LO SPECIFICO E L’ORIGINARIO NON POSSONO ESSERE TRASCURATI
Nel capitolo del suo bellissimo libro In direzione della cifra. La scienza della parola, l’impresa, la clinica intitolato La strada della salute, Sergio Dalla Val affronta alcune tra le questioni nodali di questo momento storico, riguardanti la nozione di salute, che nel suo testo non si sovrappone a quella di sanità, ma concerne molti altri aspetti importanti della vita. “La salute”, scrive l’Autore, “esige un intervento in direzione del valore della vita, non della morte. Rispetto al valore, la bussola non è una ricetta, ma un’istanza”. Salute come istanza di cifra, istanza di qualità della vita; salute che procede per integrazione e non per esclusione. Tale accezione di salute, specifica dell‘elaborazione della cifrematica, la scienza della parola, offre una risposta precisa e forte ad alcune questioni emerse in questi anni in Italia, in Europa, nel pianeta. Crisi, smarrimento, disperazione sono tra i significanti che ricorrono più frequentemente nei media, ma anche nella comunicazione quotidiana, e investono aspetti che riguardano non soltanto individui, ma intere nazioni, regioni, città, territori, compreso, con particolare intensità per la crisi di molti suoi comparti produttivi, quello delle Marche, e la stessa città di Macerata, in cui si svolge questo incontro, grazie all’ospitalità dell’associazione Arte per le Marche, presieduta da Antonella Ventura. La risposta non può essere nei termini della ricetta – politica, economica, sociologica – perché, come stiamo verificando, nessuna ricetta sta dimostrandosi efficace, tanto più se fa riferimento a categorie tratte dalla terminologia medica o addirittura psichiatrica. Come rileva Sergio Dalla Val, non può essere nemmeno nei termini dello standard o del protocollo di tipo medico, universitario o professionale, ma, piuttosto, occorre che sia in termini di ascolto e di rilievo delle istanze, considerando ciascun caso, individuale, aziendale o territoriale, come caso singolo. Risposta scevra da generalizzazioni e che fa appello all’originario, alla particolarità di ciascuno e di ciascuna situazione, che procede dall’apertura e va incontro alla novità, non condizionata da mode, trasgressioni di maniera o moralismi, ma fertile. Lo specifico e l’originario non possono essere trascurati.
Il libro pone un’altra questione essenziale: se il disagio, le difficoltà, l’idea di abbandono, che molti enunciano, dipendano da circostanze cosiddette obiettive o se queste cose vadano ascritte in parte anche a un approccio fobico alla realtà, cioè alla credenza nella predestinazione, che spaccia proiezioni negative rispetto all’avvenire. La risposta non può essere nell’alternativa: la vita ha infinite sfaccettature, sfumature, dettagli, scommesse, in modo particolare nel momento attuale.
Qui entra in gioco un’altra riflessione importante dell’Autore, che il libro giustamente rileva. A cosa serve considerare le questioni partendo da una posizione preconcetta e talvolta rivendicativa, per ribadire una condizione, anche individuale, che è ritenuta immutabile? E quanto gioverebbe invece abbandonare tale prospettiva? E, soprattutto, quanto può sembrare più conveniente e facile un intervento cosiddetto monodisciplinare, al posto di uno che, viceversa, valorizzi l’integrazione?
Il libro di Sergio Dalla Val proviene da una traversata dell’esperienza della parola originaria, dove le cose si dicono, dicendosi si fanno e facendosi si scrivono. Questa traversata che è avvenuta lungo la sua pratica di psicanalista, di scrittore, di direttore di riviste scientifiche, di brainworker – statuto intellettuale che valorizza l’innovazione, l’invenzione, l’astrazione in ciascun lavoro –, di conduttore di uno sportello d’ascolto per il disagio degli imprenditori, istituito recentemente dalla Confartigianato di Bologna.
Sergio Dalla Val, nel suo libro, constata come la psicanalisi abbia contribuito da oltre un secolo, pur tra notevoli contrasti, ad affrontare questioni inerenti la scienza, l’arte e, attraverso la clinica, la vita di ciascuno. Numerosi i testi che Freud ha dedicato alle questioni dell’attuale e dell’avvenire di ciascuna epoca. Pensiamo ai suoi scritti L’avvenire di un’illusione, Il disagio della civiltà, Perché la guerra, che fa parte del carteggio con Einstein sull’attualità, drammatica, dei suoi tempi, con il nazismo nascente e un’altra guerra mondiale alle porte.
Il libro mette inoltre in risalto altri due aspetti riguardanti la psicanalisi: la scienza del caso singolo e l’ascolto. L’ascolto consente riflessioni e elaborazioni costanti, che possono divenire strumenti insostituibili per giungere alle novità e alle invenzioni oggi indispensabili per la riuscita. L’ascolto è in grado di dissipare l’insoddisfazione e la paura del fare.
A questo proposito, concludo con un altro brano del libro: “Come fare? Facendo. Come dire? Dicendo. Come vivere? Vivendo. La riuscita non è mai ideale e la paura di non riuscire è spesso paura della riuscita”.
***L'articolo di Carlo Marchetti è tratto dagli interventi al dibattito La scienza della parola, la psicanalisi, l’arte: come riuscire vivendo, (16 maggio 2013, biblioteca Mozzi Borgetti, Macerata), organizzato in occasione della presentazione del libro di Sergio Dalla Val In direzione della cifra. La scienza della parola, l’impresa, la clinica (Spirali).