METTIAMO IN CAMPO INVENTIVA, FANTASIA E TENACIA
Lei lavora da diversi anni all’estero come agente nel settore marmi e ceramica. Può darci una testimonianza della sua esperienza?
In un settore che, dopo una prima fase di crescita esponenziale, è stato pesantemente toccato dalla crisi economica, i rapporti degli agenti con le aziende di cui erano monomandatari diventavano sempre più difficili. Accadeva spesso che alcuni clienti, divenuti importanti in termini di fatturato grazie al lavoro dell’agente, venissero gestiti direttamente dalle aziende a livello dirigenziale, scalzando la funzione intermediaria. Così, nel 2001, ho deciso d’intraprendere una strada d’indipendenza, con tutti i disagi che questo poteva comportare, da quelle insite nel mercato attuale a quelle intrinseche al fatto di essere donna: l’aspetto della gestione familiare gioca un ruolo rilevante nell’organizzazione del proprio tempo lavorativo, soprattutto quando si sta lontano dai propri cari per lunghi periodi. Attualmente, collaboro, attraverso un distributore, con la HKS Architetti, un’azienda con sede a Dallas, ma operativa in tutto il mondo, che fa progetti per impianti sportivi come stadi di baseball e di basket e college universitari. La mia scelta di indipendenza implica una forte componente consulenziale, che impone uno sforzo triplo rispetto a quello che occorre quando si è monomandatari: mi capita che mi chiami direttamente il cliente – l’architetto – proponendo idee talvolta irrealizzabili e non economicamente sostenibili. Ma rispondo mettendo in campo inventiva, fantasia e tenacia.
Nel recente passato c’era la possibilità di avere una fotografia abbastanza realistica dell’andamento del mercato a medio periodo e di prevedere di conseguenza il proprio guadagno. Purtroppo adesso non è più possibile: la prospettiva è giornaliera, la sfida continua e lo sforzo costante.
Gli investimenti oggi nel nostro paese sono dedicati a prodotti sempre più tecnologici, a discapito dell’area commerciale: io lavoro ancora con alcune aziende di Sassuolo che fabbricano prodotti meravigliosi, ma in cui la forza vendita non ha un coordinamento, un management illuminato, e manca la comunicazione verso gli agenti. Se ci fosse maggiore ascolto da parte dell’azienda, questo si tradurrebbe in breve tempo in profitto economico, invece c’è un approccio rigido, che costringe gli agenti a vincolare l’offerta all’obiettivo di esaurire il surplus produttivo.
Questa è una strategia involutiva: occorrerebbe invece partire dall’analisi dei gusti, delle necessità e delle abitudini del cliente, per modulare di conseguenza la produzione industriale.
Lavorando con gli Stati Uniti, ho riscontrato una maggiore predisposizione ad accogliere le sfide della trasformazione e un'assenza di pregiudizi dettati dai ruoli: una lezione che al provincialismo del nostro paese gioverebbe moltissimo