LA VIA STRETTA
Nessuna origine, nessuna predestinazione, nessun fondamento al viaggio della vita. Ciascuno si trova nella solitudine a intraprendere questo viaggio della parola, che, libera e leggera, si staglia sul nulla. Affrontando la difficoltà senza mediazione, senza concessione alla paura, ciascuno ha la chance di approdare alla soddisfazione e alla qualità. Lungo questa via, stretta e angusta, la vita è viaggio e non sopravvivenza.
Credendo, invece, che l’equazione vita-benessere si dia solo nell’elusione della difficoltà, l’epoca attuale alleva, in assenza di padre, il figlio genealogico, ovvero il figlio di, sempre in credito di complicità nel trovare la via facile per vivere. E se l’altro non si fa complice, intervengono il risentimento e la vendetta. La famiglia per prima, presunta, il più delle volte, luogo del fondamento del male e del negativo, è soggetta al principio della vendetta qualora non risponda all’aspettativa del garantismo a tutti i costi. La vendetta si lega alla credenza nell’abbandono vissuto come dramma personale. E l’uno, abbandonato, abbandona a sua volta, l’uno, che si sente messo a morte nella situazione in cui vive, può trovare un risarcimento solo mettendo a morte. Uccidendo e uccidendosi, crede di porre fine alla difficoltà. Se il male fosse nella famiglia, quell’atto compirebbe l’ultimo male necessario. Nell’epoca del benessere, l’ultima guerra per la pace si è spostata tra le mura domestiche.
Questa sorta di passaggio all’azione risulta l’esito fatale della continua elusione della parola, ed è indice d’indifferenza in materia di umanità. Nell’attuale regno della calma prescritta, del sedativo come psicofarmaco vero e proprio o divertimento obbligatorio per tutti, quanto più si vuol fare della violenza un tabù, tanto più la violenza esplode e lo fa in maniera spettacolare, inversamente proporzionale, forse, all’esigenza di tenere sotto controllo la pentola a pressione dei conflitti sociali, etnici, religiosi, economici. La violenza dell’uno contro uno o dell’uno contro tutti, di cui danno testimonianza il killer seriale domestico o il kamikaze di turno, è la violenza dell’indifferenza, dell’abbandonarsi all’indifferenza. Quale viaggio della vita, quale viaggio dell’avvenire può darsi per chi si nutre di indifferenza rispetto al pensiero, alla parola, alla scrittura?
Pensare, ragionare, fare e scrivere sono cose che passano per la via stretta, quella stessa che l’atto di Cristo ha annunciato e che, con il secondo rinascimento, va in direzione della qualità della vita.