LETTERA ALL'ASSOCIAZIONE DEI BRAINWORKERS DI BOLOGNA
Occorrerebbe, dopo Essere e tempo di Martin Heidegger, scrivere un libro dal titolo Cielo e tempo. Come sarebbe l’opera di Heidegger e di tanta filosofia, se i filosofi avessero trovato il cielo?
Rispetto al cielo, vivere e morire non hanno senso. Ciò di cui si accorge il discorso ossessivo. Mentre il discorso schizofrenico tenta di costruirne il segno. A modo suo. In maniera artistica.
Questo preambolo per azzardare una risposta all’invito di Sergio Dalla Val di inviare uno scritto breve per il numero sul brainworker della rivista, bellissima, “La città del secondo rinascimento”.
Intanto Bologna. Bologna e Milano. Ci sarebbe Milano senza Bologna?
E senza Ferrara, Modena, Parma, Napoli, Palermo, Barcellona, Parigi, Londra, New York, Mosca e Gerusalemme?
A Milano si sta mai coi mani in man. E già questo comporta il ritmo. E per stare al ritmo, la danza innanzitutto. A Milano si danza dalla sera alla mattina. Perché la forza, Milano, la trae al crepuscolo. In quell’istante tra il lavoro diurno e la notte.
Si incomincia la mattina presto, con vari appuntamenti. Gli imprenditori si trovano a discutere le cose principali all’ora della prima colazione.
Nella città, si capisce se davanti a noi sta una persona che abbia compiuto un’elaborazione, semplicemente chiedendo a che ora si alza.
A Palermo la Vucciria è attiva dalle 7 alle 19 per sei giorni la settimana.
A Milano, un appuntamento mancato produce l’esclusione. Rimandarlo vale lo sdegno. Spostare un appuntamento è ammesso, purché rilanciando con più ipotesi, offrendo anche una data antecedente all’appuntamento stabilito, in modo che la parola stia all’interlocutore.
A Milano, una persona senza soldi e senza documenti trova da mangiare, da dormire, da lavare e da cercare lavoro. C’è una mappa speciale per questa occorrenza, apparentemente curiosa nel terzo millennio, eppure sempre attuale, per ciascuno.
Milano si trova come terreno, immune, tra la religione protestante della Svizzera e dei paesi germanici e la religione ortodossa dell’est. Più vicina al sud, di cui apprezza la cultura e l’arte di vivere.
E noi? Questa è la domanda che si pone il brainworker, davanti all’anomalia. L’anomalia è spia dell’unico, per questo il brainworker ne rimane attratto, senza nessuna naturalità.
Portare l’anomalia, che è la condizione, all’unico costituisce la prima scommessa. E il “primo” ragionamento è che occorre azzardare, con umiltà, a fare l’inventario delle doti di cui siamo forniti, senza indugiare su ciò che pare mancare.
Nessuno manca di nulla. Da ciò l’occorrenza. Ciò che ancora non si dà contribuisce alla direzione che prendono le cose. Strada facendo. E s’instaurano i dispositivi nuovi. E si constatano i talenti.
Sta qui la portata grandiosa dell’itinerario, che combina la storia e la geografia e induce l’internazionale e l’intersettoriale.
Ringrazio per l’ospitalità ricevuta da questa audacissima rivista internazionale. Spero di aver incominciato a rispondere e di tornare.
Milano, 4 aprile 2002