LA RICOSTRUZIONE: UNA STRAORDINARIA PARTITA
Vorrei ringraziare Anna Spadafora e la rivista “La città del secondo rinascimento” per averci dato questa occasione di confronto (Restituire l’Emilia in qualità, 25 ottobre 2013, Villa Cavazza, Bomporto), che offre stimoli per svolgere meglio il nostro lavoro. Un lavoro quotidiano, perché la disgrazia del terremoto ci ha dato la responsabilità di dovere ricostruire e di farlo al meglio, impegnandoci perché da un disastro nascano nuove opportunità. Fin dall’inizio, abbiamo cercato di lavorare con una visione chiara del futuro e dell’obiettivo da perseguire (un territorio più forte e più sicuro), senza farci schiacciare dalle contingenze.
Ma, per far capire il contesto in cui abbiamo operato, vorrei ricordare che siamo partiti dal Decreto 59, in cui non erano previste risorse per i privati: “Gli emiliani sono bravi, riusciranno a farcela da soli”, dicevano a Roma. Così, abbiamo dovuto conquistare sei miliardi, un po’ alla volta, partendo da zero.
Per uscire dall’emergenza, abbiamo già speso un miliardo e 270 milioni – sempre attraverso azioni condivise con il tavolo dell’economia regionale – oltre a un miliardo e 100 milioni delle assicurazioni, che hanno accelerato i tempi. Inoltre, ricordo che tutta la programmazione è stata mantenuta all’interno dei PSC, con l’obiettivo di rilanciare i centri storici, eliminando le brutture, e restituendoli alla fruizione delle comunità interessate. Vogliamo sviluppare luoghi nuovi, più belli, vivibili e attrattivi. Anche quando si è trattato di delocalizzare le attività commerciali, abbiamo costruito centri provvisori, ma belli. E quando a Bruxelles volevano darci le risorse per tornare come prima, abbiamo lottato, chiedendo e ottenendo risorse per potere rendere questo territorio migliore di prima.
Per mantenere i collegamenti con le multinazionali, abbiamo dovuto scrivere lettere ufficiali per fare in modo che continuassero a investire sul territorio, perché si fidassero e sapessero che le istituzioni erano davvero impegnate. Sappiamo che dobbiamo semplificare le procedure, siamo alle ordinanze di dettaglio, ma dobbiamo tenere fermi due punti: il modello anglosassone deve valere in entrata e in uscita. È un modello che ha regole e giustizia, secondo cui chi fa il furbo va in galera, non è “un poverino che ha interpretato male una norma”, come accade troppo spesso in Italia.
Il modello anglosassone richiede una vera assunzione di responsabilità da parte di un paese che si mette in gioco: io vi chiedo di applicarlo almeno nei nostri rapporti. I professionisti sono fondamentali in questo momento, ma hanno una responsabilità enorme e non possono delegarla chiedendo un timbro pubblico quando non si sentano abbastanza sicuri. Ciascuno dev’essere responsabile per il proprio pezzo, altrimenti salta il collegamento. In questo momento circa 800 professionisti sono all’opera con altrettante imprese di costruzione: dobbiamo compiere uno sforzo, e stiamo cercando di farlo, tenendo sempre alta l’attenzione per la legalità, perché è molto preoccupante la dimensione in cui l’illegalità sta compenetrando drammaticamente il nostro tessuto economico. Abbiamo costituito un gruppo tecnico operativo, al quale parlerò chiaramente per trovare le condizioni per essere trasparenti, seri e operare nella legalità. Aggiungo alcuni dati per fare capire come la ricostruzione sia in atto: a oggi, 7819 famiglie hanno già ricevuto una risposta; sono state autorizzate 1883 cambiali dei sindaci, ciascuna delle quali corrisponde a un condominio di venti appartamenti; oltre 6000 pratiche sono in carico ai tecnici e nei comuni e, a breve, diventeranno altrettante cambiali, perché i soldi ci sono e occorre spenderli; per le imprese abbiamo dati estremamente importanti: 480 imprese per 320 milioni di euro, oltre alle 1800 imprese commerciali collocate negli edifici residenziali; lo scorso anno c’erano 41.335 lavoratori in cassa integrazione con causale terremoto, oggi sono diminuiti a 2670. Questo vuol dire che c’è stata una reazione straordinaria, come la risposta che abbiamo avuto quando abbiamo messo a disposizione delle imprese 15 milioni di euro per investimenti che guardassero oltre il terremoto: sono arrivate 1209 domande. Sfido chiunque a trovare nel mondo un territorio in cui 1209 imprese si mettono in gioco, nonostante il terremoto, la pressione fiscale e il peso della burocrazia, e chiedono un contributo al 45 per cento per l’acquisto di macchinari o per altri tipi di investimento per 400 milioni. Sono così orgoglioso di queste imprese che m’impegno personalmente perché tutte quelle che saranno ammesse, nell’arco del prossimo anno, siano finanziate. E voglio dire agli imprenditori che sono stati intervistati nel cortometraggio XX settembre che non li abbandoneremo: non abbandoneremo nessuno, siamo dalla stessa parte e stiamo lavorando per fare la stessa drammatica, anche se straordinaria, partita e stiamo lavorando perché ciò che è scritto nell’ordinanza divenga azione coraggiosa e concreta. Se riusciamo ad agire coniugando buon senso e responsabilità, cercando di capire che, se ricostruiamo questo territorio si ricostruisce una bella pagina dell’Italia, oltre a dare una grande opportunità per la nostra Emilia Romagna – che vuol dire PIL, benessere e futuro –, usciremo dal terremoto più forti di prima e vivremo in una comunità che ha rimesso in primissimo piano valori come l’amicizia e la solidarietà. Questo è il nostro obiettivo.
***L'articolo di Gian Carlo Muzzarelli è tratto dall'intervento al tavolo di lavoro Restituire l'Emilia in qualità, (Villa Cavazza, Bomporto, 25 ottobre 2013), organizzato da ANCE Modena, Ardea Progetti e Sistemi, Confcommercio Imprese per l’Italia Regione Emilia Romagna, “La città del secondo rinascimento”.