LO SMALL BUSINESS: UN’OPPORTUNITÀ PER LA NOSTRA ECONOMIA
In un momento storico di grandi trasformazioni nei diversi settori della produzione e del commercio occorrono nuovi modi per promuovere il tessuto economico del territorio. Come presidente di Confcommercio Ascom Bologna qual è la strategia in atto per rilanciare il commercio?
Le azioni che da alcuni anni abbiamo avviato sono molteplici. Abbiamo promosso, infatti, la discussione su temi diversi che vanno dagli aspetti fiscali a quelli legali, all’assistenza, al rating aziendale, al commercio elettronico, alle liberalizzazioni e ai nuovi sistemi di rete per le imprese commerciali. L’Associazione è un sindacato di categoria, ma non si limita a fare politica sindacale in difesa delle aziende. L’attività principale consiste nel supportare le imprese nel momento in cui sono in atto cambiamenti o comunque a stimolarli quando si ravvisa l’occorrenza di affrontare le trasformazioni che il mercato impone.
L’Italia ha sempre risposto mantenendo ciascuna volta alcune peculiarità come quelle della ricerca, dell’inventiva, del servizio e della ricerca quasi ossessiva della qualità. Queste caratteristiche sono sempre più difficili da tramandare e spesso anche il legislatore dimentica che una parte essenziale del valore aggiunto del prodotto tipicamente italiano è costituita da questi elementi, mentre il mercato tende ad appiattire l’offerta e costringe l’azienda a relativizzare il proprio ruolo, uniformandolo a quello del distributore a condizioni favorevoli.
Intende dire che la crisi del commercio dipende da alcuni pregiudizi su di esso?
Accade ciclicamente che venga additata una presunta fascia privilegiata di cittadini nella credenza che abbiano vissuto di rendita dopo una stagione di facili consumi e altrettanti facili guadagni. Purtroppo, la scarsa capitalizzazione delle nostre imprese, fenomeno tipicamente italiano, non conferma questa tesi. Invece abbiamo la fortuna di avere tante piccole imprese con una forte motivazione e una rilevante capacità d’innovazione rispetto a quanto avviene in altri paesi. Spesso si dimentica che attualmente in Italia non c’è alternativa a un sistema che è produttivo e che simultaneamente non grava sulla collettività. I paesi anglosassoni stanno ripercorrendo la strada dello small business per dare opportunità di commercio ai giovani e alle minoranze etniche. Perfino la grande distribuzione non ha futuro se non si offre la possibilità ai piccoli di diventare imprenditori. In questo senso occorre promuovere la cooperazione che sfrutta le competenze di ciascuno. Confcommercio ha sempre seguito questa via, occupandosi della crescita integrata di tutti.
Attualmente c’è la tendenza ad accorciare la filiera dal produttore al consumatore e nel mezzo non c’è più nulla perché strutturalmente l’economia delle aziende è debole e i parametri di Basilea 3 sono sempre più restrittivi. Manca così una prospettiva di futuro per superare la fase di difficoltà, che scoraggia i nuovi investimenti. Alla politica si chiede di dare una nuova speranza non solo alla popolazione italiana, ma anche alle piccole imprese dove la motivazione personale è addirittura preponderante rispetto al risvolto economico. Il piccolo imprenditore fa una scelta di vita, quello che chiede non è la certezza ma la speranza che se s’impegna può riuscire e, con una forte motivazione, un grande desiderio d’indipendenza e l’ingegno, può fare qualcosa di speciale. Per questo è importante la costituzione di una rete d’imprese, che non sacrifica la differenza e quindi non mortifica la peculiarità, per cui ciascuno mantiene la propria indipendenza, ottimizzando i costi fissi di bilancio.
Confcommercio Ascom Bologna ha fatto una dettagliata proposta per salvaguardare le peculiarità del centro storico di Bologna a proposito del piano di pedonalizzazione dell’Amministrazione. A che punto siete?
Abbiamo pubblicato la proposta di un modello che sia sostenibile anche economicamente, ma, ad oggi, l’amministrazione ha intrapreso una frettolosa e parziale chiusura del centro storico con i T-days. Stiamo contestando con ogni mezzo tale scelta, che mette a repentaglio la vita di tante aziende, ad esempio quelle più blasonate del centro storico, in nome della tutela di una fantomatica fascia di pedoni e ciclisti. Intanto, la cosa non è riuscita nei primi weekend perché pioveva e la città era deserta. Noi monitoreremo ciascun fine settimana la lista dei danni per le singole associazioni di categoria. La politica e le amministrazioni mantengono invece un atteggiamento di superficialità nella credenza che qualsiasi tipo di scelta possa essere comunque gestita dalle attività ancora operative. Bologna si trova, invece, a fare i conti con un decennio di sperimentazioni che hanno causato gravi danni. Come si può pensare di continuare in questa direzione? Forse c’è chi crede ancora che le aziende abbiano i margini per supportare tutto e tutti?