IL CENTRO SERVIZI PER LA SIDERURGIA È IRRIMANDABILE
In febbraio scorso, il presidente americano Barack Obama ha inaugurato il nuovo polo di Detroit per la ricerca su metalli avanzati, leghe leggere e nuovi materiali per il futuro di auto, aerei e mezzi militari, annunciando il progetto di costituire altri quaranta poli manifatturieri negli Stati Uniti.
In Italia, il vostro Gruppo da oltre quarant’anni contribuisce alla crescita dei distretti manifatturieri, in particolare nella fornitura e nella lavorazione di acciai speciali, titanio e leghe nei settori costruzione stampi, packaging, racing, biomedicale e aeronautico. Dalle pagine della “Città del secondo rinascimento”, lei ha dichiarato che il rilancio del manifatturiero, a partire da quello dell’Emilia Romagna, è essenziale per il futuro del paese. In particolare, perché è importante favorire la cultura delle materie prime per ottenere questo risultato?
Le materie prime sono importantissime e oggi costituiscono uno dei tre punti fondamentali per fare sopravvivere le aziende conto terzi nel nostro paese. Eppure, nonostante abbiamo una subfornitura forte e tecnologicamente avanzata, in molti casi migliore di quella tedesca, alle imprese mancano però le risorse economiche per investire nelle macchine di ultima generazione, per esempio. A questo aspetto, da non sottovalutare, si aggiunge il fatto che, mentre in America Obama s’impegna a creare le condizioni per un rinascimento del manifatturiero, con l’intento di dare sostegno all’occupazione e alla classe media, ma soprattutto di promuovere la cultura della produzione verso le nuove generazioni, in Italia invece regna l’indifferenza proprio nella formazione dei giovani.
Nella siderurgia, attualmente, è problematico trovare la materia prima in tempi brevi. Fornire un ricambio in ventiquattro ore è quasi impossibile, eppure, se non riusciamo a fare rifornimento di materie prime in almeno otto ore dalla richiesta, rischiamo di perdere il cliente, in particolare se il prodotto è destinato all’estero. Ecco perché abbiamo rilevato l’esigenza di un centro servizi per la siderurgia in Emilia Romagna che sia operativo in tutto il centro nord, in modo da offrire la garanzia di avere sul territorio i diversi materiali e tagli che le imprese richiedono con urgenza.
In che modo si potrebbe costituire questo moderno centro servizi?
Il primo passo è quello di coinvolgere diverse imprese del territorio che lavorano con metalli ferrosi e non, come alluminio, rame, ottone e altri, nel settore della meccanica e della meccanica di precisione, compresi i settori della ricambistica per auto, moto e meccatronica.
Il nostro Gruppo offre diversi tipi di materiali e tagli ed è forse quello che ha la gamma più completa sul territorio, ma possiamo fare di più. Con l’apertura del centro servizi si potrà disporre della materia prima in stock e consegnare in tempi brevi il lavoro finito. Questo è possibile solo se riusciamo a programmare i tempi dello stoccaggio e se nel territorio si raccolgono diversi ordini consistenti, che peraltro consentono un maggiore potere d’acquisto e prezzi più convenienti. Inoltre, le nostre capacità di taglio e di sezione dei metalli aumentano la possibilità di soddisfare le esigenze dei clienti a breve termine. Non esiste in Italia un magazzino dove si possano trovare leghe speciali, per esempio. Con un grande centro servizi, condiviso fra le diverse aziende del settore meccanico e con la nostra esperienza e solidità, economica e organizzativa, possiamo fare cose importanti per un territorio come questo, che raccoglie eccellenze dell’Italia e del mondo.
L’idea nasce da esigenze concrete di aziende che, negli ultimi anni soprattutto, si sono trovate in difficoltà nell’approvvigionamento e nella lavorazione delle materie prime. Il centro servizi, pertanto, non servirebbe più soltanto il territorio di Bologna, anche se qui manterrebbe la sua base, ma tutto il territorio nazionale e comporterebbe un ciclo costante di lavorazione 24 ore su 24, come un supermarket d’eccellenza dell’acciaio, che consente consegne immediate ai clienti per un aumento della loro produttività. Sono convinto che sia un’idea vincente, anche per rendere il territorio più competitivo grazie alle rilevanti commesse che ne deriverebbero. Inoltre, costituirebbe un modo nuovo per fare squadra e un’opportunità per le aziende di qualità che operano sul territorio, coinvolgendo tutta la filiera di fornitori e subfornitori e ottimizzando la movimentazione di magazzino. Si noti che, solamente nella zona di Imola, circa cinquanta, sessanta aziende medio-piccole potrebbero rifornirsi da noi, eliminando così gli spazi destinati allo stoccaggio, ora praticamente inutilizzati. Inoltre, potrebbero investire nelle scorte e nell’acquisto di macchine più performanti e tecnologiche, con strumenti di controllo e di misura che diminuirebbero anche i tempi di produzione. Spesso accade, invece, che i magazzini siano occupati da materiali a bassissimo reddito. Lo spreco di lavoro e di metalli che si registra attualmente sarebbe notevolmente ridotto con la nascita di un moderno centro servizi. Il vantaggio sta anche nel fatto che in questo modo si possono selezionare le fonti da cui arrivano i materiali, anche se noi abbiamo già avviato nuove collaborazioni con aziende che ci hanno contattato per la qualità dei metalli che lavoriamo.
Attualmente ciascun produttore ha il suo cliente di fornitura o di subfornitura. Ma questo ha comportato, soprattutto negli ultimi anni, che il produttore richiedesse materiali e lavorazioni difficilmente reperibili.
Questo progetto si attuerebbe con la collaborazione di differenti realtà nell’ambito della meccanica?
Certamente. Inoltre, può divenire anche un business per chi volesse partecipare al progetto. Il singolo magazzino di ciascuna azienda attualmente costituisce un costo, soprattutto quando non ha una grande movimentazione della materia prima. Con questo progetto possiamo creare una società che funziona soprattutto per chi ne fa parte, considerato che si può avere al momento giusto il materiale che viene richiesto, producendo anche utili. È importante che chi gestisce questo centro servizi sia socio, indipendentemente dall’entità della quota investita. Nel 2007 un simile progetto era impensabile, perché era un momento in cui sul mercato mancavano le materie prime, soprattutto per la scarsa immediatezza del rifornimento, all’epoca siamo arrivati a un rifornimento addirittura a nove mesi dall’ordine.
Le cose oggi sono un po’ cambiate, ma nelle cosiddette specialità il problema rimane, perché non c’è più chi se ne occupa. Con la crisi del 2009 hanno chiuso alcuni impianti strategici della siderurgia italiana, non si producono più semilavorati e, quando si trovano, sono solo per esportazioni di notevoli quantità. È rimasta una produzione specializzata, con poche tipologie di prodotti e ridotti assortimenti, aspetti che in siderurgia non vanno d’accordo, perché occorrerebbero invece molti prodotti e grandi volumi.
Questo processo è iniziato alla fine degli anni novanta e si è accentuato con gli anni duemila. Il territorio di Bologna era leader nei settori dei radiatori in alluminio, nella motoristica, nei carter, nelle scatole cambio. Abbiamo ancora poche imprese veramente capaci, ma erano molte di più; senza contare che in queste aziende leader l’80 per cento delle ore è impegnato in esclusiva per imprese tedesche, fra cui grandi gruppi come Bmw, Volkswagen, Audi e Mercedes. Inoltre, si è registrato un grande cambiamento anche nelle aziende che eseguono la cosiddetta lavorazione a freddo. Molte di queste, alcune delle quali lavoravano per Fiat, sono state costrette a chiudere per il ritardo nei pagamenti e per crediti mai incassati. Nella nostra area, comprendendo oltre all’Emilia anche la Toscana e l’Umbria, solo nel settore degli stampi si sono persi oltre 3000 posti di lavoro negli ultimi dieci, dodici anni. Chi prosegue lo fa prevalentemente su richiesta del rifornimento, come subfornitore o come artigiano, con aziende che hanno sette, otto o al massimo dieci dipendenti. Ma la necessità di materie prime rimane. Secondo una mia stima, c’è un disavanzo negativo di circa 15 milioni di euro negli acciai speciali. Se consideriamo che le materie prime incidono sul prezzo nell’ordine del 5 per cento, abbiamo un’idea del calo di fatturato, che vuol dire diminuzione del lavoro, del numero di operai, di conseguenza della cultura della materia di questo settore, di ragazzi che imparano il mestiere. Molti di noi, tra gli anni sessanta e ottanta, hanno aperto aziende anche con quaranta, cinquanta dipendenti, dopo avere lavorato come capofficina, operai specializzati, disegnatori e aggiustatori, spesso portando con sé i compagni di lavoro nella sfida di aprire un’impresa nuova.
Un problema ulteriore è che, con la riduzione degli utili, non c’è più lo stimolo di tramandare il mestiere alle giovani generazioni. Talvolta, addirittura gli imprenditori si vergognano di trasmettere al figlio un’attività che non è più redditizia. È come lasciare in eredità un cappotto pesantissimo da portare, anche perché paradossalmente oggi c’è il rischio che più si lavora e meno si guadagna.
Occorre scommettere in un secondo rinascimento italiano nel manifatturiero e nella meccanica, partendo dai talenti dell’Emilia Romagna e non solo, favorendo nuove produzioni meccaniche e investimenti in formazione, qualità di servizio, fatturato e redditività. Qualche segnale c’è già e noi siamo pronti a coglierlo.
Concludo sottolineando l’importanza della cultura del lavoro e della produzione che connota il nostro territorio.
Se viene mantenuto e foraggiato questo terreno, anche culturale, la ripresa sarà più efficace e le altre attività collaterali, compreso il food, porteranno vantaggi concreti per un equilibrio socio economico del territorio. Per questo sosteniamo un nuovo rinascimento in Emilia Romagna e in Italia.