ossia di deformazioni a carico costante.
Nel caso di un tamburo, sotto c’è la volta sferica e sopra le volte spingenti…
Per la cerchiatura esterna, si possono utilizzare sia cavi sia fasce di nastri unidirezionale in carbonio. Nel 2009 abbiamo messo in sicurezza il tamburo della Basilica delle Anime Sante a L’Aquila con cavi di 38 metri, messi in opera da personale calato da un elicottero in condizioni esecutive estreme. In quel caso era indispensabile individuare un cavo che fosse molto più leggero di un cavo in acciaio e al contempo altrettanto resistente. Il peso totale dei 38 metri di cavo era di 3,5 kg, tesati ad un valore di carico di 50 kN.
Quali sono i limiti di sicurezza e di durata?
Le fibre di carbonio da noi utilizzate, aventi un carico di rottura pari a 4800 MPa, vale a dire 48.000 chili per cm quadrato, offrono grandi margini di sicurezza. Infatti il carbonio chimicamente è uno degli elementi più stabili al mondo (viene estratto dal sottosuolo dopo milioni di anni): non reagisce con niente, quindi resiste a qualsiasi corrosione. Questo è molto importante, soprattutto se pensiamo ad applicazioni su monumenti storici. Spesso in passato, negli interventi di consolidamento e restauro sono state utilizzate chiodature in acciaio che nel tempo si sono ossidate determinando rigonfiamenti e fessurazioni dei manufatti sui quali erano state applicate. Oggi tali chiodature sono sostituite da barre in fibra di carbonio, chimicamente molto più stabili e indifferenti agli agenti esterni (temperatura, umidità, alcalinità).
C’è chi manifesta una certa ritrosia verso i compositi dovuta al fatto che ad oggi non è possibile sapere il comportamento di tali materiali nel tempo, considerando che il loro utilizzo nel nostro paese è piuttosto recente…
In realtà basterebbe pensare agli shock termici che devono sopportare le parti strutturali degli aerei, ormai da molti anni realizzati in carbonio: esse passano dai 10.000 metri di altitudine, con temperature ampiamente inferiori a 0°C, alle piste assolate degli aeroporti con temperature che possono superare i 50°C; altri materiali si degraderebbero in brevissimo tempo.
Tornando al settore edilizio, è generalmente riconosciuto che, fra tutti i materiali da costruzione, i compositi presentano una durata nel tempo notevolmente superiore a quella propria dei materiali tradizionali (calcestruzzo, acciaio, legno o loro combinazioni). Esistono, inoltre, in letteratura molti studi sperimentali per verificare la durabilità nel tempo dei materiali compositi applicati come rinforzi interni ed esterni di strutture esistenti; tutti gli studi concordano sulla maggiore durabilità dei compositi a matrice epossidica e rinforzo in fibra di carbonio. Le stesse istruzioni del CNR DT 200/2004, per il rinforzo di strutture in c.a. c.a.p. e murature con materiali compositi, assegnando ai compositi CFRP dei coefficienti meno penalizzanti, riconoscono loro una maggiore stabilità chimica e meccanica.
Poiché, per quanto un materiale presenti caratteristiche eccezionali, il suo comportamento può essere ulteriormente migliorato applicando opportuni strati protettivi, come avviene nella generalità dei casi tramite vernici (ad esempio vernici poliuretaniche da esterno), intonaci, spolvero di sabbia quarzifera a granulometria controllata, o rivestimenti protettivi specifici, tale pratica va sempre raccomandata quando le condizioni esecutive lo consentono.
Voi dovete studiare il materiale e la combinazione della resina, con prove e monitoraggi…
I nostri primi lavori risalgono al 1996, con nastri di provenienza giapponese; il consolidamento della Corte Benedettina di Legnaro, dove abbiamo usato 3000 mq di carbonio prodotti con nostre tecnologie, risale al 1999 ed è ancora perfetto. Gli interventi vengono generalmente realizzati sotto intonaco, quindi godono di grande protezione. Finora, dopo quasi vent’anni di lavori sui più importanti monumenti italiani, non abbiamo avuto alcun feedback negativo.
State provando a utilizzare i rinforzi in composito con le calci?
Sì, e questo è un aspetto molto importante. Sta nascendo una tecnologia in cui reti in carbonio o altre fibre vengono impiegate direttamente in matrici a base calce o cemento.
Queste reti nascono dalla ricerca Ardea e il processo di termosaldatura con cui vengono prodotte, sono oggetto di un nostro brevetto: la trama, perfettamente rettilinea, non consente accavallamenti tra trama e ordito. Tali reti, inizialmente applicate con resine epossidiche, sono state poi inserite anche all’interno di malte, con risultati però piuttosto scadenti, a causa di un’incompatibilità chimico-fisica, quindi il legame fibra-matrice, requisito indispensabile per il buon funzionamento di un materiale per impieghi strutturali come il composito, viene a mancare.
Ardea Progetti e Sistemi, grazie a un intenso lavoro di ricerca, ha risolto questo problema mettendo a punto un nuovo sistema di adesione alle malte e di impregnazione della fibra: le resine all’acqua IPN (Interpenetrated Polymer Network). Queste resine, costituite da miscele di polimeri opportunamente supportate su cariche minerali attive, presentano molti aspetti estremamente interessanti: ecologicamente perfette, non bruciano, risultano porose al vapore acqueo (traspirabilità) e presentano una resistenza termica superiore ai 150° C.
Utilizzare le resine IPN come promotori di adesione fra fibra e matrice calce o cementizia consente di sfruttare appieno le ottime proprietà meccaniche del rinforzo, del tutto simili a quelle ottenute con le resine epossidiche. Il sistema di resine IPN nei compositi a matrice cementizia o a base calce (FRCM) infatti lega rinforzo e matrice facendoli lavorare insieme fino alla rottura del rinforzo, come un vero e proprio materiale composito. Tale risultato è frutto di un lungo lavoro di ricerca e sviluppo portato avanti presso l’Università di Modena e Reggio Emilia e presso i laboratori CIRI dell’Università di Bologna.
Questo si traduce in pratica nella possibilità per il progettista di conoscere a priori i parametri meccanici del materiale composito di rinforzo. Con i campioni senza IPN invece, che presentano proprietà meccaniche decisamente inferiori, la notevole variabilità dei risultati genera molta incertezza sui valori da considerare per il calcolo in sede di progettazione.
In un consolidamento estradossale di una cupola in laterizio c’è una volta con quattro nervature. È più indicato un rinforzo estradossale o un rinforzo all’intradosso?
Quello estradossale funziona meglio e dà meno problemi. All’intradosso infatti vengono a crearsi zone in cui le fibre tendono a distaccarsi per l’instaurarsi della cosiddetta spinta a vuoto, per contrastare la quale si deve ricorrere all’uso di connettori, mentre all’estradosso non si generano forze di distacco. Per quanto concerne le nervature è necessario analizzare il ruolo di tali elementi nella staticità della volta e quindi studiarne il rinforzo mantenendo inalterate le modalità di lavoro dell’intera volta, nervature comprese.
In presenza di costoloni e nervature, come posso evitare elementi di discontinuità?
La continuità si ottiene con connettori, sempre in carbonio, di sezione pari alla sezione del rinforzo al quale bisogna dare continuità. I nostri connettori Ardfix sono perfetti a questo scopo e dovranno essere disposti con una giacitura tale da non creare discontinuità a livello degli sforzi. Questa soluzione è adatta anche alle volte.
Quindi, se ipotizzo di fare il mio intervento, come posso procedere?
L’ufficio tecnico di Ardea Srl fornisce un servizio di assistenza tecnica che prevede sopralluogo, analisi e dimensionamento di massima del rinforzo, individuazione della tecnologia di rinforzo adeguata al consolidamento da realizzare, assistenza alla messa in opera, assistenza tecnica per il calcolo e la progettazione, valutazione dell’efficacia del miglioramento che si andrà a ottenere. Ardea Srl, oltre a offrire un servizio di assistenza tecnica, è produttrice dei materiali, commercializza tutta la gamma di prodotti per il consolidamento strutturale con materiali compositi ed è presente sul mercato con il marchio Betontex.