RECUPERI, CONSOLIDAMENTI E MIGLIORAMENTI CON MATERIALI COMPOSITI
Per dare un contributo a un argomento attuale in questo periodo, come quello dell’agibilità sismica, farò cenno ad alcuni casi in cui ho progettato interventi di rinforzo strutturale, che prevedevano l’impiego di vari materiali. A questo proposito vorrei ricordare che non disdegno l’uso dell’acciaio, ma faccio spesso ricorso anche ai materiali FRP.
Ciascun progetto esige una riflessione iniziale, che tenga conto di alcuni aspetti come le richieste della committenza, la verifica degli spazi disponibili, il grado d’invasività dell’intervento e l’accessibilità dei locali, considerando che è molto più facile intervenire con fibre e con contenitori di resina, piuttosto che con pesanti componenti d’acciaio.
Se nell’intervento di rinforzo occorre introdurre “rigidezza”, l’acciaio è l’ideale. Ma, se non c’è bisogno di rigidezza, a parità di resistenza, le fibre di carbonio presentano tutti i vantaggi della facilità di applicazione, della maneggevolezza e della leggerezza e possono essere usate in quantità minori rispetto all’acciaio.
Per effettuare la verifica di una struttura rinforzata con il carbonio, si devono abbandonare i concetti delle tensioni ammissibili, che comunque non ritengo affatto superati, e considerare che, per sfruttare il carbonio anche per valori più modesti rispetto alle cosiddette resistenze utili – per esempio valori intorno a 10000-12000 kg/cm2 –, si deve instaurare una deformazione (in termini di ε) tale da mandare a snervamento l’acciaio preesistente nella nervatura. Questo vuol dire che dobbiamo accettare ε forti, tali che nelle nervature di cemento armato in genere determinano fessurazioni negative ai fini della durabilità e della deformabilità. Non dimentichiamo che il rinforzo abbatte l’ampiezza delle fessure, anche se è difficile quantificarlo, se non altro per incertezza di normativa. È un aspetto ancora da verificare quantitativamente, tuttavia, una serie di sperimentazioni, effettuate anche in collaborazione con Ardea Progetti e Sistemi e con i tecnici di laboratorio della Facoltà d’Ingegneria dell’Università di Bologna, hanno mostrato che anche un rinforzo relativamente modesto di carbonio, applicato nelle travi di prova, riduce sensibilmente l’ampiezza delle lesioni.
Altro aspetto molto importante, sia nei rinforzi con carbonio sia in quelli con acciaio, è l’attenzione che dobbiamo porre a quelle che alcuni di noi chiamano “spinte a vuoto” nei punti per così dire “rientranti”. Se i rinforzi vanno in trazione, in questi punti si verificano “tendenze di distacco”. È lo stesso fenomeno che accade, per esempio, negli angoli concavi delle travi a ginocchio delle scale, in cui le spinte a vuoto devono essere compensate da alcuni dispositivi. Qui è nata l’idea, messa in opera in collaborazione con l’Ardea, di utilizzare in questi casi “inserti” col ruolo di connettori (sono stati anche brevettati) che si oppongono in caso di distacco incipiente.
Fra le applicazioni degli inserti in contesti particolarmente delicati, ricordo l’intervento iniziato nel dicembre 1998 alla Corte Benedettina di Legnaro, in provincia di Padova, che presentava molte situazioni severe, in particolare su vecchi muri di mattoni e sassi, con parecchi angoli diedri concavi, quindi in condizioni di potenziale distacco. Le fibre di carbonio, rivestite con sabbia quarzifera dopo l’applicazione, sono state utilizzate come elementi di rinforzo verticale e orizzontale là dove sembrava troppo rischioso effettuare perforazioni specie dall’alto in murature poco coese, perforazioni atte a ricevere barre metalliche. Il risultato è stato ottenuto con l’applicazione delle fibre ai paramenti esterni e interni delle murature.
Anche sulla facciata di San Pietro, la Cattedrale di Bologna – dove avevamo notato punti di distacco nelle cornici di pietra, che erano a rischio in caso di sisma –, abbiamo applicato strisce in fibra di carbonio. Considerando l’estetica dell’edificio, è stata la soluzione più idonea, accompagnata, nei punti rientranti, da barre metalliche inserite fino a un metro di profondità; inoltre, affinché il blocco degli inserti fosse efficace nei confronti del carbonio, che poteva andare in trazione, abbiamo usato settori di tubo del diametro di 3-4 cm., tagliati longitudinalmente, poi attraversati dalle barre filettate opportunamente serrate contro la parete rigida del tubo. Anche questo è un esempio di soluzione per contenere le “spinte a vuoto”.
Fra le applicazioni nei cosiddetti “impalcati da ponte”, ricordo il ponte della statale San Vitale sul Lamone, un ponte molto obliquo le cui armature rispondevano alle normative degli anni sessanta, norme che prevedevano l’impiego di carichi militari che non erano molto distanti dai carichi di normative successive, fra le quali comunque quella odierna è la più pesante. Per evitare demolizioni e ricostruzioni poco gradite agli uffici competenti, e sempre tenendo presenti i possibili effetti di scosse sismiche, abbiamo pensato di procedere con rinforzi longitudinali di fibre di carbonio e rinforzi a taglio, effettuati andando a prendere l’intradosso della trave, per poi salire con fasce in fibra (di carbonio) e attraversare la soletta con barrette e fettucce di fibre da “sfiocchettare” a estradosso soletta. La disposizione delle strisce in fibra di carbonio non è stata uniforme, perché le cosiddette “travi di bordo”, sempre le più affaticate, hanno richiesto interventi maggiori.
il carbonio è impiegato unitamente a lamiere d’acciaio di peso assai limitato e ha la funzione di “bloccare” le stesse lamiere alle strutture di calcestruzzo, evitando le numerose perforazioni che i collegamenti meccanici imporrebbero.
**Il testo di Raffaele Poluzzi è tratto dal suo intervento al convegno La forza della leggerezza (Mirandola, 18 settembre 2012, organizzato da Ardea Progetti e Sistemi, Bologna)