LA MAPPA DEL TESORO

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psicanalista, cifrematico, presidente dell’Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna

Nulla è immobile, fisso, stabilito, fatto, detto, scritto. Ciascuna cosa, ciascuna impresa, ciascuno di noi si trova in viaggio, un viaggio senza origine, senza ritorno, senza fine. Viaggio nella parola, viaggio delle cose nella parola, viaggio di ciascuno di noi nella parola. Nulla di stabilito: stabile, dal latino stabilis, poi stabilum, stalla, poi stabilimento. Altra cosa la fabbrica, l’assenza di luogo dell’industria; altra cosa l’azienda, l’assenza di luogo dell’azione. Nel viaggio della parola nulla è detto: “Lui ha detto così” vale, idealmente, a sospendere la parola, a finire il viaggio. Oppure a renderlo circolare, fondandolo sull’idea di ritorno.

Il viaggio nella parola è un viaggio non spaziale, per questo la mappa del viaggio non rende conto dello spazio. Non è una mappa sul viaggio, non ne offre una rappresentazione in scala, proporzionale, dunque spaziale. Già Jorge Luis Borges affermava, nel racconto Del rigore della scienza, “l’inutilità” della mappa spaziale perfetta, “la mappa dell’impero che eguagliava perfettamente in grandezza l’impero e coincideva con esso”. La mappa spaziale è la mappa della corrispondenza, del finito, esclude la completezza e l’infinito, si fonda sul principio del terzo escluso, non è la mappa delle cose nella parola. Tante, quante e quali.

La mappa delle cose infinite, la mappa delle cose della parola, che sono senza fine e senza luogo, è la loro logica, la loro particolarità: nella parola le cose si dispongono secondo la mappa, cioè secondo la logica, secondo la loro particolarità. A questa logica Sigmund Freud accennava con il termine inconscio. La mappa non consente che ci immaginiamo, ci rappresentiamo, ci presentifichiamo le cose, l’avvenire, il viaggio. Nessuno sa leggere la mappa, nessuno ha letto la mappa, che pure è imprescindibile non solo per la lettura, ma anche per la scrittura del viaggio.

La mappa. La carta. Secondo Quintiliano, i cartaginesi rivendicano per sé il significante mappa, Cicerone parla di “carte etrusche”, per Isidoro di Siviglia “mappa” era la tovaglia, il tovagliolo, detto ancora oggi, in alcune regioni italiane, “mappina”. Per cui il significante “mappa” ci rimanda anche alla tessitura. Qual è la tessitura? Come occorre che le cose si tessano, tra la rete della sintassi e la tela della frase, procedendo dalla trama? Per la tessitura che comporta, la mappa esige il dispositivo, il ritmo del viaggio. Per questo la mappa è essenziale all’impresa, perché senza la mappa non c’è il dispositivo che ciascuna impresa esige, in particolare mancano il dispositivo di direzione, il dispositivo di regia, il dispositivo di cura.

La mappa è mappa per la ricerca. Quale ricerca senza la mappa? La mappa della ricerca è la mappa del labirinto, dell’impossibile significazione. Questa mappa dell’impossibile non serve per uscire dal labirinto, è essenziale perché la ricerca si scriva e si compia.

La mappa è anche mappa per il fare, la mappa del contingente. Questa mappa è la gamma delle occorrenze, da cui non possiamo prescindere. Se prescindiamo dalle occorrenze abbiamo il soggetto, che può dire “faccio questo, faccio quello”, “voglio questo, voglio quello”. La mappa del contingente è la mappa con cui le cose che si fanno si scrivono e giungono a compimento, in assenza di soggettività. La soggettività è fatalistica, postula il già detto, quindi è finalistica, nega l’esperienza e l’avvenire.

Come ciascuno si attiene all’occorrenza e all’esperienza? Proprio perché la mappa è mappa del tempo e non dello spazio, la cura delle cose non può prescindere dalla mappa. Mappa anatomica, in cui il tempo interviene come taglio (in greco tòmos) dell’immagine, non come sua patologia. Senza questa mappa, l’anatomia risulterebbe la rappresentazione del corpo “imposto con lo sguardo del potere”, come scrive Francesco Saba Sardi in questo numero.

La mappa del tempo esclude l’anatomopatologia, porta alla cura del tempo, cura intellettuale, senza riferimento all’idea di bene quale economia del male. Cura come gestione delle cose. Nulla va rifiutato, buttato, perduto: ciascuna cosa entra nella mappa, senza restare come prima. Nulla è mai stato prima. La mappa è la mappa dell’attuale, il ricordo stesso è un’idea, talora soggettiva, dell’attuale.

Con la mappa si tratta di fare tesoro di ciascuna cosa, come cosa intellettuale, e ciascuna cosa, la vita stessa, diviene qualità. L’approdo alla qualità è il piacere. La mappa del piacere, la mappa del tesoro senza accumulazione. Qualsiasi processo di valorizzazione, qualsiasi tesaurizzazione dell’esperienza avviene secondo la mappa. La mappa del tesoro è la mappa della vita che diviene qualità, che diviene cifra.