QUALI CONTROLLI PER LA PRODUZIONE BIOLOGICA

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presidente di Bioagricert

Bioagricert è un organismo nazionale indipendente di controllo e di certificazione della produzione biologica, nato nel 1984. In qualità di presidente di Bioagricert, può darci alcuni chiarimenti in merito alla frode scoperta di recente e relativa alla vendita di prodotti dichiarati biologici con certificazioni false?

Non abbiamo ancora notizie precise sull’entità della frode posta in atto: sono stati effettuati arresti, sono state indicate cifre ed è stata citata l’ortofrutta, che, invece, almeno per il momento, non c’entra: si tratta soprattutto di cereali. Il sistema è quello classico della falsificazione di certificati e della costituzione di società finalizzate all’emissione di fatture false per transazioni inesistenti. Poi, in questo caso, si sono aggiunti i prodotti importati, certificati da un ente tedesco, per coprire una parte delle operazioni o i prodotti convenzionali spacciati per biologici.

Il sistema attuale di controllo prevede la tracciabilità lungo la filiera, che è a garanzia d’origine. Il controllo avviene verificando il certificato di conformità dell’azienda produttrice. Solo a posteriori è possibile accorgersi se il certificato è falso, con indagini incrociate tra gli organi di vigilanza e gli enti pubblici interessati. Gli organismi di controllo della produzione biologica non sono organi di polizia, certificano un metodo, quello previsto dal regolamento comunitario per le produzioni biologiche. Questo metodo impegna sia chi produce sia chi commercializza per l’utente finale. Quindi, il controllo si estende anche alla vendita al minuto del prodotto sfuso e, in caso di confezionamento, all’ultimo confezionatore. Nel caso della recente frode alimentare, questa parte è sfuggita semplicemente perché le carte erano in regola, anche se false. Chi vuol truffare, conoscendo il metodo, trova l’inganno. “Fatta la legge, trovato l’inganno”: in questo caso, hanno trovato la maglia larga, ovvero la parte difficile da controllare. La legge non aiuta in questo senso. Il controllo delle fatture dovrebbe riguardare più il fisco che gli enti certificatori. È un po’ complesso da spiegare, però, il controllo vero e proprio riguarda la produzione e la vendita, non gli intermediari. In molti casi, noi certifichiamo loro, che sono solo un tramite, mentre è più importante la sicurezza della provenienza e della destinazione. In questo modo è possibile constatare eventuali anomalie.

Da che cosa dipende questo?

Dipende dall’interpretazione ambigua del regolamento comunitario, secondo cui anche l’intermediario, ovvero chi emette solo fatture, dev’essere sottoposto a controllo. Ma questo sarebbe competenza della Guardia di Finanza: l’intermediario deve solo rendere conto di avere emesso una fattura relativa a un’operazione reale, non che il prodotto sia biologico. Questa garanzia è data dal certificato d’origine, da cui risulta che il prodotto è stato coltivato, immagazzinato, trasportato (con imballaggi che impediscono la sostituzione della merce) e posto in vendita in modo conforme al regolamento. 

Certo, le truffe sono sempre in agguato. Per riacquistare completamente la fiducia dei consumatori, occorre, ora, che gli Organismi di Certificazione rivedano il sistema, soprattutto quando si tratta di produzione biologica con grandi numeri, e mettano in atto correttivi ai metodi di controllo. Un sistema efficace si basa soprattutto sulla collaborazione a livello delle informazioni: per questo, i nove OdC che aderiscono a Federbio (la federazione che rappresenta, oggi, la maggior parte del mondo biologico italiano) contribuiranno a creare al suo interno una banca dati che consentirà lo scambio d’informazioni con gli OdC e con i vari operatori del settore. 

La speculazione si fa con i numeri: se uno coltiva dieci, l’altro dichiara cento e falsifica il certificato d’origine, moltiplicando i pani e i pesci nei vari passaggi. Così si perde la traccia principale. L’inchiesta in corso sta verificando ciascun passaggio, a partire dal 2007. Molto probabilmente, le migliaia di tonnellate di prodotti dichiarate dalla Guardia di Finanza si ridurranno a trenta o quarantamila effettivamente transitate sul mercato. Non è una grande consolazione ma almeno non ci sono pericoli per la salute pubblica, al massimo si tratta di prodotto convenzionale, che spesso non presenta neanche residui.

La notizia di una frode nel settore del biologico può indurre qualche consumatore a sospettare della presunta “purezza” del prodotto. Con questa idea il sospetto può estendersi anche ai prezzi del biologico. La grande distribuzione con una propria serie di prodotti bio riesce a contenerli. In altri casi, le cose vanno differentemente.

Che il biologico costi di più è soprattutto questione di maggiori sacrifici: richiede più manodopera e più attenzione perché si usano prodotti non invasivi. Se una pianta viene trattata con il rame e il giorno dopo piove, l’operazione è da ripetere. Il trattamento chimico, invece, può mantenere la sua efficacia per molte settimane, avvelena sì il fattore patogeno, ma quasi sempre lascia residui sui prodotti o, peggio, non si sa dove vada a finire. Mi riferisco alle centinaia di prodotti sintetici.

Maggiori sacrifici e un maggior investimento, comprendente anche il costo dei controlli, comportano maggior valore aggiunto.

Chi ha veramente a cuore il bio usa prodotti naturali sia per la concimazione sia per la difesa, con cui ottenere prodotti più sapidi, con un maggiore contenuto di elementi nutrizionali, e segue il principio della salvaguardia ambientale. Questa è la finalità. Con i grandi numeri, questo obiettivo sembra perdersi. Fare bio producendo in quantità esagerate stride non poco con la cura e la dedizione del produttore e richiede tecnici qualificati che seguano la produzione. La produzione massiva del biologico di per sé è molto rischiosa, se a farla è una sola persona qualcosa non quadra.