LA POESIA STA CAMBIANDO IL MONDO
Sono molto onorato di partecipare a questo Festival di Pordenone, così prestigioso da essere conosciuto e apprezzato anche a Parigi tra i miei amici letterati e drammaturghi. Sono particolarmente lieto di essere vicino a San Vito al Tagliamento: ho conosciuto bene Pier Paolo Pasolini e sono felice di trovarmi in una città di cui mi aveva parlato più volte.
Ho conosciuto Pasolini molti anni prima della realizzazione del mio film L’albero di Guernica, che gli deve molto. In un certo momento della sua vita, Pasolini scelse Parigi, poiché aveva problemi in Italia, e da quel momento in poi, oltre a conoscerci, abbiamo avuto modo di frequentarci molto. In quel periodo il direttore de “Le Figaro” chiese l’espulsione di entrambi, la mia e quella di Pasolini: ci considerava una vergogna per la Francia. Ma tutto questo è successo quasi migliaia di anni fa, in tempi remoti, arcaici.
Ho realizzato solamente sette lungometraggi per il cinema, tutti sconosciuti in Italia. Quelli meno sconosciuti sono i primi tre, suppongo perché Alberto Moravia dedicò loro parole troppo lusinghiere, che forse non meritavano. Mentre preparavo la realizzazione del film L’albero di Guernica con Mariangela Melato, ho visitato l’Italia in lungo e in largo cercando il luogo adatto, ma non ne trovavo nessuno: l’Italia era troppo bella e non aveva niente a che fare con la Spagna, e in particolare con la città di Guernica.
Un pomeriggio, in Piazza del Popolo a Roma, lo dissi a Pasolini e lui mi consigliò di andare a Matera, che si è poi rivelata lo scenario ideale. A partire da quel momento non abbiamo avuto più occasione di rivederci, eppure il maggior premio letterario di cinema che viene consegnato a Parigi, dal sindaco della città, si chiama Premio Pasolini.
Con il mio lavoro cinematografico Viva la Muerte, nel 1971 ho vinto l’ultimo Premio Pasolini e per il sindaco questo è stato il pretesto per farmi una macabra battuta: “Se fossi morto tu al posto di Pasolini, Pasolini avrebbe vinto il Premio Arrabal per il cinema”.
Penso che la letteratura come la poesia abitino da sempre le catacombe. Tant’è che la rivista statunitense “Time” non ha mai inserito un filosofo, un drammaturgo, un saggista, un romanziere, un poeta nelle liste delle cento persone più influenti al mondo. Niente di nuovo: è una costante nella storia dell’umanità. È, per così dire, il nostro ruolo vivere nelle catacombe, ma dalle catacombe cambiamo il mondo. Possiamo affermare che le cinque persone oggi più importanti sono i cinque Trascendenti Satrapi della Patafisica; è ovvio che, così come oggi il matematico Benoit Mandelbrot sta cambiando la storia dell’Italia o della Jugoslavia, ugualmente fu cambiata dai matematici del XIX secolo con la teoria degli insiemi. Facevo parte a Parigi del gruppo dei Quattro Avatar della Modernità, di cui sono l’unico sopravvissuto, e la considero un’ingiustizia perché ci sono molte persone migliori di me, che avrebbero potuto farne parte. Tuttavia quando i componenti del gruppo Bourbaki, dell’avanguardia matematica e dell’avanguardia poetica, teorizzano che due più due non fa quattro, ed è evidente che non è così, e sviluppano la teoria degli insiemi, immediatamente vengono creati due insiemi assurdi, tre insiemi: due assurdi e uno meno assurdo. I geopolitici non conoscono nulla né della poesia né della matematica, tuttavia dalle catacombe arriva un profumo di avanguardia e di scienza e si creano due insiemi, tre insiemi: un insieme, il più assurdo di tutti, è l’Italia. È impossibile immaginare che il Piemonte e la Sicilia possano costituire la stessa nazione; è impensabile che il Vaticano e Venezia insieme formino e integrino lo stesso paese, ma la teoria degli insiemi viene applicata e il paese viene creato. Gli italiani non hanno nulla a che fare con questo, si tratta di geopolitica e di poesia. L’insieme viene creato con spirito unicamente matematico e con lo stesso sistema con cui è stata creata la Germania. La creazione della Germania sembrava più assurda della creazione dell’Italia, così come la creazione della Jugoslavia, ossia l’unione degli slavi del sud. Tuttavia è passato più di un secolo e di fronte alla teoria degli insiemi dei nostri matematici precedenti, si è sviluppata la teoria dei frattali il cui fondatore è Mandelbrot. Benoit Mandelbrot pensa che il mondo debba essere fratturato, che gli oggetti debbano essere fratturati, affinché sia possibile conoscerne il valore. E, nonostante oggi né politici, né giornalisti, né geografi conoscano gli oggetti frattali di Mandelbrot e la poesia frattale, il mondo si frammenta ugualmente, viene frammentato. Per esempio, l’unione degli slavi del sud ha portato alla frammentazione della Jugoslavia in Croazia, Serbia, Montenegro e tutti gli altri paesi.
Quello che volevo dimostrare è che dalle catacombe la poesia ha cambiato e sta cambiando il mondo. La poesia è semplice. Non dobbiamo pensare, come alcuni poeti americani, che la poesia sia magica, visionaria. Poesia, lo sapete meglio di me, significa fare, solamente, fare un po’ meglio. Alcuni giornali hanno scritto che le avanguardie e noi Quattro Avatar della Modernità eravamo fenomeni sorprendenti, provocatori: era assolutamente il contrario. Il movimento Dada, il Surrealismo, il movimento Panico, la Patafisica, avevamo tutti la stessa idea: fare un po’ meglio. Il contatto con tutti loro, il contatto con Tristan Tzara, fondatore del Dadaismo, il contatto con André Breton, era tutto fuorché oscuro. Non volevo che fosse oscuro, non c’era motivo che lo fosse. Vivendo un momento di rinascita e sorgendo dalle catacombe, la poesia, il teatro, la letteratura, il cinema hanno una seconda possibilità per rinascere completamente.
Il capo redattore del “Time” fu insultato durante uno dei miei viaggi. Quando mi trovavo a Seul, in Corea, e parlai dell’elenco delle cento persone più influenti al mondo, tutti urlarono e gridarono: “Che orrore gli americani! Abbasso il ‘Time’! Non esistono poeti per loro!”.
Eppure il capo redattore del “Time” è un uomo innamorato della poesia e sarebbe estremamente lieto di potere inserire tra i cento il nome dell’amico poeta Kundera, dell’amico Uelbek, dell’amico Dario Fo. Lui vorrebbe farlo ed effettivamente ha scelto una parola panica: questa lista delle cento persone più influenti al mondo richiama l’attenzione perché conferisce a qualcuno il titolo di influente. Quindi chiedo: qualcuno di voi può darmi la definizione della parola influente? Ovviamente nessuno lo sa e, con mia grande sorpresa, nemmeno il capo redattore lo sa. Magari conosce alcune mie poesie, ma non sa cosa voglia dire influente. Nemmeno io lo so, nessuno lo sa perché è una parola panica.
Non dovete permettere che nessuno attacchi e aggredisca la vostra cultura perché abbiamo il diritto di sapere, nessun poeta ha pensieri oscuri, quale senso dell’oscurità! Abbiamo voluto raccontare la nostra vita, i nostri fallimenti costanti, questa è la nostra poesia, e quando diciamo la parola “influente” crediamo di avere detto qualcosa, ma in realtà non abbiamo detto nulla. Abbiamo rivolto un appello alla confusione e se c’è qualcosa che ci unisce tutti è che siamo stati accusati di essere provocatori e di amare la confusione: che crimine!
***L’articolo di Fernando Arrabal è tratto dall’incontro ...E misero le manette ai fiori, nell’ambito di Pordenonelegge, in collaborazione con l’Associazione La cifra di Pordenone, 19 settembre 2013, Convento San Francesco, Pordenone.