BASTA BUROCRAZIA PASSIVA
La lentezza con la quale procedono le autorizzazioni e di conseguenza i lavori di ricostruzione è causata da molteplici fattori, non ultima la necessità d’intervenire in contesti e situazioni già complesse prima del sisma (tra l’altro, nel caso di interventi sul costruito, siamo sempre di fronte a prototipi perché ciascun edificio e ciascun contesto sono diversi dagli altri). E questo dettaglio non è stato sufficientemente tenuto in considerazione dalla Regione nelle ordinanze che regolano gli interventi.
La montagna di normative da seguire, a volte in contraddizione tra loro, rende il nostro cammino di tecnici insidioso e faticoso. Un’ulteriore fonte di ritardi nella ricostruzione sta nella necessità di risolvere problematiche complesse che poco hanno a che fare con l’ingegneria, come cercare di mettere d’accordo i diversi proprietari delle UMI.
Terminata la faticosa e complessa fase progettuale, dobbiamo cominciare a fare i conti con la burocrazia, spesso e volentieri con quella che possiamo definire burocrazia passiva, sorda a ogni richiamo di buon senso, quel buon senso che nasce dalla necessità di raggiungere un obiettivo comune per fornire un servizio ai nostri concittadini, già così duramente colpiti, mettendoli nelle condizioni di avere in tempi ragionevoli tutte le autorizzazioni.
Purtroppo, il nostro sistema autorizzativo è prevalentemente legato al controllo delle procedure ex ante e non dei risultati ex post, secondo il modello anglosassone. Troppo lunghi e incerti i tempi per il normale espletamento delle pratiche, troppo penalizzante la corsa a ostacoli nel proliferare delle ordinanze e delle normative, inconcepibile la differenza di comportamento tra le varie amministrazioni comunali, inaccettabili i ritardi dei tempi di pagamento (di approvazione dei SAL), motivati da richieste di integrazioni e/o documentazioni marginali al processo costruttivo, come quella che esige di documentare in modo pedante ogni fase lavorativa anche quelle propedeutiche alle successive (demolizione/rifacimento d’intonaco). Ricordo che tali fasi per gli interventi più modesti possono durare poche ore, quindi sono svolte senza la presenza del direttore dei lavori.
A questo punto occorre precisare che le responsabilità civili e penali delle figure professionali che concorrono al percorso autorizzativo, ribadite anche nel D.G.R.1373 del 26/9/11, sono del tecnico progettista e direttore dei lavori, non dei tecnici degli enti pubblici.
Chiedo pertanto che le normative siano rispettate da tutti i soggetti della filiera autorizzativa, poiché le inutili ingerenze sulle scelte progettuali e sulla qualità degli elaborati grafici portano a ritardi che non sono giustificati, se non da un falso senso di responsabilità da parte di chi le attua, con conseguenze a volte drammatiche che possono arrivare alla perdita del contributo economico. Le pubbliche amministrazioni dovrebbero ricordare che nella certezza dei tempi autorizzativi risiede uno dei pilastri del contrasto alla corruzione. Pertanto, non è sufficiente il pur lodevole impegno delle istituzioni sulla trasparenza del flusso economico per un efficace contrasto all’illegalità.
Nel rispetto degli obiettivi finali di massima qualità degli interventi realizzati e di lotta all’illegalità, noi ingegneri chiediamo pertanto una forte riduzione degli adempimenti con l’eliminazione di norme che, spesso in contrasto tra loro, portano a tortuosi percorsi interpretativi.
*** L'articolo di Augusto Gambuzzi è tratto dall'intervento al tavolo di lavoro Restituire l'Emilia in qualità, (Villa Cavazza, Bomporto, 25 ottobre 2013), organizzato da ANCE Modena, Ardea Progetti e Sistemi, Confcommercio Imprese per l’Italia Regione Emilia Romagna, “La città del secondo rinascimento”.