L’IMPORTANZA DEI PERCORSI FORMATIIVI NELLE AZIENDE PUBBLICHE E PRIVATE
Quale segmento all’interno di aziende pubbliche e private vive con particolare tensione e aspettative la combinazione tra formazione, crescita e prospettiva occupazionale?
La formazione permanente è oggi più che mai collegata alla “crisi” della condizione vissuta dai quadri intermedi all’interno di istituzioni e aziende pubbliche o private. Abbiamo assistito a un’elevata richiesta di visibilità, di riconoscimento dell’identità professionale, di apprezzamento della funzione sociale e culturale per un lavoro spesso identificato come secondario. Serpeggia il timore che il proprio ruolo sia in tempi brevi ridimensionato, se non cancellato da modalità più flessibili, più libere, ma anonime e estranee all’azienda. Questo ha comportato una reazione che il più delle volte ha messo in evidenza una condizione di scoramento e di disillusione e ha provocato un terremoto nel campo della formazione: si è infatti capita la necessità di progettare percorsi in cui i quadri intermedi potessero identificarsi come gruppo intellettuale che sa rapportarsi con le comunità interne ed esterne al proprio ambiente di lavoro. Le figure intermedie hanno compreso che possono essere ascoltate se consolidano la propria biografia professionale, se vivono esperienze di crescita attraverso la partecipazione ad azioni dinamiche, se potenziano le proprie esperienze lavorative, ossia si rimettono in gioco a livello cognitivo ed emotivo.
Spesso l’arricchimento sul piano professionale rischia di essere considerato come corsa verso l’attestato, caccia alla certificazione. in che modo l’Istituto Europeo ha ovviato a questo equivoco che si verifica in molte realtà lavorative?
Dopo la formazione iniziale, la formazione continua in servizio va vissuta come vero investimento a livello sia individuale sia aziendale o istituzionale. Di qui l’esigenza di un’offerta formativa che sappia come procedere secondo l’idea di una professionalizzazione di tipo orizzontale: apprendere e crescere, anche attraverso lo scambio, la partecipazione, l’arricchimento, la valorizzazione reciproca. Si deve evitare d’intendere la formazione in servizio come corsa a ostacoli inutile e dannosa, dove il numero dei corsi frequentati diventa l’obiettivo primario, trascurandone la qualità, la coerenza e la spendibilità.
Come le aziende considerano la cosiddetta cultura della formazione?
Coloro che si occupano di risorse umane e di valorizzazione professionale del personale hanno un ruolo determinante nel raccordo con le agenzie specializzate. Devono infatti saper progettare l’azione formativa, gestendo le nuove condizioni di flessibilità, di modularità e di discrezionalità metodologica, ma nello stesso tempo devono garantire il raggiungimento degli standard prefissati, imparando a valutare i risultati e a promuovere azioni di miglioramento. La formazione richiede l’adozione di nuove strategie e di misure innovative: per esempio, il personale avrà diritto a un proprio percorso personalizzato di sviluppo professionale, mentre ogni azienda e istituzione dovrà impegnarsi nell’elaborazione di un sistema di opportunità formative per i propri operatori.
Inoltre, attraverso il coinvolgimento nei processi, il personale impegnato nella formazione in servizio impara a comprendere i diversi punti di vista e diventa più abile nella leadership.
Ci sono azioni all’interno delle aziende che possono essere adottate a sostegno di questo tipo di progetto formativo?
Il contesto operativo e di lavoro si qualifica – ormai in ogni settore produttivo – quale ambiente per una più matura professionalizzazione degli operatori. E a tale proposito possono essere individuate opportunità formative quali l’utilizzo di momenti di collegialità come occasioni di formazione, intesa come riflessione sulle proprie esperienze e vissuti professionali; la promozione di una cultura della valutazione formativa che consenta d’incentivare la conoscenza dei livelli professionali e culturali del personale nella prospettiva della continuità e coerenza del percorso formativo; l’individuazione di figure obiettivo che sappiano interpretare i bisogni professionali dell’azienda in termini di coordinamento, di raccordo organizzativo e di più intensa connessione con il territorio; il potenziamento dei dipartimenti di Risorse umane, incentivando la documentazione in modo tale che si possa alimentare la progettualità e stabilire relazioni con le strutture esterne; la creazione di un nucleo interno di valutazione con il compito di raccogliere informazioni e dati sulla produttività culturale dell’azienda e predisporre indicatori per regolarne lo sviluppo qualitativo.
Può segnalare modelli formativi funzionali per questa realtà lavorativa?
A nostro avviso ci sono le seguenti quattro tipologie che possono davvero contribuire alla crescita dei quadri aziendali. A) corsi brevi: un ciclo di incontri interessanti, una buona lezione frontale hanno ancora la funzione prioritaria di stimolare la necessità e il piacere di acquisire o perfezionare il proprio profilo; B) collaborazione con l’università o agenzie per corsi qualificati, con interazione collaborativa in rete, per progetti di ricerca comune; C) formazione on line, che risponde al bisogno di superare i limiti delle singole realtà territoriali e di trovare risposte adeguate alla molteplicità e diversità dei bisogni formativi; D) consulenza e assistenza consulenziale: esperti, team di esperti, agenzie accreditate, istituzioni, enti, associazioni possono offrire sevizi di consulenza, anche con apposite convenzioni. Per esempio, l’Istituto Europeo, come agenzia formativa sul territorio, ha collaborato con specifiche scuole di lingue quali la Oxford School e la Benedict School, in quanto gli era stata fatta richiesta di percorsi formativi finalizzati al conseguimento di certificazioni linguistiche europee proprio per quadri intermedi di aziende di settore.