I DISPOSITIVI DI RIUSCITA, VIVENDO
Parafrasando quanto scrive Jorge Luis Borges in Una vita di poesia (Spirali), il carisma (dal greco charisma, dono) è il dono che riceve chi si dispone all’ascolto e così può accogliere ciò che diviene poesia. Chi avrà il piacere di leggere In direzione della cifra. La scienza della parola, l’impresa, la clinica (Spirali) di Sergio Dalla Val troverà tale dono, perché questo libro è frutto dell’ascolto, dell’obbedienza al testo di grandi scrittori, scienziati e filosofi di vari paesi, che l’Autore ha incontrato nell’arco di quarant’anni: oltre allo stesso Borges, Eugene Ionesco, Elie Wiesel, i dissidenti russi Vladimir Bukovskij e Aleksandr Zinov’ev, l’economista Jacques Attali, lo psicanalista Octave Mannoni, di cui ha tradotto alcuni libri, lo scienziato e scrittore Armando Verdiglione, con il quale ha assunto il compito di scrivere la carta intellettuale dell’Italia, e molti altri. Ma questo libro è anche frutto dell’esperienza della parola originaria, un’esperienza unica nel pianeta, che si chiama cifrematica, con un movimento culturale e artistico che contribuisce dal 1973 a valorizzare il caso di qualità in vari ambiti della vita. Con la cifrematica, la psicanalisi, la medicina, l’economia, la finanza, l’impresa, il progetto e il programma di vita di ciascuno non sono più gli stessi. Per questo, un libro nato dall’esperienza, dalla ricerca e dall’impresa cifrematiche, come quello di Sergio Dalla Val, è una testimonianza attraverso cui ciascuno può capire quali sono i termini e gli strumenti per la trasformazione e per instaurare dispositivi di riuscita. E lo può fare vivendo, anziché cercando di eliminare il disagio, come se fosse una malattia, e rimandando la parola, la riuscita e la vita a presunti tempi migliori.
Sergio Dalla Val può dare un contributo al tema di questo convegno Come riuscire vivendo (Teatro Comunale Luciano Pavarotti, Modena, 24 maggio 2012) perché il suo itinerario è emblematico: in quarant’anni, ha instaurato dispositivi di direzione e di riuscita con centinaia di persone, fra cui imprenditori, studenti, scrittori, giornalisti, librai, intellettuali, medici, poeti, artisti. Non si è mai risparmiato, né tantomeno ha dato consigli come chi, dalla riva, dice a chi si trova in mare cosa fare, come fanno certi consulenti che rischiano di bloccare l’impresa con i loro pregiudizi, anziché contribuire alla sua valorizzazione. Sergio Dalla Val ha scommesso con ciascuno di coloro con cui ha costituito dispositivi, perché divenisse a sua volta brainworker, e non si è mai arroccato nel gioco delle parti che regna, per esempio, nell’iniziazione, in cui il maestro bada a mantenere l’allievo al suo posto finché non arriverà il suo turno. Questa è la logica del cosiddetto ricambio generazionale, in cui il viaggio della vita è improntato alla circolarità: il ricambio è un riciclo, in cui i posti sono assegnati e i giochi sono fatti, prima ancora d’incominciare.
Lontano dalla logica corporativa che ha dominato tutti i settori in Italia, e non solo, e a cui non è sfuggita neppure la psicanalisi, negli anni settanta, formandosi con Armando Verdiglione, l’Autore incontra una psicanalisi come arte, scienza e cultura, che porta un vento nuovo e un’aria di libertà senza precedenti, perché ciascuno possa intervenire innanzitutto in quanto nome che funziona e varia nella parola, mai in quanto soggetto supposto sapere, avere o essere. Per farsi un’idea della distanza assoluta dei dispositivi di formazione nell’esperienza cifrematica dalle pratiche in cui rimangono imbrigliati ancora oggi coloro che si rivolgono ad associazioni più o meno professionali e patentate per la loro formazione, basta leggere il capitolo intitolato L’esperienza di cifra: l’itinerario cifrematico non poggia “su una teoria comune o su una condivisione della pratica, ma sul racconto, anzi, su tre dispositivi narrativi: la conversazione, di cui l’analisi è il preambolo; la narrazione, un secondo racconto, in cui si tratta dell’esperienza; la lettura, in cui c’è restituzione dell’esperienza in qualità”. Con l’esperienza di cifra, va in scacco la credenza nella supervisione come strumento della formazione dello psicanalista, ma anche la credenza che sia possibile parlare di sé o dell’Altro: “Di chi parla il racconto?”, scrive l’Autore, “nel racconto il transfert si specifica come trasposizione, quando il sé e l’Altro sono irrappresentabili. Con questa tripartizione dell’esperienza, non c’è più segreto, cioè, secondo l’etimo, ‘messa da parte del sé’. E non c’è più pettegolezzo, rivelazione possibile dell’Altro. Importa come le cose si dicono, e dicendosi si fanno, e facendosi si scrivono, in modo globale. Solo con la tripartizione, l’esperienza di parola risulta esperienza di cifra”. La novità della cifrematica sta nell’assenza assoluta di personalizzazione, in modo che “a nessun elemento della giornata possa essere attribuito carattere fondamentale e fondante e che, quindi, la vita entri in un costante processo narrativo, che trova ciascuna cosa in viaggio, mai identica né fissa né sostanziale, ma intellettuale”.
E trovare ciascuna cosa in viaggio non interessa soltanto chi punta a divenire psicanalista: da quando è stata inventata la psicanalisi prima e la cifrematica poi, chi può più rinunciare alla dimensione intellettuale della vita? Vivere secondo la logica particolare è un’esigenza di chi mira a divenire caso di qualità, di chi non crede di poter parlare la propria lingua, la lingua facile, o la lingua dell’Altro, che, come ricorda Sergio Dalla Val, non esiste: “sarebbe la lingua telepatica, la lingua dell’intesa, la lingua erotica”.
È interesse di ciascuno compiere uno sforzo per parlare l’altra lingua, anziché credere di poter dire quello che si vuole, e intendere nella lingua altra, la lingua con cui le cose si fanno, la lingua dell’impresa, che “trova la favola come custode del fare”. Con questa lingua, In direzione della cifra continuerà a scriversi nella nostra lettura.