VALORIZZIAMO LA PARTICOLARITÀ DELLE AZIENDE
Negli ultimi anni, i problemi inerenti all’ambiente, alla sicurezza sul lavoro e alla qualità aziendale hanno acquisito notevole importanza e possono costituire parametri determinanti per la valutazione delle imprese. Tuttavia, spesso l’applicazione rigida di norme cogenti rischia di rallentarne l’efficienza. CSAI srl, società di servizi che opera dal 1990 sul territorio nazionale, ha sempre dato un supporto alle aziende per combinare le loro esigenze di crescita con le normative introdotte dal legislatore…
CSAI è stata tra le prime società di Bologna a offrire consulenza per la gestione delle problematiche relative ai settori della prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro, dell’inquinamento ambientale e dei sistemi di gestione aziendale, quando ancora non erano state emanate normative specifiche. Fin dagli anni settanta, operando nel settore della medicina del lavoro, ci siamo confrontati con le esigenze delle PMI. Quella di occuparci prevalentemente di piccole e medie imprese è stata una scelta dettata dal fatto che l’artigiano è più autentico, diretto e tende a instaurare un rapporto fiduciario. Le PMI non hanno bisogno di tanti referenti e il consulente è come il medico di famiglia, a cui l’azienda si rivolge per differenti questioni. In questo momento, per esempio, le richieste maggiori riguardano i finanziamenti.
Il lavoro del consulente è complesso e non può essere improvvisato. Solo l’esperienza sul campo qualifica la consulenza, che dev’essere finalizzata a risolvere i problemi dell’azienda nei vari ambiti di competenza, non semplicemente ad accrescere i servizi offerti. Per quanto concerne l’inquinamento, per esempio, spesso dall’emanazione di una nuova normativa scaturisce un nuovo business per le società di consulenza, anche quando è risaputo che dopo qualche mese sarà sostituita o abrogata. Ciò che invece dovrebbe fare un vero consulente è informare l’azienda affinché possa evitare sanzioni amministrative e penali. Il nostro compito è essenziale per impedire che prevalgano logiche burocratiche che frenano la crescita delle aziende, valutando anche quando è possibile essere meno rigorosi e incontrando, se occorre, i rappresentanti dell’istituzione competente.
In seguito a un controllo sulla sicurezza nei confronti di un’azienda bolognese, per esempio, gli ispettori incaricati, interpretando il TU in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, hanno prescritto l’affiancamento di un interprete nella formazione dei collaboratori, che sono in gran parte cinesi. È evidente che il costo di un interprete in questo momento non è indifferente nel bilancio, oltre a essere poco pragmatico nell’operatività quotidiana. Qualche giorno dopo, in un congresso a cui partecipava un autorevole rappresentante dell’Accordo Stato-Regioni per la formazione dei lavoratori, ho proposto la possibilità di far seguire un corso di italiano ai collaboratori cinesi. Tale ipotesi non era stata considerata prima, anche perché la gran parte dei nostri legislatori non si rende conto del funzionamento di un’azienda e di quanto molte normative ne impediscono la crescita.
Quali sono le condizioni per la costruzione di una città che favorisca la direzione verso la qualità per la riuscita delle nostre imprese?
L’attuale momento storico offre l’occasione per mettere in questione i pregiudizi che gravano sull’impresa. Non è nostro interesse imbastire pratiche burocratiche che producono tonnellate di carta tra avvocati, commercialisti e noi consulenti. Quanto si pretende da un imprenditore deve essere semplice, ben vengano quindi la formazione e l’addestramento, per consentire alle PMI di gestire molti aspetti oggi totalmente affidati a consulenti esterni e di abbattere notevolmente alcuni costi. Questo è ancora più importante in un momento come quello attuale, in cui assistiamo a una stretta creditizia non giustificata dagli aiuti che le banche continuano a ricevere dal governo. Senza considerare poi che la crisi è diventato l’alibi perfetto per non pagare o per pagare in ritardo. Tra parentesi, raramente è la piccola impresa a fare questa politica, perché molti piccoli imprenditori, pur di pagare i propri dipendenti e fornitori, si privano dei compensi per mesi e anni.
Purtroppo, il pregiudizio contro l’impresa ha favorito talvolta un atteggiamento di chiusura anche all’interno delle stesse aziende. In passato l’operaio più anziano, il capo cantiere o lo stesso imprenditore insegnavano il mestiere al giovane apprendista, prendendolo sotto braccio. Oggi è sempre più diffusa la paura che il nuovo arrivato tolga lavoro agli altri, per cui è più frequente il boicottaggio che la trasmissione. Questo atteggiamento è dannoso sia per le imprese sia per le famiglie e constato come fra i giovani ci siano segnali d’insofferenza e di disagio che non vanno sottovalutati. Per questo occorre lavorare in tutto il contesto sociale per valorizzare le particolarità, anziché favorire la formazione di piccoli robot che giovano solo alla standardizzazione. E credo che in questo momento ci siano le condizioni per pensare in modo differente.