L’ATTIVITÀ COMMERCIALE COME SCELTA DI VITA

Immagine: 
Qualifiche dell'autore: 
presidente di Confcommercio Imprese per l'Italia Ascom Bologna e di Cofiter-Confidi Terziario Emilia Romagna

Con oltre trent´anni di esperienza nel commercio, a fianco del padre Enea nel negozio di famiglia, Postacchini Abbigliamento, lei è attualmente presidente di Confcommercio Imprese per l’Italia-Ascom Bologna e di Cofiter-Confidi Terziario Emilia Romagna, oltre a essere vicepresidente di BolognaFiere S.p.A. e a intervenire in diversi Consigli Generali fra cui quello della Camera di Commercio. Come integra gli impegni istituzionali con l’attività del negozio, dove tuttora opera?

L’itinerario nella pratica del negozio si è svolto quasi simultaneamente con l’impegno associativo e questo ha contribuito in modo determinante alla mia formazione. Postacchini Abbigliamento ha aperto a Bologna casualmente. Mio nonno, infatti, faceva il falegname nelle Marche e fu espropriato del laboratorio e dell’abitazione a causa della costruzione della linea ferroviaria. Nei primi anni venti si trasferì in città con i nove figli, nella zona Costa-Saragozza, dove costruì il palazzo che ancora oggi ospita il negozio di famiglia. Solo qualche anno più tardi, nel 1948, mio padre con altri due fratelli inaugurarono il negozio, che giunse ad avere altre due sedi. Frequentavo ancora il liceo e facevo i compiti in negozio, quando ho incominciato a contribuire all’attività. Alla fine degli anni settanta, ho deciso di proseguire in modo più intenso con il negozio e ho incominciato a partecipare attivamente all’Associazione dei Commercianti di Bologna, impegnandomi come presidente del Gruppo Giovani e poi intervenendo a livello di Federazione Nazionale in Confcommercio. 

Nel corso degli anni, Postacchini Abbigliamento ha modificato il tipo di prodotto e, benché la zona non sia commercialmente strategica, continua a offrire prêt-à-porter di qualità per uomo e donna che cercano un lusso quotidiano senza ostentazioni, ma di grande sobrietà. Questo è stato sempre il nostro sforzo, che è tuttora apprezzato anche dai clienti di altre regioni d’Italia.

Come spiega il fatto che spesso il valore aggiunto del commercio, soprattutto nel centro storico della città, non sia riconosciuto e talvolta osteggiato?

A Bologna, abbiamo una lunga tradizione di botteghe, ancora oggi numericamente molto ben rappresentata non soltanto nel centro storico ma anche in provincia, che vanta attività consolidate e ancora di proprietà di piccoli imprenditori. Queste botteghe sono un valore aggiunto, perché investono o comunque sollecitano a investire nel territorio, oltre a presidiarlo spesso a loro spese. È una prerogativa che ha favorito la formazione di un senso civico e della voglia di fare che non sono riscontrabili altrove. 

Negli ultimi decenni, la tendenza economica è stata quella di favorire la grande distribuzione fuori dai centri storici della città. Simultaneamente, non è stato attuato lo stesso equilibrio nel mantenere condizioni di pulizia e organizzazione nel centro storico. Questa è una disparità che va colmata. Ciascuna attività, che sia di grandi o di piccole dimensioni, deve esercitare il commercio nelle migliori condizioni possibili perché è una risorsa e non un disturbo, come in alcuni casi sembra essere intesa. È giusto quindi che proclami le sue istanze a gran voce perché, difendendo la propria azienda, difende la vita della città. 

Negli ultimi due anni, Ascom Bologna ha lanciato un importante progetto per la sicurezza, raccogliendo, in appena un anno, un importo globale che supera il milione di euro per l’installazione di telecamere digitali in alta definizione. L’investimento, a carico di ciascuna piccola e media azienda e con il contributo della Camera di Commercio – che non grava, quindi, sulle incombenze dell’amministrazione comunale – offre un beneficio di cui usufruiscono tutti i cittadini, che possono attraversare vie e piazze più sicure, oltre a dare una risposta immediata nell’arginare il fenomeno del vandalismo. Le amministrazioni tendono a dimenticare le piccole attività o ne tengono conto in modo marginale perché oggi i grandi insediamenti commerciali rappresentano oneri di urbanizzazione importanti.

Qual è la specificità delle aziende italiane? 

La piccola e media dimensione delle nostre aziende è intesa come un limite o come una carenza rispetto alla logica dell’economia globale. Penso, invece, che essa sia la vera risorsa, ecco perché non possiamo accettare di rinunciare alla qualità dei nostri prodotti per conformarla agli standard. In Italia, le piccole aziende resistono anche nei momenti economicamente più difficili perché chi apre un’attività commerciale fa una scelta di vita, che non è solo nella logica della redditività. Occorre valorizzare questo aspetto anche nel messaggio che si dà ai giovani. Andiamo verso un mondo che non offre garanzie, ma opportunità e che mette alla prova. Il piccolo imprenditore non ha alcuna sicurezza se non la convinzione di costruire e vendere qualcosa di buono che sia utile ad altri. È questa certezza che garantisce sia chi lavora alle dipendenze sia chi lavora in proprio.