MANIFESTO DEL TERREMOTO INTELLETTUALE

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giornalista

Dopo il terremoto del 20 e 29 maggio, nulla può essere più considerato fermo o bloccato, non possiamo più vivere come prima, accettando qualsiasi pregiudizio sull’impresa e nascondendoci, come se fossimo a capo di aziende che sfruttano i loro collaboratori o i paesi del terzo mondo. Per questo, oggi occorre un altro terremoto, il terremoto intellettuale, perché non possiamo più accettare la burocrazia e la ristrettezza mentale che frenano e rallentano la ripresa delle attività nelle zone colpite, dove operavano 25.302 imprese di cui 14.000 da uno a 5 addetti, con un’occupazione globale per 130.000 persone: una forza socio economica che in un anno genera un gettito di imposte dirette e indirette pari a 7 miliardi di euro.

Ecco che cosa chiediamo:

- chiediamo di eliminare i blocchi, che sono prima di tutto mentali e burocratici: nella terra dei motori, nella terra di Enzo Ferrari – ricordiamo il suo slogan: “Se lo puoi sognare, lo puoi fare” –, chiediamo di abolire la frase: “Non si può fare”. Non chiediamo di poter fare tutto ciò che ci viene in mente, ma tutto ciò che è nello spirito costruttivo che ci distingue, per questo chiediamo di essere posti nelle condizioni di ripartire il 16 luglio 2012, mettendo efficientemente in sicurezza le nostre imprese, senza che il governo aggiunga ulteriore peso alla calamità imponendo l’adeguamento alle nuove normative antisismiche: ci vorrebbero mesi di inattività, che farebbero perdere alle imprese i mercati conquistati in cinquant’anni di lavoro sempre all’insegna dell’eccellenza, grazie al quale esse hanno contribuito all’1 per cento del PIL nazionale. Non possiamo più accettare esitazioni, conflitti e sprechi, non possiamo permetterci d’indugiare, quando i nostri clienti all’estero ci chiedono di riprendere le consegne entro la fine di giugno. 

Considerando il contributo che le nostre imprese hanno dato finora allo Stato, risulta tanto più inaccettabile qualsiasi forma di indifferenza o delega delle responsabilità nella perdita che si profilerebbe nel caso le nostre richieste non fossero ascoltate;

- chiediamo via libera alla responsabilità dei cittadini che presentano certificazioni prodotte facendo ricorso a tecnici privati abilitati: ciascuno di noi “vive” nei capannoni con i propri collaboratori e non ha nessuna intenzione di soccombere; 

- chiediamo allo Stato l’intervento dell’esercito subito: almeno 4000 soldati che liberino le strade dalle macerie che impediscono lo svolgimento delle attività e l’accesso agli edifici che devono essere ricostruiti; ripristinare la viabilità del territorio è condizione imprescindibile per la ricostruzione. Qualora il sito identificato per lo smaltimento presentasse dei problemi, chiediamo che ogni comune nel suo territorio identifichi un sito per lo smaltimento delle macerie raccolte; 

- confidiamo nella solidarietà dei dipendenti e dei collaboratori, in quanto artefici e protagonisti della propria riuscita e di quella dell’azienda in cui lavorano, verso i propri datori di lavoro. In momenti come questo è facile farsi prendere dalla paura e dal panico. Proprio per questo l’impegno da affrontare – lungi dal perseguire atti di eroismo – richiede, però, intraprendenza e responsabilità.  L’imprenditore è colui che ha saputo rischiare e che continua a rischiare tutti i giorni, per sé e per le persone che lavorano al suo fianco; ricambiarlo con fiducia e lealtà è il modo migliore per non arrendersi e per proseguire nel proprio itinerario, consentendo all’impresa di proseguire nel suo;

- chiediamo allo Stato d’incentivare solo gli imprenditori che decidono di restare con la propria azienda sul territorio almeno per i prossimi cinque anni e non quelli che, usando il terremoto (che è, certamente, un evento di grande criticità e di non facile gestione) come pretesto, colgono la palla al balzo per spostare sedi e linee di produzione in altri paesi; 

- chiediamo ai cittadini e agli abitanti della nostra regione di devolvere l’1 per mille a favore delle zone colpite e chiediamo che le somme devolute – come i 13 milioni di euro finora raccolti con sms e quelli che seguiranno – vengano immediatamente resi disponibili e che sia reso pubblico sia l’impiego di tali disponibilità, sia il criterio di scelta per gli impieghi di queste donazioni: non possiamo permettere che rimangano fermi per anni o che vengano gestiti da una banca che li utilizza come garanzia per prestiti agevolati, come è accaduto per i contributi raccolti a favore dei terremotati dell’Aquila (si veda il link http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/16/terremoto-abruzzo-i-soldi-degli-sms-imboscati-dalle-banche/265450/);

- chiediamo a ciascun giovane esperto di internet e social network di adottare una famiglia o un’impresa e di seguirla in azioni di sostegno come il crowdfunding, in modo da rendere immediata la ricostruzione; 

- chiediamo solidarietà agli organi di stampa, che dovrebbero dare il loro apporto innanzitutto pubblicando questo manifesto e poi raccontando il nostro lavoro di ricostruzione, non limitandosi a cogliere del terremoto gli aspetti più negativi e scandalistici: i nostri clienti all’estero devono sapere che qui stiamo lavorando nei container, pur di non perdere gli ordini, devono poter leggere le storie delle nostre eccellenze, in modo che la loro solidarietà aumenti;

- chiediamo che venga verificata l’informazione e la formazione ai valori dell’impresa di tutti i funzionari pubblici e ispettori che dovranno interloquire con noi da ora in avanti: troppo spesso abbiamo dovuto lottare affinché, quando un funzionario pubblico entrava nelle nostre aziende, non ci considerasse a priori persone non degne di essere ascoltate, senza che tuttavia avesse ancora incominciato a indagare, quindi senza che avesse riscontrato alcun reato da parte nostra; 

- chiediamo agli artisti, agli scrittori, ai filosofi, agli economisti, agli intellettuali, ai musicisti di promuovere eventi importanti durante tutta la stagione estiva nei parchi delle zone colpite: un territorio devastato dal terremoto non ha attrattiva, se non per gli sciacalli. Ma le persone che ci vivono hanno un patrimonio culturale e imprenditoriale che non sarà mai distrutto e cancellato: ecco perché occorre organizzare occasioni d’incontro con queste persone e assicurare loro la parola e la comunicazione, anziché limitarsi allo sguardo caritatevole che si posa su chi ha subito una sciagura; 

- chiediamo a tutti gli imprenditori e cittadini che non possono accettare che, a pochi chilometri dalle loro case, cittadini come loro vivano nelle tendopoli e lavorino nei container – non per uno o due anni, ma neanche per un mese – di sottoscrivere questo manifesto.

Il terremoto intellettuale, che procede dall’apertura e dallo spirito costruttivo, avrà i suoi effetti nella vita di migliaia di persone che oggi sono allo sbando. 

Chi non interviene subito sappia invece che anche l’esitazione, le remore, il rimando e l’inconcludenza potrebbero avere i loro effetti, devastanti e mortiferi, che potrebbero portare alla cancellazione non solo di un intero distretto, ma di tutto il suo indotto e della cultura imprenditoriale, scientifica, tecnologica e manageriale che rappresenta – costruito in cinquant’anni di sforzi e di sacrifici –, con gravissimi problemi di disoccupazione per migliaia di lavoratori e le loro famiglie. 

Per sottoscrivere il manifesto, inviare i propri dati a manifesto@terremotointellettuale.it