LA BANCA COSTRUITA CON IL CLIENTE

Qualifiche dell'autore: 
direttore generale della Cassa di Risparmio di Cento

La Cassa di Risparmio di Cento a giugno di quest’anno ha aperto una nuova filiale a Vignola, proprio in un momento in cui molte banche chiudono gli innumerevoli sportelli che avevano aperto negli anni passati. Tanto per confermare che la vostra politica, che ha alla base la vocazione di “banca del territorio”, sta pagando. Ma, per un’azienda come la vostra nata nel 1859, due anni prima dell’Unità d’Italia, come si esprime in termini pratici tale vocazione, che fa parte della vostra tradizione, non degli slogan con cui oggi anche i colossi si presentano sul mercato sempre più spesso e volentieri?
È vero, oggi per risolvere un problema diffuso nel mondo delle banche, quello di essere percepiti come un insieme indifferenziato poco attento al cliente, molti si riempiono la bocca di frasi fatte come “vicinanza al territorio, al cliente, alle imprese”, “localismo contro globalizzazione”, e così via. La nostra vocazione invece ha radici lontane: è stata per me una grande soddisfazione quest’anno ritirare a Roma il premio di Unioncamere assegnato alle imprese che hanno più di centocinquant’anni di storia. Per noi, la vicinanza al territorio si esprime in una combinazione di organizzazione aziendale da una parte e aspetti informali, immateriali, dall’altra. In termini pratici questo vuol dire, per esempio, che, pur ricoprendo la carica di direttore generale, sono sempre informato sui primi trecento clienti della Banca, così come è accaduto che il titolare di un’impresa mi abbia chiesto e ottenuto un appuntamento per il giorno dopo per illustrarmi un affare importante e urgente. È molto apprezzata, in strutture della nostra dimensione, la possibilità di ottenere un incontro nell’arco di ventiquattr’ore con il direttore generale. Questo è uno dei vantaggi della vicinanza al territorio, non solo in termini fisici e geografici, che poi diventa tangibile nell’accelerazione delle attività che l’azienda cliente deve avviare con il nostro sostegno. Altro vantaggio della nostra organizzazione aziendale è riscontrabile nel fatto che il nostro personale, anziché avvicendarsi ogni sei/dodici mesi, come solitamente si osserva nella maggior parte delle banche, si alterna ogni dieci anni o addirittura ogni venti, e in metà delle nostre filiali il titolare risiede nel comune in cui lavora (quindi è in servizio sette giorni su sette e risponde del suo operato dinanzi alla comunità, che lo riconosce come suo cittadino). Questo vuol dire avere avuto la forza e la solidità intellettuale per andare oltre il presunto pericolo di conflitto d’interessi che si pensa possa sorgere necessariamente da un condizionamento del contesto in cui si vive al di fuori dell’orario lavorativo. È solo un pregiudizio, perché se l’azienda è sana e ha regole certe e il territorio è sano, il conflitto si può gestire tranquillamente.
Nell’incontro con il banchiere Vittorio Volpi, che si è tenuto proprio nel centese e al quale lei ha partecipato (L’Italia, la Cina, il Giappone: dal progetto di Valignano alle nuove opportunità di business, Museo Ferruccio Lamborghini), si è parlato del “metodo dell’adattamento” che Alessandro Valignano introdusse nella sua missione in Asia e che si tradusse in un impulso all’evangelizzazione di portata epocale. Il metodo di Valignano si basava sull’ascolto dei popoli ai quali portare il messaggio cristiano e sull’apprendimento della loro lingua e della loro cultura, anziché sull’imposizione, come era avvenuto nelle precedenti missioni in Estremo Oriente, che si erano rivelate fallimentari. Un metodo che vale oggi più che mai, all’estero o in patria, perché lo sviluppo di un’azienda non può realizzarsi a scapito dei propri clienti. Forse in questo senso è da intendersi la sua dichiarazione in una recente intervista in cui afferma che la vostra Banca sta affrontando “la sfida di una maggiore redditività sostenibile e soprattutto non costruita sul cliente ma con il cliente”?
Parafrasando Adriano Olivetti, il fine dell’impresa non è quello di fare profitti, ma quello di rendere soddisfatti i propri clienti: attraverso questo processo arriveranno i profitti; ovviamente, l’impresa deve mantenere un assetto e una struttura efficienti. Questa affermazione fa parte del Dna della nostra Banca e si traduce, per i privati, nella possibilità di offrire tutta una serie di opportunità che non coincidono necessariamente con il miglior prezzo – un’impresa che ha tutti i giorni il miglior prezzo non ha futuro –, ma con la consulenza, la continuità dei servizi e del personale, l’indipendenza nell’offerta di soluzioni distribuite, acquistate sul mercato e che non innescano conflitti d’interesse con prodotti propri sui quali si possono applicare ricarichi maggiori; per le imprese, questo Dna si traduce nel nostro interesse assoluto per la storia dell’azienda, ma anche dell’imprenditore e della famiglia – perché in Italia questo connubio è inscindibile –, con il vantaggio che questo tipo di reciproca visibilità è condizione di stabilità nel tempo, non è un copione che dev’essere continuamente azzerato e riproposto in funzione del trasferimento di una persona o del cambiamento di regole all’interno di una struttura. È un’attenzione che larga parte del mercato oggi richiede anche da parte di clienti avvezzi a navigare su internet, che è sicuramente un canale straordinario di ottimizzazione dei costi e dei tempi, quando si tratta di soddisfare i fabbisogni elementari delle persone, ma, tutte le volte che il fabbisogno eccede di qualche virgola l’elementarità, c’è l’esigenza dell’incontro, della relazione, della consulenza dedicata. E uno dei nostri punti di forza è la possibilità di soddisfare tale esigenza.
Come emerge dal rapporto di Confindustria dello scorso giugno, i risultati migliori negli ultimi tre anni (dall’inizio della crisi) sono stati registrati in quelle aziende che avevano un progetto e un programma e avevano investito, da dieci anni a questa parte, in innovazione e formazione, puntando a un profitto non a breve e medio termine, ma a lungo termine che ha una valenza culturale molto più ampia. Non è un caso se questi risultati sono riscontrabili anche per la vostra Banca…
È vero, l’approccio delle imprese che hanno instaurato con i clienti un rapporto equilibrato e non alla ricerca esasperata del profitto ha dimostrato di essere vincente, comunque un approccio tale da consentire una continuità più serena. Questa crisi planetaria ha lasciato molti graffi anche su di noi, non letali o da costringerci a letto, ma non possiamo dire di essere nello stato di salute precedente. Di positivo diciamo che, mentre la maggior parte delle banche fa aumenti di capitali, noi non abbiamo avuto bisogno di scomodare i soci; e la stessa cosa si può dire dei problemi di liquidità e scarsità di capitali diffusissimi nel nostro settore, da cui noi non siamo toccati, proprio grazie al forte legame con il territorio. Vero è che, se alcune imprese si fermano perché i loro mercati si fermano, qualche problema con queste imprese lo subiamo anche noi. Inoltre, non possiamo ignorare che il contesto è cambiato. Come mi diceva di recente un nostro cliente: “Il mondo A è finito, io devo mettere la mia impresa in grado di stare sul mercato nei prossimi vent’anni nel mondo B”. È un riferimento alla forte discontinuità fra quello che succedeva fino a qualche anno fa e quello che sta succedendo e succederà sempre più in futuro.
Come ricordava lei all’inizio, rispetto alla nostra vocazione, possiamo ribadire che, mentre in tutto il mondo il numero di sportelli bancari sta diminuendo, noi proseguiamo con l’apertura di nuove filiali, lungo il nostro sviluppo ordinato, tranquillo, ponderato, sempre nella logica di essere presenti nei territori dove la nostra visione di banca sia condivisa: non apriremo mai uno sportello a Milano tanto per fare business, ma nei comuni limitrofi, dove la Cassa di Risparmio di Cento è conosciuta e le persone sanno come lavoriamo e perché siamo sul mercato. Questo è per noi un investimento interessante, poi è chiaro che dovremo giocare la nostra partita, perché il bello del nostro tempo è che i livelli di concorrenza sono altissimi e le opportunità per i clienti veramente tante.
Allora, se un’azienda locale che voi conoscete passa al mondo B, che vuol dire soprattutto internazionalizzazione, quindi nuovi mercati, e innovazione, quindi nuovi prodotti che si rivolgono al mondo B, voi la sostenete?
Certo. È questo il vantaggio di una banca del territorio, la possibilità di conoscere e apprezzare le iniziative meritevoli e quindi di rimanere promotori dello sviluppo economico anche quando questa funzione è penalizzata dalle congiunture sfavorevoli a livello mondiale, come quella ancora in atto.
Ma il vostro sostegno va anche a iniziative di carattere culturale e sociale…
A questo proposito, vorrei ricordare che cinque anni fa siamo intervenuti come main sponsor alla nascita di un’associazione delle sagre. Sembra un’iniziativa banale, ma qui ogni paese ha la sua sagra, che si consuma tra maggio e ottobre. Nata con ottanta sagre, adesso c’è la lista d’attesa per essere associati, è diventata un’occasione di condivisione e di socialità talmente forte e importante che richiama centinaia di migliaia di persone. È un fenomeno nato dal niente che è esploso in poco tempo, a riprova del fatto che le persone hanno voglia d’incontrarsi, di respirare valori, di assaporare tradizioni e di sviluppare relazioni, restando nel proprio territorio.