IL VIAGGIO INTELLETTUALE

Qualifiche dell'autore: 
psicanalista, cifrante, presidente dell'Associazione Il secondo rinascimento di Ferrara

Da dove vengono le cose? Dove vanno? Da dove vengono le merci? Dove vanno? Le cose vengono da oriente e vanno verso occidente lungo un itinerario assolutamente artificiale, assolutamente intellettuale che viene dalla tradizione e va verso l’invenzione. Questo itinerario inaugurato dal va e vieni incessante delle merci, delle donne, degli uomini, è un viaggio nella parola, per questo non è spaziale, non è geometrico e non è visivo. È il viaggio temporale, non temporaneo: è l’itinerario delle cose che si fanno e che stanno tra l’avvenire e il divenire.

Nessuna linea, nessuna genealogia può determinare questo viaggio senza incesto, senza prescrizione o proibizione, senza psicodramma, senza messa a morte dunque lontano dall’eroismo e dal sacrificale. È un itinerario pulsionale, procede dall’apertura, dalla relazione che non è relazione tra i popoli, relazione tra gli stati o tra gli uomini. Relazione che non è né pubblica, né privata, ma è l’apertura da cui le cose procedono, entrando nella parola, affinché s’instauri il mercato.

E le cose, le merci vanno al mercato senza animazione. Non vengono accompagnate, come pensava Marx, ma vanno al mercato per un movimento incessante perché parlando qualcosa gira e qualcosa cade, in particolare per una distrazione. Il mercato è linguistico, illocalizzabile nella città, ma ciò da cui la città incomincia: non a caso la città rinascimentale è sorta attorno al mercato piuttosto che attorno alla corte o alla chiesa. Mercato, ovvero il simbolico, dove avviene una sostituzione incessante che comporta un dispendio incalcolabile, un qui pro quo, un equivoco per cui le cose, entrando nella parola, non significano.

Il viaggio nella parola originaria, il viaggio della nostra esperienza, incomincia per un equivoco. E di sbaglio in sbaglio ciascuna cosa conta e il senso risulta un effetto, imprevedibile, non può porsi come causa o motivo del viaggio. Bologna, Milano, Parigi, San Pietroburgo, la causa del mio viaggio con l’associazione cifrematica non è il suo senso, è l’assoluto che ne è la condizione. È un viaggio secondo la logica particolare a ciascuno, che tende alla riuscita e all’efficacia dei progetti e dei programmi che ciascuno di noi, ciascuna impresa del pianeta, lungo l’integrazione, porta a compimento.

Il libro di Aurelio Misiti, Il viaggio dell’avvenire, è come una guida per questo viaggio e interessa la mia esperienza, la mia pratica di cifrante, perché testimonia, a suo modo, come ciascuno di noi si trovi in questo tragitto, come siamo costantemente in un tra: tra le cose, tra le righe, nel transfert, in una traversata che ci trova protagonisti di un viaggio senza frontiere e senza limiti rappresentati. La frontiera e il limite, nonostante Aristotele, non sono spaziali, né sono l’ostacolo. La cifrematica constata che si tratta qui dell’emergenza di un altro tempo, dell’altro tempo della parola, dell’altro tempo che la comunicazione esige perché le cose giungano a qualità.