CHE COS’È LA MEDICINA LOW COST
Molti si chiedono in che cosa consista la formulazione “low cost”, riferita all’offerta di prestazioni sanitarie, che compare sempre più spesso sui media, nei talk show e in alcune offerte promozionali. Innanzitutto, si tratta di un’offerta privata, che può essere fatta anche in strutture convenzionate con il SSN. Poi, non basta parlare di prestazioni sanitarie private scontate, potrebbe indurre a pensare che si tratti di prestazioni di livello inferiore, cosa impossibile oggi, con l’introduzione degli standard di qualità. Si tratta delle stesse prestazioni controllate erogate privatisticamente, a tariffe più basse ma concordate, che salvaguardino la dignità dei sanitari e il decoro delle strutture ospitanti. Certamente, la crisi, a livello di sanità pubblica, ha comportato la reintroduzione dei ticket, e per quanto concerne i cittadini, l’obbligo di pagarli, nonostante le stesse lunghissime liste d’attesa. A prezzi non molto superiori, con strutture che applicano la medicina “low cost”, possono fare esami ambulatoriali o piccoli interventi sanitari in tempi molto più brevi. Ciò è importante soprattutto per esami dirimenti fondamentali, come le mammografie. Per gli interventi, si sta diffondendo soprattutto in campo odontoiatrico e dermatologico.
La medicina “low cost” si caratterizza anche perché utilizza in modo ottimale i dispositivi, anche tecnologici, che la ricerca in campo strumentale offre oggi ai medici. Oggi molte strutture che la applicano si stanno riunendo in un’Assolowcost di coordinamento.
La stima di questa organizzazione riportata dal Censis è di un aumento di attività del 25-30 per cento all’anno, per un giro d’affari di alcune centinaia di milioni. Si tratta di una piccola ma sempre più ampia fetta degli 11 miliardi di euro spesi dagli italiani per la sola sanità privata ambulatoriale. Il professor Mario Del Vecchio, insieme a Valeria Rappini, ha realizzato per la Bocconi di Milano uno studio sulla sanità “low cost”, dove si stima che in queste strutture il cittadino spende tra il 30 e il 50 per cento in meno rispetto alle strutture che non la applicano. Lo studio conclude spiegando che “il low cost, trapiantato da contesti molto differenti, sembra aver superato la fase critica ed essere avviato ad assumere un ruolo specifico nell’insieme delle risposte a una domanda pressante di servizi sanitari”.
Ricordiamo che l’attività low cost è diversa dal volontariato e anche dalle prestazioni erogate da strutture ONG e altre strutture non profit. Deve avere volumi alti e processi produttivi pensati per risparmiare, senza comunque escludere il profitto.
Concludiamo con il parere di Amedeo Bianco, presidente della Federazione degli Ordini dei medici: “Il low cost non è sinonimo di bassa qualità. L'importante è che la concorrenza si faccia senza che vengano meno gli standard di sicurezza. Dobbiamo stare quindi molto attenti al rispetto delle regole, anche di quelle riguardanti gli ambienti e il trattamento del personale”.