L’INFORMATICA PER DISABILI E ANZIANI
Prima del 2004, quanti disabili erano costretti al silenzio, non potevano esprimersi né con le parole né con la scrittura. Con la sua invenzione rivoluzionaria, il FaceMouse, oggi ciascuno può pilotare il cursore del mouse – con i movimenti del capo o di qualunque parte del corpo che il disabile controlli, dinanzi a un’economica telecamera collegata al computer –, per comunicare, scrivere, studiare, lavorare, navigare in internet, giocare e addirittura creare programmi informatici, come ha fatto lei, nonostante le difficoltà fisiche che l’accompagnano fin dalla nascita…
Se parlo di me non è per vantare i prodigi di cui sono capace, ma per dare testimonianza di un altro approccio che occorre instaurare nei confronti delle persone cosiddette disabili. Prendiamo la diagnosi ufficiale che mi è stata posta: “cerebroleso con tetraparesi spastica gravissima e importanti impedimenti nel linguaggio verbale, a causa di asfissia da parto”. Se l’avessi considerata una condanna, se non avessi compiuto costanti sforzi per riuscire a fare ciò che mi prefiggevo, se avessi accettato il mio disagio come un limite alla mia espressione e, aggiungo, se non avessi avuto fede, non mi sarei laureato in Ingegneria informatica nel 2004, né avrei poi inventato il FaceMouse e gli altri ausili informatici che sviluppiamo nei laboratori A.I.D.A. di Modena, su misura per ciascun utente, che andiamo a trovare a casa, spostandoci in tutta Italia, isole comprese.
Ho fondato A.I.D.A., con un amico ingegnere, Emanuele Perini, perché desideravo dare a persone in condizioni simili alla mia le stesse possibilità che ho avuto io: la tecnologia informatica oggi può davvero essere uno strumento d’interazione con il mondo per persone diversamente abili. E, per estendere queste possibilità al maggior numero di persone possibile, sarò felice di attivare collaborazioni con chi vuole portare il mio lavoro all’estero.
Lei rivolge particolare attenzione allo studio di strumenti per la comunicazione di disabili motori gravi, per i quali non esistono ancora sistemi efficaci, oppure sono molto costosi, come il puntatore oculare, che può essere usato per consentire ai malati di SLA di comunicare, ma ha un prezzo inaccessibile (ventimila euro), oltre a essere dannoso per gli occhi…
Proprio per questo, a grande richiesta, tra il 2007 e il 2008, abbiamo sviluppato l’EyeClick, per persone disabili immobilizzate, che non erano in grado di utilizzare FaceMouse. I disabili affetti da SLA all’ultimo stadio o da sindrome Locked-in sono persone a cui è rimasto solo il movimento della pupilla o l’ammiccamento: EyeClick è utilizzabile con il battito dell’occhio ed è alla portata di tutti, poiché costa intorno ai duemila euro. In particolare, il programma mostra una tastiera virtuale, in cui si effettua la scansione iniziale delle righe, poi quando il disabile chiude l’occhio viene selezionata la riga in cui è presente la lettera desiderata; parte così la scansione delle singole lettere e, con un secondo battito d’occhio, si sceglie la lettera da scrivere. In modo analogo, il disabile può anche muovere il cursore del mouse, quindi può non solo scrivere ma anche navigare in internet, inviare mail, sfogliare fotografie e molto altro.
Le sue invenzioni sono straordinarie, non solo perché testimoniano dell’ingegno made in Italy, ma anche perché sfatano il pregiudizio che considera in stato vegetativo, o quasi, una persona che, a causa di un disagio dalla nascita o in seguito a una malattia, non riesce a esprimersi con i propri mezzi. Lo stesso pregiudizio pretende di sapere che cosa pensa, che cosa prova e che cosa vorrebbe dire la persona disabile, anziché cercare di offrirle i supporti perché possa esprimersi veramente…
Questo è un pregiudizio che purtroppo si riscontra spesso nel nostro paese, molto meno in Giappone, dove sono stato invitato a presentare il mio lavoro e dove ho trovato tanta apertura e accoglienza e ho avuto tante interviste sui media.
Tuttavia, anche in Italia l’attenzione c’è stata, se è vero che la discussione della sua tesi di laurea è stata un evento di cui si è interessata la stampa…
Sì, e questo ha comportato che, oltre agli invitati, già numerosi, venissero anche molte persone di cui non avevo notizie da anni: maestri e bidelli delle elementari e medie, professori delle superiori, vecchi compagni persi di vista da tempo. Mi ha fatto un gran piacere, perché credo di avere raggiunto l’importante traguardo della laurea, oltre che per la mia forza di volontà, anche perché ho avuto vicino persone che mi hanno considerato pari agli altri, che hanno saputo valorizzare le mie capacità e mettermi in condizione di lavorare nel modo più autonomo possibile. Crescendo insieme ai miei coetanei, giocando e studiando con loro, penso di aver acquisito una capacità di relazionarmi con la società che mi ha consentito e mi consentirà in futuro di non avere bisogno della continua assistenza di enti o associazioni.
La cosa più importante per un disabile è sentirsi una persona pari alle altre, che può affrontare e superare gli stessi problemi, anche se magari in modo differente e con qualche difficoltà in più. In realtà un disabile è semplicemente una persona diversamente abile, anche se non tutti lo sanno!
Allora, suggeriamo il sito www.aidalabs.com (tel. 389-0596888).